La vita di Giovanni Marcora è segnata da diverse tappe: la lotta resistenziale, l'impegno politico nelle fila della Democrazia cristiana e in Parlamento, il ruolo di amministratore locale, quello di imprenditore nel campo delle costruzioni edilizie e del settore primario. Ma, forse, egli rimane noto soprattutto per essere stato uno dei ministri più "longevi" nella storia politica del Paese, guidando il dicastero dell'Agricoltura fra il 1974 e il 1980, per poi passare a quello dell'Industria nel biennio 1981-1982. Originario di Inveruno, piccolo comune del Milanese, nasce il 28 dicembre 1922. Il padre Giuseppe, macellaio e piccolo allevatore, si era sposato quattro anni prima con Erminia Garavaglia: dal matrimonio nascono quattro figli: Giovanni è il secondogenito. Rimasto orfano di madre in tenera età, frequenta le scuole comunali e l'oratorio. Si diploma Geometra nel 1941. Chiamato alle armi, dopo l'8 settembre 1943, a soli 21 anni, Marcora diventa partigiano e opera - con il nome di battaglia di Albertino, che gli resterà caro per tutta la vita - fra l'Altomilanese e l'Ossola, partecipando alla liberazione di Milano il 25 aprile 1945.
Nel dopoguerra costituisce, con il socio Carlo Vegezzi, l'"Impresa di costruzione Cea"; nel 1956 si sposa con Giovanna De Re e si stabilisce a Milano: dal matrimonio nascono tre figli, Barbara, Luca e Simone. Anni dopo avvierà una attività di allevamento bovino a Bedonia, sull'Appennino parmense.
Nel 1953 è tra i promotori della corrente democristiana della Base, esperienza che lo legherà, fra gli altri, a Enrico Mattei, Ezio Vanoni, Luigi Granelli, Giovanni Galloni, Ciriaco De Mita; ricopre quindi diversi incarichi nella Dc, fra cui quello di segretario provinciale di Milano e di vicesegretario nazionale. Nel 1968 viene eletto per la prima volta senatore nel collegio di Vimercate. Fra il 1970 e il '75 e dal 1980 fino alla morte è sindaco di Inveruno.
La consacrazione politica arriva nel 1974, quando Aldo Moro lo chiama al Governo come ministro dell'Agricoltura; Marcora resta ininterrottamente alla guida dello stesso dicastero fino al 1980 (viene varata in questi anni la "legge Quadrifoglio"), passando poi a quello dell'Industria nel biennio 1981-82. Epiche le sue battaglie a Bruxelles, dove difende gli interessi prima dell'agricoltura poi dell'industria italiana nel consesso europeo. Si spegne a Inveruno, per un male incurabile, il 5 febbraio 1983.
di Gianni Mainini
Giovanni Marcora è stato un grande personaggio della vita politica ed economica nazionale, che ha operato in diversi settori e con molteplici interessi, lasciando un'impronta indelebile come ministro dell'Agricoltura e imprenditore agricolo egli stesso, come partigiano, parlamentare, sindaco.
Diventa anche ministro dell'Industria dall'autunno 1981 per un anno, quando gli viene offerto, durante la crisi del governo Spadolini, l'incarico di Primo ministro, che egli rifiuta conscio delle sue aggravate condizioni di salute. Come parlamentare lascia, tra gli altri risultati, due leggi importanti: la prima, anticipatrice di tutte le altre, sulla obiezione di coscienza; la seconda sulla cooperazione, intesa all'utilizzo delle risorse, oltre che dello stato dei dipendenti, per risanare le aziende in crisi, con la costituzione di cooperative. Appassionato ed esperto di agricoltura, fin dal 1964 acquista un podere a Bedonia, nell'alta Val di Taro (Pr) e lo trasforma in una fattoria modello con allevamento di capi bovini ed equini: è qui che ospita con orgoglio amici e politici, soprattutto delegazioni europee e Commissari CEE. Profondamente legato alla sua gente e al suo paese, è sindaco di Inveruno una prima volta dal 1970 al 1975 e poi dal 1980 fino alla morte, avvenuta nel febbraio 1983. Nonostante tutti gli onori e il prestigio acquisito da ministro, questa era una delle funzioni cui teneva di più. Per ricordarne la figura e l'opera, tra le altre iniziative attuate da molti enti, associazioni e categorie, il CEPAM, in collaborazione col Comune di Inveruno, assegna il Premio Marcora per l'Agricoltura.Segretario provinciale della Democrazia Cristiana milanese dal 1958 al 1968, attua tra mille difficoltà, e nonostante l'ostracismo degli ambienti benpensanti e le riserve espresse dalla Curia milanese, la prima esperienza di centro-sinistra al Comune di Milano (1961), mettendo in collaborazione al governo della città Democristiani e Socialisti, e anticipando in questo modo la soluzione politica nazionale praticata col governo Moro nel 1963. Eletto senatore nel collegio di Vimercate nel 1968, nel 1972 è vicesegretario nazionale della Democrazia Cristiana e nel 1974 diventa ministro dell'Agricoltura, rimanendovi ininterrottamente per 7 governi fino al 1980. In questo ufficio dà dimostrazione di tutte le sue capacità, riuscendo sul fronte interno a dare dignità a un mondo agricolo finora trascurato per la preponderanza delle problematiche industriali su quelle rurali e per la scarsa attenzione della politica ai suoi problemi; riesce ad incrementare il reddito agricolo con iniziative strutturali che verranno sempre ricordate dai "suoi agricoltori", che finalmente si sentono anche valorizzati socialmente. A livello comunitario diventa paladino delle ragioni italiane, finora neglette, ma soprattutto diventa fautore all'interno della CEE e nel pieno rispetto dei regolamenti comunitari, delle ragioni dell'agricoltura nei confronti di altre produzioni. Riesce a scardinare gli impliciti, coriacei, accordi tra le agricolture continentali forti a vantaggio di quelle mediterranee, più deboli sotto il profilo organizzativo e produttivo. Di questo beneficeranno anche i nuovi paesi comunitari che aderiranno al Trattato di Roma a partire dagli anni '80 (in particolare Spagna e Portogallo).
GIOVANNI MARCORA
il 15 dicembre 1972, fu approvata la legge Marcora, con la quale lo Stato riconosceva il diritto all'obiezione di coscienza al servizio militare e istituiva il servizio civile.
Una decisione storica: nella legislazione italiana entra la possibilità di non accettare l’arruolamento nelle Forze Armate in nome del rifiuto delle armi e di sostituire il servizio militare con un servizio civile.
L’approvazione delle legge non incontra il favore di molti.
Infatti, nella legge 772/72 l’obiezione non si configura come un diritto soggettivo bensì come un "beneficio" concesso dallo Stato a determinate condizioni e con determinate conseguenze. Da questa impostazione di fondo deriva: il potere del ministero della Difesa di respingere la domanda di obiezione, dietro parere di una commissione chiamata a indagare la sincerità delle motivazioni addotte dall’obiettore (commissione subito ribattezzata dagli obiettori "tribunale delle coscienze"); la mancanza di tempi certi per l’espletamento delle formalità burocratiche da parte dell’Amministrazione della Difesa; la durata del servizio civile di otto mesi più lunga del servizio militare, con un’evidente carattere punitivo nei confronti degli obiettori; la gestione del servizio civile affidata proprio al ministero della Difesa; una notevole disparità nelle pene previste per i reati contro il servizio di leva se commessi da obiettori di coscienza.
Bisogna attendere cinque anni, perché vedano la luce le norme attuative.
È soprattutto la gestione quotidiana del servizio civile da parte della Difesa (a livello centrale, il Ministero, e a livello periferico, i Distretti militari) che crea una vera e propria "guerra" tra Stato, da un lato, e obiettori ed enti convenzionati, dall’altro: domande respinte, ritardi enormi nell’assegnazione in servizio, precettazioni forzate, ritardi nei pagamenti, ecc. A fare le spese di tutto ciò è lo stesso sistema del servizio civile che, tuttavia, si autorganizza e autoregola grazie all’impegno degli enti e degli obiettori, il cui numero continua inarrestabilmente a crescere.
La stessa Caritas Italiana, l’ente convenzionato col maggior numero di obiettori di coscienza, è costretta per ben due volte, nel 1986 e nel 1996, a proteste plateali forti contro il ministero della Difesa.
Nel 1985 la Corte Costituzionale emise una sentenza storica (n.164/85) che legittimò l'obiezione di
coscienza rispetto al diritto/dovere di difesa della patria sancito dalla Costituzione italiana.
Nel corso dello stesso anno, ci fu un successivo intervento della Corte Costituzionale, la quale dichiarò
che l'obiettore di coscienza non poteva essere "giudicato" da una giurisdizione militare, ma da quella
ordinaria.
Nel 1988 continuarono le richieste di Enti ed obiettori per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza
come diritto soggettivo.
Nel 1989 la Corte Costituzionale emanò un'altra importante sentenza (n.470/89) che dichiarò
incostituzionale il principio secondo il quale gli obiettori di coscienza devono prestare un servizio
sostitutivo civile più lungo di otto mesi rispetto al periodo del servizio militare.
Nel 1991 i rapporti tra Ministero della Difesa - Dir.ne Gen. Levadife ed Enti diventarono sempre più
difficili.
Il 1992 fu un anno altrettanto importante poichè dopo nuerose vicissitudini venne approvata dal
parlamento la riforma della Legge 772/72, ma l'allora Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga,
la rinviò alle Camere con messaggio motivato.
Nel 1995 la riforma della Legge 772 venne approvata dal Senato, ma non dalla Camera dei Deputati.
La riforma, quindi, rimase bloccata e la gestione del Servizio Civile e degli obiettori di coscienza
continuò in modo appossimativo.
Il 1998 fu finalmente l'anno nel quale venne approvata la nuova legge in materia di obiezione di
coscienza. Era l'8 luglio del 1998 e la Legge è la n.230.
La legge n. 49, «Provvedimenti per il credito alla cooperazione e misure urgenti a salvaguardia dei livelli di occupazione», meglio nota come Legge Marcora, istituisce due Fondi da destinare esclusivamente alle società cooperative e loro consorzi, ispirate ai principi di mutualità.
Al titolo 1 (artt. 1-13) la legge istituisce e regola il funzionamento del Fondo di rotazione per la promozione e lo sviluppo della cooperazione denominato Foncooper, alimentato con disponibilità statali e destinato a concedere finanziamenti a tassi agevolati o super agevolati a cooperative e consorzi di tutti i settori produttivi per la copertura dei costi fissi.
Le società cooperative per poter godere dei finanziamenti devono essere ispirate ai principi di mutualità richiamati espressamente e inderogabilmente nei rispettivi statuti.
Inoltre devono essere iscritte nei registri delle Prefetture e nello schedario generale della cooperazione e soggette alla vigilanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale o delle Associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela del Movimento cooperativo, debitamente riconosciute dal citato Ministero.
Per quanto concerne i finanziamenti, questi devono essere finalizzati all'attuazione dei progetti relativi a:
Il 23 nov. 1974 fu nominato ministro dell’Agricoltura e foreste nel IV governo Moro, e restò ininterrottamente alla guida di quel dicastero nei successivi governi fino al 18 ott. 1980 (governo Forlani).
Marcora conosceva da vicino i problemi di competenza del suo ministero per tradizione familiare e per essere egli stesso proprietario di un’azienda agricola, nel Parmense, nella quale si allevavano cavalli e bovini. Durante la sua lunga permanenza al vertice del ministero si ebbe una forte ripresa dell’intervento pubblico a sostegno dell’agricoltura, accompagnato da una radicale opera di riforma e rinnovamento culminata nella legge n. 984 del 27 dic. 1977, nota come legge «Quadrifoglio».
La legge definiva un piano agricolo-alimentare, che, innovando la procedura della politica agricola, affidava alle regioni la responsabilità dell’intervento diretto e lasciava all’amministrazione centrale dello Stato le funzioni di indirizzo e coordinamento.
Nell’esercizio di tali funzioni Marcora si rivelò un abile e combattivo negoziatore nelle trattative che si svolgevano presso la Comunità europea, riuscendo a strappare misure e provvidenze a tutela degli interessi dell’agricoltura italiana. (Fonte:www.treccani.it)
Il 28 giugno 1981 Marcora fu nominato ministro dell’Industria, commercio e artigianato nel primo governo Spadolini e mantenne questo incarico anche nel successivo governo Spadolini fino al 1° dicembre 1982, trovandosi a fronteggiare spinose questioni come la politica energetica e il «dossier» della ristrutturazione della siderurgia.
Potete scaricare qui il documento originale relativo al piano energetico nazionale predisposto dal Ministro dell'industria Giovanni Marcora, approvato dal Parlamento il 22 ottobre 1981 e deliberato dal CIPE il 4 dicembre 1981.
La lotta partigiana fu violenta, aspra, senza esclusione di colpi; ma nella sua logica era espressione di un desiderio di pace, di convivenza libera, di rifiuto della violenza come strumento di confronto. La vittoria della Resistenza doveva essere l'inizio di una storia di democrazia, di tolleranza, di libero confronto, di rispetto dei valori ideali e politici delle diverse componenti della società italiana.
Marcora: il significato della Resistenza
"Quando l'Italia scelse di entrare nella Comunità del carbone e dell'acciaio, non fu un calcolo economico che motivò l'adesione. Fu, al contrario, la convinzione che solo creando una Europa unita si potesse garantire la pace nel mondo, la sopravvivenza della cultura occidentale, e consolidare il regime democratico che l'Italia aveva da poco conquistato". "L'adesione italiana alla CECA prima ed alla CEE dopo è stata, innanzi tutto, una scelta di civiltà"
Marcora: l'Italia e l'integrazione europea
L'improvvisa immatura scomparsa di Giovanni Marcora - afferma Pertini - è una perdita grave per la nostra Repubblica. Formatosi nella lotta antifascista e partigiana, amico fraterno e compagno di tante battaglie, saldo nei principi, di grande capacità politica e tecnica, dirigente aperto e uomo di governo retto, illuminato e deciso, è stato una delle figure più moderne e dinamiche tra i cattolici democratici del nostro tempo. Egli ha reso grandi e indimenticabili servizi al Paese negli alti incarichi di Governo che ha ricoperto.
Pertini: messaggio per la scomparsa di Marcora
Proponendo un nuovo ruolo dell'agricoltura nel contesto economico nazionale gli obiettivi di lungo termine debbono essere tre: il miglioramento dei redditi e delle condizioni di lavoro degli addetti all'agricoltura; il riequilibrio della bilancia agricolo-alimentare; la garanzia di approvvigionamento, a prezzi equi, dei consumatori.
Marcora: per un'agricoltura rinnovata e moderna
DI GIANNI MAININI
Giuseppina Marcora nasce a Inveruno il 23 febbraio del 1920. Dopo gli studi, ancor giovanissima, inizia a lavorare in un mobilificio a Milano. L’aria che si respira in casa è quella della libertà, contraria alla oppressione del regime. Anche perché il fratello Giovanni(Albertino) è uno dei primi giovani della schiera di Don Albeni , coadiutore a Cuggiono, che spinge a scegliere la montagna per opporsi al fascismo. A mezzo del fratello e nell’ambiente resistenziale incontra molti partigiani: Bruno Bossi, Gianangelo Mauri ,Peppino Miriani.,Angelo e Pinetto Spezia . E più avanti, quando nel dicembre 44 viene costituto il Raggruppamento Di Dio, anche il futuro comandante Rino Pachetti.
Anche don Piero Bonfanti ad Inveruno, come già don Giuseppe Albeni, con cui è in contatto, alleva una schiera di resistenti locali, Gianni Morani, Mario Berra, Alfredo Pizzi… Tutti insieme aderiscono alla brigata Gasparotto, comandata di Angelo Spezia. Marcora andrà in montagna all’inizio in Val Grande, su indicazione di Nino Chiovini, valligiano che risiedeva a Cuggiono,e da lì in Val Toce e nell’Ossola. Diventerà vice di Eugenio Cefis(Alberto) e costituirà il Raggruppamento divisioni patrioti Alfredo Di Dio.
Giuseppina assieme ad Antonietta Chiovini (sorella di Nino) diviene subito un suo sostegno, importante legame con la Resistenza al monte. Trasporta informazioni, giornali, dispacci, armi ,viveri: parte da Milano od anche da Inveruno, durante la settimana e più spesso al sabato, , e a Saronno prende le Nord .Arriva a Laveno, traghetta a Baveno, e consegna i preziosi carichi ai partigiani pronti a riceverli allo sbarco. Naturalmente molte sono le volte che viene fermata, molti sono i rischi che corre, nascondendo materiale nei cappotti e nelle borse, e grazie anche alla sua spigliatezza e alla sua avvenenza riesce sempre a portare a termine indenne la sua missione.
Racconta Giuseppina: “Ricordo che nella primavera del 44 dopo aver ritirato dei timbri in casa di Eugenio Cefis incappai a Meina in un posto di blocco fascista davanti all’Hotel Sempione .Mi fecero scendere giù dalla bicicletta e mi chiesero dove fossi diretta con quel pacchetto. Sui due piedi inventai la storia che doveva andare a trovare la nonna malata in Ospedale ad Arona. Mi andò bene perché mi lasciarono passare. Un’altra volta, dopo aver fatto una consegna di una pistola e di un vestito al capitano Marvelli all’Istituto Salesiano di Intra , rimasi a notte inoltrata senza un ricovero e solo grazie alla solidarietà della famiglia di un barcaiolo trovai rifugio fino alla mattina dopo.''
Un altro episodio cruciale avvenne nella primavera, il 7 aprile del 44 “ Albertino era tornato momentaneamente a casa: i fascisti fecero irruzione per catturarlo. Io sbarrai la porta e nei pochi istanti prima del loro ingresso. Albertino riuscì a fuggire dalla finestra e poi nel canale Villoresi asciutto”. Giuseppina è molto fiera degli innumerevoli attestati di riconoscenza ottenuti per la sua attività partigiana. Tra tutti quel Certificato di Patriota rilasciato a nome delle Nazioni Unite dal Maresciallo Alexander comandante supremo alleato delle forze nel mediterraneo centrale. O quello del CLN Corpo Volontari Libertà firmato da Giorgio Migliari Aminta del SIMNI (Servizio Informazioni Militari Nord Italia), o quello del’OSS (Office Strategic Service) del Governo degli Stati Uniti per la collaborazione data alla vittoria alleata (riferendosi al supporto alla missione Chrysler), e naturalmente quello della Presidenza del Consiglio dei Ministri per il riconoscimento della qualifica di Partigiano,come appartenete al Raggruppamento di Dio. Ed ancora dell’Esercito Italiano che la riconosce come “partigiana combattente”.
Apprezzamenti sono stati espressi anche dal Presidente della Repubblica Azeglio Ciampi in un messaggio del 2003 che recita :” Desidero esprimerle il mio apprezzamento per il suo coraggioso contributo alla lotta di Liberazione. La memoria degli eventi di cui la nostra generazione è stata testimone alimenta la conoscenza e la coscienza dei giovani. Il suo impegno per la libertà e la democrazia costituiscono un esempio per una autentica educazione civile. Unendomi a Lei nel ricordo di suo fratello Giovanni le invio i miei più cari saluti che la prego di estendere anche ai suoi figli”.
Nel ventennale della Liberazione, celebrato a Inveruno in autunno del 1995, in occasione della X edizione del Premio Marcora, il Centro Studi Marcora ha conferito alla signora Giuseppina Marcora un riconoscimento, anche in rappresentanza dell’associazione partigiani locale, aderente alla FIVL Raggruppamento Flli Di Dio di Busto Arsizio, con questo volendo “rendere un contributo o alla sua stimatissima persona che ha avuto un compito di collegamento e coordinamento, di staffetta tra il piano e il monte. Questa preziosa funzione di tessitura ha permesso a chi era al monte di continuare i contatti e ricevere rifornimenti, in una parola ha permesso alla Resistenza di funzionare”.
Infine , numerosi gli attestai della FIVL Federazione Italiana Volontari della Libertà e del Raggruppamento Di Dio ,e da ultimo la medaglia d’onore conferita in occasione delle celebrazioni del 70°della Liberazione, nel 2015.
Giuseppina ancor oggi ammonisce:” Ci siamo impegnati e abbiamo rischiato molto perché l’Italia fosse un Paese libero. Le giovani generazioni ricordino!”
Oltre quindici anni dopo la scomparsa di Giovanni Marcora, risulta ancora tutt'altro che agevole il lavoro di ricostruzione storica dell'interessante figura e dell'opera del politico lombardo. La bibliografia disponibile, in qualche caso puntuale e curata, non copre l'intero arco della sua vita e non affronta tutte le esperienze ascrivibili alla biografia marcoriana. Occorre poi ricordare che gli scritti di Marcora non sono numerosi: la sua firma appare con una certa frequenza nella seconda metà degli anni Cinquanta e nella prima metà del decennio successivo su "Il Popolo Lombardo", il settimanale della Democrazia Cristiana milanese, e sulle riviste della corrente di Base. A lui si devono, inoltre, poche pubblicazioni riguardanti la politica agricola nazionale o interventi a carattere politico-economico negli anni Settanta e Ottanta. Bisogna d'altro canto aggiungere che, al momento, non è disponibile l'archivio privato del senatore e ministro. Ciò premesso, lo studio della figura di Giovanni Marcora deve essere collocato nel vasto quadro delle vicende dell'Italia fascista e repubblicana, con particolare riferimento alla Resistenza, alla ricostruzione post-bellica, alla storia della Democrazia Cristiana fra gli anni Cinquanta e Ottanta.
La vita di Marcora
Marcora e la lotta partigiana: