CONVEGNO DI COMMEMORAZIONE DEL 20° ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI LUIGI GRANELLI

PROGRAMMA
Nel 20° anniversario della morte di Luigi Granelli il Centro Studi Marcora organizza un convegno
di commemorazione che ne renda viva la testimonianza riproponendo l’attualità dei suoi valori.
I cattolici democratici oggi nell’eredità di Luigi Granelli
Milano Sabato 30 novembre 2019 ore 10,00
Comune di Milano , Palazzo Marino - Sala dell’Orologio
Ore 10,00 Saluti dell’Amministrazione Comunale di Milano
Introduzione : Gianni Mainini
Ore 10,15 Chiara Mattesini : Granelli da consigliere comunale all’impegno politico nazionale
Ore 10 ,30 Anna Scavuzzo vicesindaco di Milano : i giovani cattolici democratici nelle Istituzioni
Ore 11, 00 Filippo Coppola ,neolaureato con una tesi su “ La corrente di Base nel Milanese”
Luigi Granelli :la voce
Ore 11,30 Proiezione filmato:” L’ultimo discorso “ a cura di Francesco e Giacomo Gatti
Ore 12, 00 Pierluigi Castagnetti : il cattolicesimo democratico nella prospettiva odierna come eredità
sempre attuale di Granelli
Ore 12,30 Virginio Rognoni : Granelli ,i cattolici democratici tra passato e futuro

CRONACA DEL CONVEGNO DEL 30.11.2019

La bellissima e accogliente sala dell’orologio al primo piano di Palazzo Marino comincia a riempirsi di gente ben prima dell’inizio della cerimonia.
Alle 10,15 quando inizia il convegno per la celebrazione del 20° anniversario della morte di luigi Granelli il locale è stracolmo : 55 persone a sedere ,almeno il doppio in piedi.
Palazzo Marino è stato scelto perché Granelli esordisce come consigliere comunale e capogruppo DC dal 1965 al 1969 e quindi il luogo del suo primo esordio come rappresentante in consessi istituzionali.
Sono presenti tra gli altri
Roberto Mazzotta, Bruno Tabacci ,Piero Bassetti, Gilberto Bonalumi , Patrizia Toia ,Mariapia Garavaglia, Giuseppe Torchio ,Enrico Farinone, Emanuela Bajo, Nadir Tedeschi ,Arturo Bodini, Cesare Grampa, Alberto Fossati, Alberto Marini , Colombo Ambrogio, Mario Bassani ,Tiziano Garbo, Vittorio Arrigoni, Sandro Cantù , Vincenzo Ortolina, Mario Villa , Gianni Dincao ,Michele Pellegrino, Antonio Ballarin, Fausto Benzi, Franco Franzoni, ,Mario Mauri, Sergio Cazzaniga, Francesco Rivolta , Luciano Corradini , Alberto Varisco, Nerina Agazzi , Gianni Locatelli ,Remo Scherini, Luca,Barbara e Simone Marcora ,Giorgio Ferrario ,Paolo Rossetti, Lino Pogliaghi, Ernesto Cattaneo, Paolo Razzano , Vinicio Peluffo ,Giampiero Lecchi ,Alberto Mattioli, Giovanni Bottari , Cesare Grampa ,Adriana, Andrea e Rita Granelli ,Luisa e Alessandro Calcaterra ,Bandino Calcaterra, Carlo Calcaterra ,Francesco e Giacomo Gatti, Renato Ferrario, Fausto Binaghi ,Benito e Giuseppe Stinà, Fabrizio Carrera, Enzo Balboni ,Romy Gambirasio, Sara Bettinelli.

Relatori: Mainini ,Mattesini ,Scavuzzo, Castagnetti, Rognoni ( e Bassetti).

Gianni Mainini introduce il tema dell’incontro, spiegando il motivo della scelta del tema relativa alla presenza dei cattolici popolari nella società come eredità dell’insegnamento messaggio e della storia politica di Granelli.

In apertura legge il testo di un messaggio dell’arcivescovo di Milano mons. Mario Delpini che afferma che il dovere della memoria è anche un esercizio di politica: “sono valori validi e necessari ancora oggi l’onestà, la lucidità, il garbo ,la passione e la concentrazione con cui Luigi visse la sua testimonianza politica”
Chiara Mattesini ha ripercorso le tappe dell’impegno di Granelli in consiglio comunale ,essendo studiosa e cultrice della storia della Base e avendo anche pubblicato un fascicolo su Granelli in comune a Milano.
La vicesindaco Anna Scavuzzo, partendo dalla sua esperienza nel mondo dello scoutismo e del volontariato , ha voluto rimarcare l’importanza di motivare i giovani all’impegno politico.
Ha riferito sul ruolo di Granelli, definito plasticamente “la voce” e il suo ruolo all’interno della Base , Filippo Coppola, neolaureato con una tesi “La corrente di Base nel Milanese”.
Quindi la proiezione del filmato “l’ultimo discorso” a cura di Francesco e Giacomo Gatti, che ripercorre l’intervento di Luigi al congresso di Rimini del settembre 1999 ,quando si dimise dal Partito Popolare, inframmezzato con interventi e considerazioni di Chiarante ,De Rosa, Calcaterra, Capuani, Rognoni .
Pierluigi Castagnetti, eletto segretario del PPI nello stesso congresso, ha sottolineato con grande pathos l’eredità di Granelli in una politica che ha smarrito il senso del servizio, dell’impegno, dello studio e della coerenza di testimonianza e di vita.
Virginio Rognoni ha delineato quali potranno essere gli impegni futuri ,se non vogliono essere solo testimonianza, dei cattolici in politica prendendo ad esempio il percorso di Granelli sia nel partito, nella Base e nelle Istituzioni.
Piero Bassetti in chiusura ha fatto presente che Luigi ha avuto il coraggio di essere spesso controcorrente, isolato ,quasi un perdente agli occhi della maggioranza del partito per portare avanti le proprie idee .

TESTIMONIANZE

BASSANI

L’eredità del pensiero e dell’azione di Luigi Granelli Luigi Granelli ha assunto la coerenza a modello di vita. Al tempo della fuoriuscita dalla D.C. di Mario Melloni e di alcuni altri, come molti anni dopo con le segreterie Martinazzoli e Buttiglione che l’hanno condotta allo scioglimento, rimase sempre fedele alla sua casa politica per combattere al suo interno la battaglia delle idee. Idee che venivano dal mondo delle ACLI nelle quali si era formato e ove era vivo il fermento che prefigurava il tempo del coinvolgimento del mondo operaio e delle sue rappresentanze nelle scelte politiche del Paese. Da qui la sua azione, accompagnata dalla elaborazione culturale di Stato Democratico e poi del Domani d’Italia, dapprima nel consiglio comunale di Milano, e poi a livello parlamentare e nelle sedi di partito, per il superamento di uno schema che rischiava di portare il Paese a un immobilismo conservatore. Ma la battaglia che più l’ha impegnato è stata per una visione laica della politica quale era vissuta in quella parte del mondo cattolico che era più attenta al divenire dei tempi, al punto da sollevare preoccupazioni nell’allora Arcivescovo di Milano, il Cardinale Montini. La sua visione della presenza dei cattolici nella vita politica si ispirava nella concezione degasperiana sul primato delle scelte di governo nel momento storico contingente, rispetto a posizioni e ideologie intransigenti. Per questo Granelli non aderirà a Cronache Sociali di Dossetti pur traendo motivi di riflessione che quel movimento ispirava. Se Granelli fosse ancora tra noi, come vivrebbe questi momenti in cui il modo cattolico appare disorientato? Non solo è venuto meno un partito di riferimento, ma neppure chi vorrebbe svolgere impegnarsi in politica troverebbe un momento di aggregazione negli attuali partiti e movimenti che ne giustifichino l’adesione. Come nel primo dopoguerra al tempo della nascita del Partito Popolare quando, rimosso il Non expedit e superata la timida apertura del Patto Gentiloni, non si trattava di fondare un partito di cattolici, ma di creare una forza fra tutti coloro che credono nei valori ai quali deve ispirarsi l’azione politica per il perseguimento degli obiettivi che devono essere raggiunti nell’interesse del Paese. Ed è necessario, come ci insegnava Luigi Granelli, che la dialettica propria della democrazia sia diretta alla ricerca dei più idonei strumenti di governo, e ispirata al principio del idem sentire de republica. Principi ai quali si richiamava per la costruzione, realizzata prima da De Gasperi e poi da Aldo Moro, di un cattolicesimo democratico, aperto al dibattito e alla collaborazione con altre forze politiche, e al confronto con esse nella ricerca e attuazione di obiettivi di governo volti alla crescita civile, morale e economica del Paese.

Impegno che oggi non sarebbe agevole assumere, se si considerano i mutamenti introdotti dagli strumenti di comunicazione e aggregazione, che un tempo trovavano invece espressione nei dibattiti e nelle assise di partito, nei consigli comunali e provinciali, nelle aule del Parlamento, nelle formazioni sociali, e ora invece nella messaggistica e nei social, che altro non sono che manifestazione di solitudine nel compiacimento di fare affermazioni senza contraddittorio. Da qui la parcellizzazione della vita sociale, senza quelle forme di partecipazione che sono alle origini della democrazia quale forma di governo della polis. Come Luigi Sturzo chiamava all’appello gli uomini liberi e forti, Luigi Granelli sarebbe ancora con noi per ricreare le condizioni per la ripresa di una vita politica volta al benessere del Paese, e non di gruppi e fazioni, secondo i principi etici che derivano dalla cultura e dalla tradizione cristiana, condivisi anche da altri pur in una visione laica. E anche ne indicherebbe gli strumenti. Di questi tempi vengono invece invocati gli istituti della democrazia diretta, o partecipata come si usa dire. Strumenti come il referendum che la nostra Costituzione prevede, sia pure con paletti ben solidi, ma che non sembra abbiano dato soluzioni adeguate (Brexit), o indicazioni diverse da quelle che i promotori intendevano venissero impresse (riforma costituzionale proposta nel 2016 e bocciata con il referendum). Granelli riprenderebbe allora l’invito di Luigi Sturzo a farci attivi nella vita politica attraverso una organizzazione di partito, che la nostra Costituzione all’articolo 49 individua come strumento essenziale di partecipazione. Vi è infatti scritto che tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. Giova ricordare che Aristotele nella Costituzione degli Ateniesi scriveva che la politica è la scienza che richiede per il suo esercizio preparazione e attitudine in grado di individuare i problemi e scegliere i mezzi e gli strumenti per risolverli e soddisfare i bisogni dei cittadini e, aggiungiamo noi, in un quadro di risorse disponibili e, soprattutto, capacità di governo. E’ un monito diretto a coloro che, ottenuto consenso elettorale, promuovono l’azione di governo per il soddisfacimento degli interessi dei loro elettori anche se in contrasto con gli interessi generali proprio perché non vi è più una cultura di governo per il bene comune. Questo Luigi Granelli insegnerebbe ancora a noi, che siamo stati suoi allievi e amici, e a coloro che sarebbero ansiosi di far parte della sua scuola di pensiero e di azione politica.
Mario Bassani
(03.10.2019)

23 novembre 2019 - Contributo per la commemorazione del 20° anniversario della morte di Luigi Granelli
di Piero Bassetti
Quando ho letto la lettera di Mainini, nella quale mi diceva “…sarebbe piacevole poter disporre della testimonianza degli amici che hanno incontrato Luigi durante la loro attività…”, mi sono chiesto: Mainini pensa a una breve testimonianza politica o a qualcosa di più profondo, di più vero; fatto di cuore e non solo di pseudo ragionamenti come ormai la politica sulla sua profonda crisi, si limita a richiedere? Nell’incertezza, l’alternativa ho pensato di scioglierla io! Sull’onda, certo, di un sentimento, ma anche di una sicurezza: se potessi rincontrare il Luigi non comincerei certo sfrugugliando fra rimpianti e nostalgie di tempi politici purtroppo non più revocabili. Mi concentrerei invece – e sono sicuro con molta più soddisfazione - sul calore della sua irripetibile personalità fatta di simpatia, generosità, dedizione, spirito di servizio, senso dei valori. Tutta roba messa invece in non cale dalla politica di oggi.
Perché era questo il suo lato veramente irripetibile: il suo idealismo! Un idealismo vero e tanto più vero quanto più sofferto, se esposto alla durezza dello scontro politicante.
A lui piaceva la politica! Quella vera e non la modestia della mera mediazione. Questo è sempre stato per me Luigi: un donatore di idee, di valori, di giudizi. Certo anche di rimproveri e di rimpianti, ma sempre con quella grande passione e dedizione che ne faceva una persona unica. Unica come quella preponderante nella parte della Base di cui era lui l’espressione più coerente.
E’ questa, secondo me, l’idea che a distanza di anni si conferma come il senso vero della sua biografia e della sua presenza: proprio per la sua diversità da quella, più compromessa col potere, che pure insieme inseguivamo.
Certo per chi come me era arrivato un po’ dopo il periodo politico da lui animato, era irrinunciabile il tributo alla marcoriana esigenza di rapportarsi alla logica dei poteri istituzionali che insieme andavamo conquistando. Ma anche in questo la fonte di pensiero critico, e fino, alla quale era indispensabile ricaricarsi era sempre lui. Da quando non c’è stato più lui, quanto, purtroppo, è mancato al nostro fare politica! Che bello se questa occasione di ricordo corale riuscisse a farci ritrovare insieme, anche per una sola mattina, nella convinzione che il clima di vera amicizia di allora ha ancora intatto il suo senso.

BODINI

Luigi Granelli e i Popolari Intransigenti
Nel 1989 decisi ai avvicinarmi alla politica.
Da dodici anni ero preside delle scuole Cardinal Ferrari, l’arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini aveva sollecitato i laici a impegnarsi in politica seguendo l’insegnamento di Paolo VI che aveva a suo tempo affermato che la politica era una delle più alte forme di carità. In quel momento il mondo della politica annaspava non riuscendo più a predisporre un percorso consistente per il popolo Italiano. Mario Segni aveva da poco iniziato la sua battaglia per un rinnovamento etico e culturale.
In quell’anno correvano le elezioni per il comune di Milano. Chiesi di essere candidato come indipendente per le liste della Democrazia Cristiana e ne ebbi una risposta negativa. Mio fratello Floriano, che aveva goduto della benevolenza del papa Paolo VI , scrisse ad Andreotti lamentandosi dell’esclusione. Dopo pochi giorni ebbi una telefonata da Remo Scherini che mi chiedeva un atto per partecipare alla competizione elettorale. Ebbi così l’occasione di accedere per la prima volta alla sede di via Nirone. Allora il mondo politico e il suo divenire quotidiano erano per me del tutto sconosciuti. Il risultato elettorale fu un insuccesso, ma poi venni chiamato a svolgere il compito quale responsabile della cultura per la DC milanese, il cui segretario era allora Gaetano Morazzoni. In realtà era un incarico meramente formale. La materia non interessava gran che agli attori della politica milanese. Più interessante fu per me la partecipazione agli incontri di approfondimento che l’ onorevole Sangalli, della corrente andreottiana, organizzava in Milano. Con questi incontri ho potuto comprendere le modalità del divenire della politica locale.
In quel tempo accadde un fatto imprevisto e imprevedibili nelle sue conseguenze. Agli inizi del 1991 venne arrestato in flagranza di reato Mario Chiesa. Questo fu l’avvio di quel fenomeno, noto come tangentopoli, che avrebbe disgregato il mondo politico che aveva governato l’Italia per oltre quarant’anni. Mi resi conto che l’azione politica elaborata dal gruppo di Sangalli, era inadeguata per ad affrontare il disfacimento di tutta una classe politica. Chiesi a Remo Scherini di poter incontrare Luigi Granelli, che in quel tempo, pur vice presidente del Senato, con estrema umiltà svolgeva il compito di commissario per la DC di Monza . Un sabato mattina incontrai Granelli. Fu un colloquio di notevole intensità e compresi che il suo essere in politica soddisfaceva pienamente gli intenti con cui mi ero avvicinato a questo mondo. Dopo alcuni mesi mi disse: “Il tal giorno vieni dal notaio Fossati che dobbiamo prepararci per far fronte ad un futuro denso di incognite”. Fui puntuale all’appuntamento . Entrato nello studio notarile vidi parecchie persone, a me quasi tutte sconosciute. Granelli mi disse “Aspetta questa non è la tua riunione”. Aspettai e nel frattempo fui informato che questo primo incontro, con tanti e autorevoli partecipanti, avevo lo scopo di chiudere in modo ufficiale l’esperienza della corrente di base e per far si che nessuno potesse utilizzare in seguito questo nome prestigioso. Granelli voleva evitare quanto era avvenuto con il nome della Democrazia Cristiana e i pasticci conseguenti. Poco dopo, ci ritrovammo in sette con Luigi, oltre il notaio Fossati, e sottoscrivemmo lo statuto dell’”Associazione Popolari Intransigenti”.
Questo atto, pensato ed elaborato da Luigi Granelli, fu uno delle poche proposte significative, da un punto di vista logico consequenziale, espresso in questo drammatico periodo di transizione. Basterebbe ricordare il fax con cui Mino Martinazzoli liquidò la sua gestione nel Partito Popolare, per comprendere sia la forza e la tenacia che animavano Luigi e quanto la sua intelligenza politica lo aveva portato a vedere lontano.
Arturo Bodini

BORGHETTI

IL MIO RICORDO DI LUIGI GRANELLI
di Carlo Borghetti
Quando nel 1994, a 26 anni appena compiuti, senza nessuna esperienza politica precedente, vengo eletto consigliere comunale della mia città, Rho, sono il solo eletto nella lista del PPI, il Partito Popolare Italiano appena rinato dalle ceneri della DC, la cui sezione rhodense avevo poco più che conosciuto negli anni precedenti, e di cui alcuni esponenti mi avevano chiesto di candidarmi, avendomi “pescato” nel mio oratorio parrocchiale.
Arrivo in un mondo politico totalmente “rivoluzionato” da Tangentopoli, e ci arrivo portando con me più che una precisa idea politica un carico ideale che traeva le sue radici dall’ideale sociale cattolico, dall’Azione Cattolica, dagli echi a me noti di grandi punti di riferimento come Dossetti, La Pira e Moro, ma soprattutto da Giuseppe Lazzati con la sua “Città dell’Uomo”...
È in questo contesto, che possiamo identificare con il “cattolicesimo democratico”, che nel partito trovo subito la più grande consonanza con gli esponenti della ex corrente della Base democristiana, che pur scomparsa la DC, e pur passati oltre quarant’anni dalla sua costituzione, rappresentava ancora un preciso filone di pensiero e di persone ben identificato e identificabile anche in quel 1994. Ed è in questo contesto che, oltre ad avervi trovato nel PPI locale e di zona validi punti di riferimento, sono attirato dalla figura di Luigi Granelli, che mi viene raccontato con (giusta) enfasi come uno dei più importanti e significativi leader nazionali cui guardare e da ascoltare, e arriva il giorno in cui posso conoscerlo di persona: Luigi Granelli, invitato a Rho da Roberto Pravettoni, tiene una serata nell’Auditorium comunale di via Filippo Meda, sui temi dell’attualità politica.
Non ricordo la data precisa di quell’incontro nei primi anni della mia attività da consigliere comunale, ma ricordo bene la bella e profonda impressione che Granelli mi fece, per tanti motivi: per l’umiltà con cui si era presentato e si atteggiava pur essendo stato accolto come si conviene a un big della politica nazionale, già più volte Ministro; per il fascino dell’esposizione, che non solo convinceva per la coerenza e la competenza, ma che risultava molto chiara e comprensibile, appassionata e mai noiosa; per l’onestà intellettuale e l’intransigenza che il ragionamento mostrava, in un tempo in cui la cosiddetta “nuova politica” post Tangentopoli con la retorica della “discesa in campo” e del “partito azienda” già assumeva i tratti del marketing commerciale (oggi imperante)... traspariva poi un senso concreto per le cose, non fumoso o general generico, che era uno dei tratti dei “basisti” che avevo conosciuto che più mi convinceva, già allora preoccupato, quanto più lo sono oggi, di praticare e vedere praticata una politica orientata ai risultati più che alle promesse e alle dichiarazioni...
Fu una serata che mi colpì e soddisfò molto, anche se ebbi l’occasione di scambiare solo non più di due parole con Granelli.
Quando tempo dopo ci lasciò, ebbi l’onore di farne la commemorazione nella prima seduta possibile del Consiglio comunale di Rho, raccogliendo la stima e l’apprezzamento unanime per la statura umana e politica di Luigi Granelli da parte di tutte le forze politiche allora rappresentate nell’Aula. Credo che del suo pensiero politico, della sua azione, e dell’area politica che aveva rappresentato, più di tutto vada oggi tenuto vivo, come preziosa eredità, un principio tanto semplice quanto fondamentale, che sembra banale ripetersi, ma che abbiamo un gran bisogno di ridirci tutti i giorni e soprattutto di praticare come Granelli fece: la politica si fa innanzitutto per i più deboli.
E del suo ultimo intervento, quello al Congresso PPI di Rimini del 2 ottobre 1999, quello del suo congedo “critico” dal partito, ricordo qui due passaggi assai utili per la nostra attualità politica, che riporto con le sue esatte parole:
“Non è con le riorganizzazioni che si rilancia un partito, ma con le idee, con le riviste, con i centri studi”... E ancora:
“Non siamo per i partiti unici, il Governo è una coalizione di diversi che devono rispettarsi prima di poter procedere in una comune azione”.
Dunque due insegnamenti: la politica sia competente, e la politica sia rispettosa. Competenza e rispetto. Grazie ancora, Luigi.
Carlo Borghetti
Vice Presidente del Consiglio regionale della Lombardia
Milano, dicembre 2019

CANTU'

Luigi Granelli: studio, cultura, politica, concretezza.

Il nome di Luigi Granelli richiama alla memoria innanzitutto il legame di una lunga e profonda amicizia collegata alla comune militanza politica.
Dalla moltitudine di ricordi che affollano la mente vorrei citare il periodo delle elezioni politiche del 1968.
La D.C. del vimercatese, allora egemonizzata dalla Base, puntò sui due leader della corrente: Marcora e Granelli.
Chiese ed ottenne la candidatura di Marcora per il seggio (sicuro) del Senato e decise di tenere fisso, nella terna di preferenze, in nome di Luigi Granelli.
Si tenga presente che la zona aveva una notevole potenzialità di esprimere preferenze grazie alla fitta rete di militanti e al radicato insediamento territoriale.
Marcora chiese di inserire nella terna anche il nome di un validissimo (ancorché sconosciuto) professore di Pavia. Si trattava di Virginio Rognoni. Dicemmo a Granelli che questo poteva danneggiare la sua candidatura.
Granelli fu drastico: ascoltate Albertino, tanto io ce la faccio.
Fu così che Marcora divenne il nostro senatore per tre legislature e per altrettante legislature Granelli fu il più votato del vimercatese.
Alla morte di Marcora fu automatico che il suo seggio senatoriale passasse a Granelli che, infatti, fu qui eletto per altre tre legislature fino a quando decise di non ricandidarsi. Risulta quindi evidente lo stretto collegamento tra Granelli e il vimercatese che non si esauriva nel momento topico delle elezioni, ma che continuava costantemente e puntualmente nel tempo e nello spazio.
Fu così che intere generazioni di militanti D.C. parteciparono a dibattiti politici, a confronti congressuali e a convegni di studio ai quali non mancava mai la presenza e il contributo di Granelli. Tra i tanti ebbe una notevole rilevanza un convegno sulla politica estera di Moro di cui era stato sottosegretario proprio agli esteri. La politica estera era un suo pallino. Non si stancava di ripetere che troppo spesso veniva sottovalutato il ruolo e l‘importanza della politica estera soprattutto per avere la capacità di vedere lontano, per saper affrontare i problemi della globalizzazione e dei prevedibili mutamenti epocali dei rapporti tra gli stati.
Come ricordato sull’opuscolo dell’Istituto Luigi Sturzo distribuito al recente convegno di Milano, fu Granelli ad organizzare la prima conferenza nazionale sull' emigrazione italiana. Questo con l'intento di sostenere gli emigrati all'estero con politiche sociali e culturali che li aiutassero a inserirsi nei nuovi Paesi e a mantenere un legame con la madre patria. Mi sembra doveroso ribadire e sottolineare l’importanza di quell’evento che testimonia la lungimiranza e la visione profetica della storia di Luigi.
Ma la presenza sul territorio di Luigi si sentiva anche nella realtà sociale ed economica della zona. Su tutte vorrei segnalare il ruolo decisivo nel favorire la nascita, lo sviluppo e la crescita delle realtà produttive che facevano del vimercatese la “Silicon Valley Italiana”. Tre erano le più importanti aziende che operavano sul territorio e che occupavano oltre 10.000 addetti: IBM, TELETTRA, SGS.
Tra queste l’anello debole era la SGS che, operando nel campo della microelettronica di base, non sempre riusciva a competere con i colossi internazionali, stante la sua dimensione troppo piccola. Granelli come ministro della ricerca scientifica e tecnologica era però ben cosciente che un paese come l’Italia non poteva essere assente da un settore decisamente strategico e con enormi possibilità di sviluppo.
Quindi organizzò il primo programma nazionale di ricerca sulla microelettronica coinvolgendo le Università, gli Istituti di ricerca e le aziende del settore. Contribuì alla internazionalizzazione della SGS (diventata nel frattempo STMicroelectronics) e diede avvio alle attività di ricerca nel campo della submicrometrica. La lungimiranza di Granelli trova conferma nella situazione attuale. Paradossalmente le aziende allora forti, IBM e Telettra, non ci sono più, mentre la STMicroelectronics è diventata una azienda competitrice a livello mondiale; sta facendo proprio in questi giorni ingenti investimenti; ha tenuto ad Agrate la ricerca e le produzioni ad alta specializzazione e ha incrementato i livelli occupazionali.
Ecco perché possiamo affermare che Luigi Granelli fu un ottimo ministro della Ricerca scientifica e tecnologica.
Infine non posso non citare il suo ultimo discorso all’assemblea del PPI di Rimini quando annunciò di “considerare irrevocabilmente conclusa la mia militanza nel PPI”. Un intervento articolato, duro, sofferto e, come sempre, appassionato; un intervento temuto ma non inatteso; un intervento provocatorio che ha creato sconcerto, ma che poneva temi ineludibili e richiamava tutti, anche se stesso, alle proprie responsabilità.
Tra le motivazioni che hanno indotto Luigi a lasciare il PPI (ma non l’area culturale e politica dei cattolici democratici) mi ha colpito la frase: “Manca al PPI una rivista di pensiero, non ci sono centri studi, la formazione dei quadri non è più un obiettivo”.
Ci sono parole e concetti che ricorrono in modo martellante “dibattito interno”; “strumenti di studio”;” elaborare proposte”; “partecipazione e formazione di una classe dirigente”; “ragioni ideali dell’impegno politico”; “spazio alla ricerca e allo studio”.
Insomma, prima ancora dei programmi e delle cose da fare, Granelli poneva come base dell’azione politica la necessità di una visione della società; invitava allo studio e alla analisi della realtà; indicava con forza l’indispensabilità di una formazione culturale che richiede, impegno, dedizione, sacrificio: in sintesi la classe politica deve essere preparata, non può essere improvvisata, non deve mai smettere di imparare.
Ecco perché sono indispensabili i partiti organizzati che devono saper aggregare persone e idee omogenee e che sappiano creare, appunto una, classe dirigente preparata e capace di guidare la vita del paese. Viene quindi spontaneo fare riferimento all’operaio della Italsider di Lovere che studia da autodidatta; che dedica la sua vita alla cultura, alla ricerca storica, alla conoscenza dei movimenti politici e che, su queste basi, decide una precisa scelta di campo che lo guiderà per tutta la vita. Allo stesso modo penso ai tanti giovani della mia generazione che hanno partecipato per diversi anni, durante le vacanze scolastiche, ai corsi di formazione politica e amministrativa (organizzati dalla D.C. milanese a Porlezza) con relatori del calibro di Elia, Galloni, Menapace, Bassetti, De Mita, Romano (solo per indicarne alcuni) e, tra loro, anche Luigi Granelli.
Viceversa diventa sconcertante e drammatico osservare la situazione di buona parte della classe politica attuale, improvvisata, impreparata, espressa da partiti e movimenti che nascono, si trasformano e muoiono in modo vorticoso e che sono privi di precisi riferimenti valoriali e di solide basi culturali.
Ma bisogna avere fiducia nel futuro. Per ragioni anagrafiche possiamo dire che non tocca più a noi, a quelli della nostra generazione. Anzi, io penso che sia più pregnante l’espressione inglese “it isn't up to us”: Non è più su di noi, non pesa sulle nostre spalle.
Ma il messaggio che dobbiamo trasmettere ai nostri figli e nipoti è che il futuro si crea con la conoscenza della storia, con lo studio, con l’impegno, anche politico, in una visione solidale della società.
La cultura e la politica cattolico democratico ha espresso in tal senso uomini di grandissimo valore: tra tanti altri, Sturzo, De Gasperi, Moro, Fanfani.
Oltre a questi, dobbiamo proporre di conoscere anche la testimonianza, le idee e le azioni di due lombardi che hanno contribuito a fare la storia della Lombardia, dell’Italia e dell’Europa: il partigiano Albertino Marcora e l’operaio di Lovere Luigi Granelli.
Sandro Cantu’

CAPUTO

GRANELLI
Ricordare oggi Luigi Granelli a 20 anni dalla morte significa non solo ricordare quello che è stato ma anche quello che ha rappresentato. Ho avuto modo di conoscere Luigi Granelli grazie ad una straordinaria persona che mi ha onorato della sua amicizia ed a cui voglio bene: Adriana, sua moglie.
E’ stato, infatti, durante il periodo trascorso a raccogliere e riordinare i documenti, gli appunti e gli scritti che letteralmente inondavano la loro casa e che poi sarebbero andati a costituire il Fondo Granelli presso l’Istituto Sturzo che ho potuto conoscere la vita, l’esperienza e la grande carica ideale di un vero politico. Dalle parole di Adriana e dalla lettura dei suoi scritti ho percepito il grande amore di un cattolico vero verso le istituzioni e verso le persone. Il Senatore Granelli credeva nella democrazia e nei giovani, credeva nella cultura e nell’individuo. Ricordarlo oggi significa non solo rievocare la sua lunga permanenza nelle istituzioni ma anche riscoprire la sua esperienza di giovane operaio impegnato ed appassionato, di relatore fine e coinvolgente, di dirigente di partito rigoroso e coerente e di studioso curioso e prolifico. In molti lo ricordano per il suo ultimo discorso di Rimini, io vorrei ricordarlo per il suo lavoro di consigliere comunale a Milano, con un occhio sempre attento alla cultura, per il suo ricco contributo alla vita di numerose riviste, su tutte “Stato Democratico”, che ha diretto in anni difficili, per la dignità con cui ha saputo combattere la sua battaglia nel 1958 cercando sempre il dialogo con la gerarchia cattolica ambrosiana, per i sui interventi ai Convegni Cadenabbia del ‘65, così fondamentali per la nascita del Centrosinistra, e di Lucca del ‘67, così coraggioso nello stimolare un dibattito “sui nuovi orizzonti di azione nel mondo moderno” dei Cattolici alla luce del Concilio Vaticano II. E vorrei ricordarlo per la sua sensibile vicinanza al mondo dei migranti, in tempi certo diversi ma così attuale. Luigi Granelli per molti versi è stato un intellettuale. Pur avendolo ascoltato poche volte ed incontrato ancora meno mi ha sempre colpito, e molto, la sua capacità di approfondire gli aspetti prospettici dei temi che affrontava, sempre con un occhio rivolto al futuro, con una intrinseca voglia di sollecitare il dubbio costruttivo, la sua convinzione cosciente della necessità che si dovesse sempre offrire una alternativa progettuale, una scelta, il tutto sempre ispirato da una costante voglia di ricercare ciò che è giusto.
Mi ha sempre colpito come, durante la sua esperienza di Ministro per la Ricerca scientifica sia stato capace, al tempo stesso, di rappresentare un esempio di politico cattolico ma anche moderno, fiducioso nel futuro e nel ruolo positivo di una scienza capace di parlare con la fede. Credeva anche nello Stato, da ministro delle Partecipazioni Statali ha difeso il ruolo pubblico nell’economia, vedendolo come volano indipendente di sviluppo e di emancipazione per il Paese, promotore di ricerca ed innovazione, anche in campo energetico, e non strumento di potere per se o per la politica. Ha creduto nella Costituzione ma ancor di più negli ideali che l’hanno ispirata, per questa ha lottato per difendere la prima e tenere vivi i secondi, evidenziando, in tempi non sospetti, la crisi dello strumento partitico. Lo ha fatto da potente esponente politico ed ha continuato a farlo, con cortese e lucida intransigenza da semplice militante. Ma Luigi Granelli non è stato solo questo, è stato anche un uomo coerente capace di scelte importanti che testimoniassero il suo pensiero; lo ha fatto nel privato, accogliendo in casa propria e per lungo tempo un amico e la sua famiglia, perseguitati dalla dittatura di Pinochet, e lo ha fatto nella sfera pubblica, rinunciando da giovane, ad una probabile elezione nel 1963, dopo l’infruttuosa esperienza del 1958, per non dare l’impressione di “studiare da deputato”, affermando, però, così la propria distanza da ogni forma di carrierismo e ancora, nel 1994, dopo sette legislatura da Parlamentare, da Vice Presidente uscente del Senato, dichiarandosi indisponibile, per un ricandidatura al fine di consentire il maggiore rinnovamento possibile in vista dalla “rinascita” del PPI. Vorrei dire molto altro ma concludo con un augurio. Il mio augurio è per il nostro Paese, che possa tornare ad essere guidato da politici, ispirati da quel senso del dovere, quella capacità di riflessione, quella educazione civica e civile, ma anche personale, che hanno fatto di Luigi Granelli uno dei “cavalli di razza” della sinistra di Base e della DC in generale.
Grazie Luigi.
Filippo Caputo

CARTOTTO

Luigi Granelli, ricordo personale di un grande intellettuale politico “autodidatta” Di Ezio Cartotto
La mia non sarà la storia del personaggio Luigi Granelli, perché ci vorrebbe ben altro spazio rispetto a queste poche pagine che posso riservargli. Sarà, però, una testimonianza utile agli storici presenti e futuri per inquadrare un uomo che è stato veramente straordinario.
Io ho avuto la fortuna di conoscerlo a metà degli anni ‘60 e di frequentarlo molto fino agli inizi degli anni ‘80.
Luigi in una fase iniziale mi colpì per la sua straordinaria capacità di parlare sull’onda di un’intuizione tutta particolare che aveva del sentimento delle persone che gli stavano davanti e ciò senza rinunciare mai a quella che era la sua onestà intellettuale e personale. Non accettava compromessi per avere l’applauso degli spettatori, come spesso accade oggi, ma sapeva attingere ad una forza interiore che riusciva a tradurre in un’attenzione costante, capace di attirare il consenso.
La sua viva intelligenza non sfuggì a uno come me, che veniva dal mondo degli studi classici del Liceo Parini, considerato ai quei tempi una delle scuole più severe di Milano. Io mi ero formato in modo molto elaborato rispetto ad un uomo come Luigi che veniva dal mondo operaio e che aveva dietro di sé un’istruzione apparentemente non regolare. In realtà ascoltandolo, riflettendo sui suoi argomenti , sulle sue proposte, sul suo modo di ragionare, pareva avesse fatto non solo il Parini, ma anche altre cose molto più difficili. Me ne “innamorai” intellettualmente e fu per questo che quando nel 1968 presentò la sua candidatura per essere eletto deputato al Parlamento, con entusiasmo accettai di partecipare alla sua campagna elettorale alla caccia di voti. Ebbi, così, la grande soddisfazione di vederlo eletto con oltre 40.000 preferenze in un contesto di vittorie politiche costruite da quel personaggio che possiamo definire il suo compartecipe a livello pratico nelle vicende della vita: Giovanni Marcora.
Marcora inquadrava tutto all’interno di un processo di potere, ragionando in modo non superficiale ed estremamente corretto sull’uso delle capacità personali di ciascuno di noi come parte di un team, di una squadra. Posso testimoniare di aver sentito personalmente Marcora raccontarmi di come aveva creduto che per fare la politica ci volessero soprattutto i soldi, ma ciò fino a quando non aveva incontrato Luigi Granelli: solo allora aveva capito che ci volevano anche le idee, i progetti e i programmi. Questo cambiamento fu profondo e definitivo; Marcora non volle più costruire un’organizzazione politica con delle basi puramente economiche e materiali, ma anche dotata di un forte richiamo ideale e morale.
La sua accoppiata con Granelli era quindi naturale e per noi giovani la presenza di entrambi era straordinaria. Da un lato c’era Marcora che aveva la capacità di aiutarci a risolvere i problemi concreti della vita che noi provenienti per la maggior parte da ambienti familiari non particolarmente dotati di mezzi non saremmo, da soli, stati capaci di affrontare. Dall’altro lato c’era Granelli che ci ricordava in ogni momento che la politica si poteva fare solo in maniera corretta e rispettando i principi stessi sia della metodologia politica seria, ma anche della nostra coscienza cristiana.
Granelli certamente fu un cristiano critico. Per questo non fu eletto nel 1963 parlamentare: perché ebbe contro quel mondo cattolico organizzato che “gli tagliò le gambe”. Era in contrasto con l’arcivescovo di Milano il grande Giovanni Battista Montini, ma Granelli questi contrasti li sviluppava sul terreno della politica pratica, ossia sostenendo fin da allora che si poteva immaginare un’alleanza con la sinistra politica del paese, il Partito Socialista, visto che Yalta non avrebbe permesso ai comunisti italiani di governare, ma ai socialisti sì. Quindi perché non permettere ai socialisti italiani di allearsi con la Democrazia Cristiana per realizzare quel programma di aiuto alla povera gente che in Italia era tanta? Come diceva giustamente Granelli non ci potevano essere un milione di persone ricche e benestanti e il resto della popolazione in gravi difficoltà senza che si verificasse con l’andar del tempo qualcosa di brutto nel Paese. Lui aveva progetti non solo di sostegno statale, ma anche di aiuto alle piccole medie imprese, sia nel settore agricolo, che in quello commerciale e industriale.
Da questo punto di vista il richiamo ad un’ottica politica De Gasperiana, Granelli lo faceva continuamente, perché De Gasperi definiva la DC un partito di centro che guarda a sinistra e Granelli era un democristiano di sinistra che guardava al centro; non mirava a rompere l’unità politica della DC ma a mantenerla senza, però, venire meno a quei principi che facevano riferimento al cattolicesimo mondiale. Anche Piccoli aveva fatto un particolare riferimento al ruolo della sinistra DC in un congresso nazionale dicendo: “Noi siamo quelli che marciano con passo più lento perché seguiamo l’opinione di gran parte dell’elettorato che non vuole correre rischi, ma è bene che ci siano nella DC anche altre forze che mirano ad accelerare il passo perché altrimenti rischieremmo di rimanere troppe notti all’umido e di non essere seguiti e ascoltati dall’ opinione pubblica soprattutto giovanile che vuole le riforme e i cambiamenti e che prima o poi si manifesterà in modo clamoroso”. Un discorso che precedeva gli eventi che iniziarono nel 1968 in tutta Europa e in tutto il mondo e che poi proseguirono anche in Italia, purtroppo anche attraverso filoni tragici come le Brigate Rosse che riuscirono a sconfiggere il riformismo di sinistra con i loro crimini efferati, spingendo, così, molta opinione pubblica sul baratro, col rischio di votare la destra qualunquista nella migliore delle ipotesi, e quella infernale e fascista nelle peggiori.
Luigi Granelli è stato un fortissimo caposaldo per il mondo giovanile della DC degli anni ‘60 perché ha favorito il desiderio di rimanere all’interno dei confini del partito senza seguire altre avventure che, in certi contesti, potevano allettare. È stato però anche uno stimolo, una spinta continua, una spina nel fianco quasi, per quelli che volevano dormire sonni tranquilli e che non pensavano all’avvenire se non come a un letto di rose fatto di nomine tra consiglieri di amministrazione delle banche e consiglieri di enti pubblici.
Ricordo che forse uno dei maggiori successi oratori di Luigi Granelli fu quando in un congresso nazionale della DC disse: “Io son convinto che oggi noi siamo una minoranza, ma che tutta la DC un domani lottando sarà quello che siamo noi oggi”.
Questa frase molto bella dovrebbe essere tenuta in grande considerazione da coloro che studiano la storia della Democrazia Cristiana e del periodo in cui la DC ha governato questo Paese. Nella DC ci sarà stato anche qualcuno che non ha rispettato i canoni etici, ma la grande maggioranza di questo partito ha governato in modo trasparente e Luigi Granelli ne è stato l’esempio sia ai tempi del suo ruolo come capogruppo del Consiglio Comunale a Milano, quando dimostrò di avere le competenze in materia di enti locali, sia come parlamentare e poi Ministro.
Mi ricordo che una volta fece un bellissimo discorso sul ruolo e i poteri della magistratura. Granelli aveva avuto a suo tempo delle difficoltà come Presidente di un ente pubblico e la magistratura, dopo molti anni di tormenti, lo aveva assolto. Sapeva quindi che la magistratura non aveva ragione solo per il fatto di chiamarsi così, ma che poteva causare gravi torti, anche pesanti. Granelli aveva una grande comprensione per chi voleva mantenere un equilibrio tra i poteri della magistratura e quelli del Parlamento. Quando quest’ultimo cambiò il sistema e non ci furono più le autorizzazioni a procedere che prevenivano eventuali arresti e abusi della magistratura certamente venne meno l’equilibrio politico nel quale Granelli aveva creduto.
Lo ritrovò, invece, quando lo Stato mantenne molti poteri decisionali in economia che si rivelarono giusti. Ad esempio quando abbiamo dato i soldi alla Fiat senza controlli, la Fiat li ha presi e si è trasferita in America dove mantiene la sede italiana con grande nonchalance e si è unita alla Chrysler e alla Peugeot facendo i propri interessi con una marea di finanziamenti forniti a suo tempo dallo Stato italiano. Furono licenziati milioni di italiani che scesero in piazza per protestare, ma ciò allo Stato fece comodo, esattamente come la famosa marcia dei 40.000 quadri Fiat di Torino.
Luigi Granelli aveva, da operaio, capito sulla propria pelle la differenza tra dirigente e dipendente operaio e di conseguenza sapeva che non erano giusti certi ragionamenti, ma sapeva altrettanto bene che non erano corretti i tentativi goffi di prendere il potere senza avere la capacità di esercitarlo. Questo lo aveva compreso molto bene Lenin, il quale diceva che non si poteva essere una classe dirigente senza essere prima preparati. Nel suo caso si trattava di governare la Russia sovietica.
Granelli che sapeva molto di politica internazionale cercava di spingere i comunisti italiani al distacco dalla Russia sovietica, in modo che si fosse assolutamente liberi di scegliere di poter giustificare di fronte alle alleanze militari precostituite le proprie scelte. Ma come si sarebbe potuto dire: “noi siamo fedeli all’Alleanza Atlantica”, se il partito di governo fosse stato un partito comunista di fede sovietica?
Ho letto molti articoli scritti da Luigi Granelli e vi ho trovato tanto da imparare sul vero significato dell’onestà intellettuale. Voglio concludere con una sua frase risalente alle elezioni del ‘68: “Noi non saremmo riusciti in nulla se non avessimo portato con noi quelli più infelici nella classe sociale, quelli di cui dovevamo essere rappresentanti, portatori delle loro stesse disgrazie e dei loro stessi problemi. Soltanto allora, in quel momento, i politici avrebbero potuto dire: noi siamo qui perché abbiamo ancora molto da fare”.

CHIAPPA

Ricordi di Luigi Granelli a Busto Garolfo.
Conobbi Granelli negli anni 80 partecipando con Angelo Borsani ad alcuni incontri a Milano i nella sede della Base in Via Mercato.
Successivamente su invito della DC Locale venne in visita ad alcune feste dell’Amicizia, ricordo che una volta venne con la moglie Adriana, Felice Calcaterra e Bruno Bossi.
Durante una occupazione di fabbrica alla Rimoldi S.P.A. azienda dove lavoravo, anche su mia iniziativa venne a parlare in assemblea suscitando molto entusiasmo fra i lavoratori. Nel 1995 Granelli era commissario del PPI provinciale mi convocò a Milano in Via Leopardi mi invitò ad assumere l’incarico di commissario a Busto Garolfo per fare il tesseramento del PPI, ne fui molto orgoglioso, il tesseramento ebbe un buon successo riuscii ad iscrivere un buon numero di aderenti, compito non facile era il periodo della scissione PPI e CDU, un giorno trovai la serratura della sede cambiata. Una sera nebbiosa venne a Busto Garolfo accompagnato da Remo Scherini e da un autista per convincere il nostro parroco proprietario del locale della nostra sede che voleva sfrattarci, l’incontro non ebbe il risultato sperato Granelli disse al parroco, “andremo sui monti come i Partigiani. Successivamente con Angelo Borsani trovammo un’altra sede, avevamo soldi guadagnati alla Festa dell’Amicizia da poco conclusa positivamente.
In seguito seguii Granelli anche quando fondò L’Associazione Popolari Intransigenti.
Ai Funerali di Granelli non potei partecipare con molto dispiacere, dovevo assistere mia mamma negli ultimi giorni di vita.
Angelo Chiappa per L’Associazione Amici di Giovanni Marcora

FARINONE

Quel grande oratore di Enrico Farinone
Ricordo benissimo la prima volta che vidi Luigi Granelli. E che lo ascoltai. Sesto San Giovanni, piazza Petazzi. La “Piazza della Chiesa” (Santo Stefano, la principale della città) era destinata ai comizi politici, che in quell’epoca – i primi anni Settanta – ancora sapevano radunare tante persone.
Granelli nell’esercizio del comizio, ma anche in quello del discorso in un ambiente più raccolto quale un teatro o anche solo un saloncino, era il migliore. Questo io quel giorno del 1972 ancora non lo sapevo, lo avrei scoperto e verificato qualche anno dopo. Ma già in quell’occasione il suo eloquio trascinante mi impressionò per la capacità di suscitare pathos, di creare attesa durante lo svolgersi di una parte del discorso per quanto sarebbe stato detto un po’ più avanti, di sviluppare il ragionamento sino al climax conclusivo che inevitabilmente richiamava l’applauso perché era, semplicemente, impossibile non applaudire. E tutto ciò accadeva più volte nel corso del medesimo intervento, per cui alla sua conclusione tu che lo avevi ascoltato eri come caricato a mille, il che per un militante di partito è indispensabile, e per un semplice cittadino-elettore è comunque un buon contributo.
Gli applausi a scena aperta arrivavano ma non erano mai, dico mai, il frutto di interventi demagogici o semplicistici o comunque finalizzati al successo di pubblico. Tutt’altro. Granelli esplorava i problemi cercando di trovare la via giusta per risolverli con il contributo determinante dalla Politica, quella buona, quella dedicata ad affrontarli e a superarli nell’interesse della collettività. E spesso ammoniva anche con durezza il proprio partito, al quale era legato da sincera passione, affinché esercitasse questo ruolo con determinazione, in quanto attore primario della politica italiana. Quel pomeriggio io – un adolescente con in testa il calcio, più che la politica – non immaginavo neppure lontanamente che quel grande oratore sarebbe per me divenuta una persona molto importante. In ogni caso ero ancora in una fase di ricerca, ovviamente influenzato dal clima che respiravo al liceo, fortemente orientato a sinistra. Due anni più tardi la mia maturazione politica giunse a conclusione e feci una scelta, quella di iscrivermi alla DC, che era certo in controtendenza rispetto al clima generale. Ma fu così che ebbi la possibilità di ascoltare ed incontrare più volte l’on. Granelli, poiché a Sesto egli era invitato frequentemente dalla DC locale guidata, fortunatamente, dalla Sinistra di Base, corrente democristiana della quale Luigi era uno dei principali esponenti. Ascoltandolo sempre con grande attenzione e crescente entusiasmo notai presto due caratteristiche dei suoi discorsi che si integravano perfettamente con i miei interessi cultural-politici: da un lato la Storia, dall’altro la politica internazionale. Quest’ultimo aspetto era particolarmente interessante perché apriva la riflessione, contestualizzava nel mondo la situazione nazionale, aiutando così un giovane come me a comprendere l’importanza della politica estera: siamo tutti noi esseri viventi abitatori di un unico luogo, il pianeta Terra, e di questo dovremmo essere maggiormente consapevoli. Da qui, anche da qui, nasce il sostegno attivo alla causa della Pace, l’avversione ai nazionalismi forieri di guerre, alla speranza federale europea, alla salvaguardia dell’ambiente, all’impegno contro le disuguaglianze sociali fra i diversi popoli e all’interno di un medesimo popolo. La politica estera è la Politica. Questo è un insegnamento di Luigi che ho sempre tenuto ben presente nella mia attività politica.
E poi la passione per la Storia, senza conoscere la quale non si può interpretare il presente. Erano quindi frequenti, immancabili, i suoi richiami al popolarismo, alla vicenda del Partito Popolare, all’insegnamento sturziano. Ogni grande storia politica ha proprie radici dalle quali non può prescindere, un passato sul quale riflettere e quando necessario valorizzare. Comprendevi allora che la DC, pur così variegata e ampia nel suo ventaglio politico, aveva radici solide e profonde. Capivi che quando De Gasperi la fotografava come un “partito di centro che guarda a sinistra” non faceva che riprendere e rilanciare in tempi nuovi lo sturziano “o sinceramente democratici o sinceramente conservatori” rivolto ai cattolici del suo tempo e quindi comprendevi meglio le battaglie interne contro la destra democristiana e pure quelle esterne non solo contro la Destra liberale o addirittura missina, ma anche quelle contro una sinistra ancora imbevuta di ideologismo e ancora incapace di cogliere la valenza riformatrice e sociale della DC.
Con gli anni ebbi la fortuna di poter conoscere Luigi e avere con lui una interlocuzione frequente. Per me fu realmente un Maestro, un Maestro di Politica.
Rimango col dispiacere profondo di non aver saputo o potuto – ero ancora segretario provinciale del PPI – cogliere il suo grido di dolore pronunciato in quel drammatico discorso a Rimini, anche se grazie a Dio ebbi la possibilità di parlargli un’ultima volta, sia pure al telefono, pochi giorni dopo e di salutarlo con immutato affetto. Ma rimango soprattutto con un suo monito che ho cercato – con tutti i miei limiti – di far mio, anche durante la mia esperienza parlamentare: “dire sempre quello che si pensa, fare sempre quello che si dice”. Luigi Granelli questa coerenza l’ha testimoniata lungo tutta la sua vita.

FOSSATI

LUIGI GRANELLI
di Alberto Fossati
Di Luigi Granelli ricordo anzitutto il nitore del linguaggio e la chiarezza piana del ragionamento; e poi la passione che coinvolgeva. Era un uomo poliedrico e capace.
Un intellettuale non prestato, ma vocato alla politica, come servizio e come strumento di promozione della persona. Il potere come mezzo da non demonizzare, ma neppure da idolatrare. Un intellettuale che ha dimostrato non comuni capacità di governo. Si pensi all’esperienza al ministero della Ricerca e alla duttile e intelligente gestione del pesante dossier delle partecipazioni statali in un momento in cui lo Stato stava attraversando il passaggio da imprenditore a regolatore.
Un innovatore non dogmatico nell’individuazione delle soluzioni, ma intransigente nella testimonianza e nella difesa della cultura e dell’esperienza dei cattolici democratici. Non a caso l’associazione da lui creata dopo il "Big Bang" democristiano si chiamò “Popolari intransigenti”. Confesso che quell’idea mi lasciò perplesso, mi sembrava che, terminata l’esperienza storica democristiana, il popolarismo, come cultura politica dovesse, nelle mutate condizioni politiche confluire in una nuova esperienza che fosse sintesi delle culture politiche solidaristiche. Il sostanziale fallimento di questa sintesi, plasticamente evidenziato dal Partito Democratico che non è riuscito e non riesce a superare la gabbia delle primarie come suo principale elemento identificativo a scapito dello sforzo di costruire una vera e propria cultura politica originale, confermano la lungimiranza e la lucidità del pensiero di Luigi Granelli. Il popolare intransigente non era e non doveva essere l’ultima frontiera di una nostalgia politica, bensì rappresentava il tentativo di non spegnere una cultura politica. Quindi, Granelli aveva ragione.
Il popolarismo è stato infatti l’unica vera e propria cultura politica dei cattolici italiani. Si è trattato di una proposta laica che non ha considerato estranea alla sfera pubblica la dimensione religiosa relegata a semplice fattore individuale dal liberalismo, ma che poneva il tema del rapporto della religione con lo Stato in termini di libertà, la cui tutela e promozione non può esser estranea alle finalità dello Stato democratico. In sintesi: la laicità della politica. La valorizzazione della libertà della persona e delle formazioni sociali è stato il fondamento del pluralismo, sia dentro la società sia nelle istituzioni e delle istituzioni, attraverso il principio delle autonomie locali, ed è anche con riguardo all’autonomia comunale che Granelli sviluppò a Milano un importante magistero sul piano dell’iniziativa politica con il dialogo aperto al confronto con il Partito Socialista Italiano e al centrosinistra, che gli costò la prima candidatura parlamentare per l’opposizione del Cardinal Montini, e sul piano amministrativo con il sostegno ad un piano regolatore innovativo.
Altro caposaldo del popolarismo fu la funzione regolatrice dello Stato nell’economia, che non escludeva il suo intervento diretto quale imprenditore. Granelli, come detto, ha interpretato con duttilità e intelligenza l’applicazione di questo principio alle nuove e mutate condizioni. Lo Stato regolatore e, tuttavia, non completamente estraneo dalla presenza con imprese proprie o partecipate di interesse strategico per la Nazione, è andato perciò rimodellando il suo modo d’essere nell’economia anche con il contributo di Granelli, che non mancò neppure di segnare la sua presenza e di contribuire alla politica estera del Paese e della Democrazia Cristiana in coerenza con il principio di auto-determinazione dei popoli, contro qualsiasi tirannia e oppressione e per l’affermazione di un’Europa come entità politica e non soltanto economica. Passione, impegno e competenza, fedeltà non acritica ai valori della democrazia e del cattolicesimo democratico, sono stati la costante di Luigi Granelli, che ha continuato a testimoniarli anche nel rinato Partito Popolare. Ricordo bene appassionati dibattiti nel Consiglio Provinciale che si tenevano al Centro Puecher che ospitava queste riunioni. Granelli non aveva per nulla l’atteggiamento del saggio che veniva a dispensare esperienza e consigli, perché per lui quella era ancora militanza vera, attiva, vissuta, lì e negli incontri presso le residue sezioni. La questione riguardava ancora l’attualità di una presenza organizzata in partito dei cattolici democratici (allora il Partito Popolare Italiano era passato dal 10 al 4%), pur all’interno di un’alleanza di centrosinistra che andava evolvendosi nell’esperimento dell’Ulivo.
Riguardato oggi, quel tempo della seconda metà degli anni ’90 restituiva ancora l’idea dell’attualità non già soltanto della cultura cattolico democratica, ma della sua presenza nella forma di un partito politico che ne fosse esplicita proiezione. Tuttavia si faceva avanti anche l’idea, che diventò maggioritaria, che quella cultura potesse essere patrimonio condiviso e proprio di una forma di rappresentanza politica che prescindesse da un partito proprio. Si ritenne che i valori e gli ideali del cattolicesimo democratico potessero continuare a essere e reiventarsi in un contenitore più ampio e pluralista, destinato ad essere nel contempo luogo di rappresentanza dei cattolici democratici e strumento della loro evoluzione in una sintesi politica del tutto nuova. Questa idea, sia a destra sia a sinistra, si è rivelata illusoria. A destra i cattolici si sono rapidamente omologati alle posizioni conservatrici. A sinistra non vi è stata assimilazione per due motivi: il primo perché il cattolicesimo democratico del popolarismo, essendo una cultura politica, ha continuato a conservare una sua autonomia identitaria; il secondo perché non è stata prodotta nessuna cultura nuova che fosse sintesi delle culture politiche solidaristiche post ideologiche. Ciononostante il cattolicesimo democratico si è trovato ad essere ridotto a una dimensione di mera testimonianza, politicamente irrilevante.
Questo pericolo e questa prospettiva erano profeticamente avvertiti da Granelli che con i Popolari Intransigenti era irriducibile a considerare una parentesi storiografica un’esperienza politicamente significativa (il PPI e la DC). Al posto di quell’esperienza sono subentrati partiti che hanno la loro ragione d’essere identitaria in un mero procedimento di selezione della classe dirigente (le primarie del PD), o che si agglutinano attorno ai personalismi di qualche leader. D’altro canto, a parte generosi tentativi di rigenerare una presenza politica organizzata esplicitamente ispirata alla Dottrina sociale della chiesa, ma non espressamente al popolarismo, l’esigenza di una forma partitica chiaramente ispirata al popolarismo non è avvertita né nel pur differenziato cosiddetto mondo cattolico organizzato, né nell’indistinta platea dei cattolici come singoli.
La funzione per così dire profetica dei Popolari intransigenti doveva servire non tanto a testimoniare un passato, quanto una cultura politica da garantire e promuovere, secondo il metodo di Sturzo che non costruì un partito a prescindere dal lavoro culturale e dalla presenza nella società, ma costituì un partito che fosse la proiezione politica dell’una e dell’altra. Per l’appunto, il metodo “basista”, cioè la lettura dei fenomeni sociali e politici non ancorata a paradigmi precostituiti e astratti, alla luce della Storia non maestra di vita ma strumento interpretativo dei fenomeni. In questa particolare accezione il metodo basista recuperava, storicizzandolo, il cattolicesimo democratico come lente per comprendere e base di riferimento per proporre La politica dello Stato democratico, del suo allargamento e del suo consolidamento in una società divisa politicamente e sociologicamente, che fu la costante dell’azione politica della Base, e quindi inevitabilmente di Granelli, si collocava in una corrente profonda del cammino unitario, sia pure con metodi e finalità diverse. Nel primo dopoguerra alla politica di Giolitti, che persegue l’inserimento di socialisti e cattolici tentando di associarli nel governo (stessa politica perseguita anche con i fascisti, ma con i risultati che si conoscono) nell’ottica dello Stato liberale che mantiene sostanzialmente inalterate la sue fondamenta risorgimentali e liberali, si contrappone il popolarismo sturziano che porta nello Stato la rappresentanza di un mondo cattolico variegato ma egemonizzato dal popolarismo, vera cultura riformista, che postulava l’allargamento delle basi democratiche attraverso la riforma autonomistica del Regno e la Legge elettorale proporzionale.
Nel secondo dopoguerra l’egemonia degasperiana con il centrismo, quella morotea del centrosinistra e infine della solidarietà nazionale distrutta nel sangue dal terrorismo, recuperano, pur in un contesto politico e sociale del tutto diverso, i fondamenti del popolarismo sturziano, benché proprio Don Sturzo fu aspro e severo critico dell’azione politica della DC nei primi anni della Repubblica. L’originalità del “basismo”, oltre al metodo per la lettura dei fenomeni storici e politici, emerse nell’attenzione al momento istituzionale, individuato come punto di sintesi da condividere tra culture e forze politiche contrapposte per valori e rappresentanza.
L’idea è che istituzioni condivise non sono neutre nel gioco politico, ma interagiscono con il principio democratico, che è efficace in quanto riposi su basi comuni e accettate tra i soggetti politici e sociali diversi e contrapposti; dunque, le istituzioni come base di reciproca legittimazione. Infine un‘annotazione sull’attualità del popolarismo, che fondava il suo retro-terra sul diffuso sentimento religioso della società, sia pure reinterpretato in chiave di laicità della politica. I nostri tempi non sono facili per il sentimento religioso ed il simbolo della religione è brandito per marcare una identità, sebbene a quell’ostensione non seguano né gesti né comportamenti e politiche coerenti. Eppure in questo momento di difficoltà grave forse il popolarismo potrebbe essere una cultura che parla ai credenti e non credenti, quindi una cultura profondamente umana, cioè votata al rispetto integrale della persona umana e laica. Ancora una volta, si ripropone il tema del metodo basista, certamente in un tempo in cui non si legge più la cronaca della politica all’ombra dell’egemonia democristiana.
Ma è proprio in questo tempo di minoranza che torna d’attualità la forza del magistero di Granelli nel partito di minoranza che fu il Partito Popolare degli anni ’90 del secolo scorso all’ombra del declino delle ideologie e delle culture politiche del secolo scorso.

GATTI

LUIGI GRANELLI
Di Francesco Gatti
Arrivai al Convegno di Rimini con Virginio Rognoni e Felice Calcaterra, Luigi ci aspettava da cinque minuti. Sono stato al suo fianco per tutto il tempo. All’ingresso evitò di incontrare Martinazzoli col quale si era scontrato sulla procedura liquidatoria della D.C. (“Sciolta via fax”). Ci sedemmo in terza fila, davanti a noi Massimo D’Alema, con cui Luigi non scambiò una parola; ostentatamente concentrato nel prendere appunti.
La Presidente Luisa Cassamagnago, gli concesse la parola dopo molti altri; anche dopo Pippo Baudo: fu il suo ultimo discorso.
Ne ho tratto un documentario.
Verso la fine dell’intervento le parole gli uscirono con sofferenza, mascheravano qualcosa di non detto e venne travolto dagli applausi.
Fuori dall’edificio incontrammo di nuovo Felice Calcaterra; scattammo delle foto. Luigi ed Adriana ritornarono a Milano con Gianni Mainini. Al commiato Luigi mi strinse lungamente la mano - quasi a trattenerla: “ciao Francesco ci rivedremo presto, ripartiremo dalla repubblica di Binasco col due per cento”. Poi aggiunse: “bisogna agire contro questa svolta; creare un fronte contro questa liquidazione del passato.”. Mi promise che avrebbe ripreso l’azione culturale. Avrebbe rinnovato i suoi interventi con gli ascoltatori della Radio Hinterland di Binasco; e riattivato l’Associazione dei “‘Popolari Intransigenti”. Oggi, a distanza di 20 anni, Gustavo Zagrebelsky ci invita a una “Resistenza Civile”.
Il richiamo ad una intransigenza e alla resistenza avviene in un contesto socio-politico interno frantumato, senza quei riferimenti al mondo occidentale uscito vincente dalle guerre contro i totalitarismi. Torniamo ai nazionalismi, alle divisioni sui dazi, e soprattutto alle armi, con milioni di migranti che attraversano continenti. Ogni stato si rende sovrano, misurandosi nel suo ‘cortile’. Luigi, di fronte ad un mutamento politico-sociale così esteso, volle richiamare un’esperienza non trascorsa: quella di un piccolo Borgo, che dalla costituzione del Partito Popolare di Don Sturzo in poi, costituì un modello della partecipazione collettiva; strutturata attraverso corpi intermedi quali le Associazioni, Unioni Cooperative, Sindacati, cooperative di Lavoro; enti assistenziali. Dimenticare questa storia vuol dire creare un vuoto e distruggere la base di ripartenza verso il futuro.
Un borgo ricostruito utilizzando le macerie raccolte dal 2% dei “Resistenti”; schiacciati tra i due totalitarismi.
Quei raccoglitori di macerie seppero trovare un collante capace di riunire e far fiorire la Comunità attraverso la Cooperazione organizzata. La prima fu “La Mandamentale Agricola”. Seguirono altre sei, costituite e guidate da “undici nullatenenti”. In breve tempo quella Comunità conobbe la piena occupazione. Trovarono lavoro 218 persone, su un totale di 350 famiglie. Nacquero tante associazioni (oggi sono più di 40). Tra queste anche una Banda Musicale “Santa Cecilia”, che è attiva ancora oggi. Delle sei Cooperative di Lavoro solo due sono in vita. La Cassa Rurale e Artigiana, oggi banca di credito cooperativo, e “La Fabbromeccanica”.
Riporto un fatto accaduto al termine delle prove della Banda Musicale, che dà senso al richiamo di Luigi. Giuseppe Attilio Gatti (GAG) padre di 11 figli, trovava anche il tempo per dirigere la Banda Musicale. Nel primo sabato del mese di luglio del 1944, dopo cena, mi caricò sulle spalle e mi portò ad assistere alle prove musicali per le manifestazioni tradizionali. Al termine mi rivestì di tutta fretta e mi ricaricò sulle spalle. Uscimmo dalla sala prendendo per primi le scale in ripida discesa. Al piano, superato un cunicolo, ci trovammo davanti a sette persone: tre militari della Wehrmarcht, tre militi della Compagnia Resega e il Maresciallo dei carabinieri, amico di mio padre. All’ordine perentorio “Dove essere Giuseppe Gatti?” mio padre rispose solo con un movimento della mano destra; con la sinistra mi teneva la gamba. Io mi assicuravo con la mani al suo capo. Con il pollice fece un segno all’indietro. L’addetto al tamburo che ci seguiva Angelo Bottoni, presidente della Cooperativa delle Magliaie, ad alta voce disse: “il maestro scende sempre per ultimo, è lui che tiene le chiavi”. Superammo il controllo iniziando a contare quanto potesse durare la nostra notte. Mio padre capì la difficile situazione; pensò che non era lui che cercavano, ma chi gli era stato affidato, quel dottor Monti che aveva nascosto in casa di Antonio Montani, mio zio, in via De Amicis, distante non più di duecento metri dal posto di blocco.
Il giorno successivo, sempre a tarda sera, i sette militi invasero la nostra abitazione senza trovare GAG che si era nascosto in un pertugio conosciuto dal Maresciallo. Giunti davanti a questo il Maresciallo invitò i militi della Resega a cercarlo nella soffitta sopra l’appartamento.
Le mie sorelle Augusta e Chiara si recavano continuamente dallo zio per consegnargli i messaggi di Augusto De Gasperi. Nessuno ci faceva caso, dato il grado di parentela. Entrambe ricordano che durante la recita del rosario nel giorno della morte di nonna IDA, si trovarono improvvisamente davanti a una persona sconosciuta, sbucata da una porticina; la quale restò con loro partecipando alla recita del rosario funebre: il dottor Monti.
Il rifugiato, durante il periodo di isolamento venne costantemente informato delle atrocità commesse dalla Compagnia Resega e dalla Muti. In particolare delle torture inflitte al medico condotto Andrea Loriga, effettuate nelle prigioni del Castello Visconteo e della sua morte conseguente. Seppe dell’ordine di uccidere Francesco Gatti con un colpo alla nuca, perché responsabile della squadra di calcio: LA VIRTUS, colpevole di troppa esuberanza e coraggio. La stessa Compagnia, comandata da Ranzani, che gettò nel Naviglio cinque rifugiati di Pescarenico, divertendosi a colpirli col fucile d’ordinanza fino a quando non videro più segni di vita.
Dopo il tentativo d’arresto nella sua casa, Giuseppe Attilio Gatti si mise in contatto con Alcide De Gasperi e con suo fratello Augusto. Con Alcide aveva condiviso la fase di rinnovamento del Partito Popolare dalla sua costituzione. Nella foto che li ritrae al Congresso del 1925 De Gasperi è in alto al centro, mentre Giuseppe Attilio Gatti è al centro.
Il giorno dopo la visita del ‘Commando’ GAG decise di andare a trovare un cliente della Cariplo locale, di cui era direttore: la Salumeria Magnaghi. Chiese un automezzo su cui caricò il Dottor Monti, nascondendolo dietro due sacchi di salumi. Arrivarono a Como. Ad aspettarlo c’era Valerio con alcuni partigiani della Brigata Garibaldi dell’Oltrepò Pavese. Enrico Mattei chiese subito notizie su Rino Pachetti. Lasciò detto di contattarlo; doveva affidargli una missione importante. Finito il suo compito GAG salutò Enrico Mattei, (che non rivide mai più; nessuna corrispondenza, né rapporti casuali fra i due componenti del CLNAI) risalì sull’automezzo e ritornò a Binasco in tempo a chiudere gli uffici della Cariplo. Venne successivamente informato che Enrico Mattei era stato catturato e incarcerato nel carcere di San Donato a Como. Durante la carcerazione subì anche una finta fucilazione. Il commissario che aveva dato l’ordine venne regolato dai partigiani della Valtoce.
Vero è che GAG faceva parte del C.L.N.A.I. delle province di Milano e Pavia, e che era costantemente in contatto con tutti i rifugiati nella zona di Binasco. Per i suoi undici figli il dottor Monti era uno “sbandato” da tutelare. Cosi come Falk, Meda, Malvestiti, Clerici, Ferrari Aggradi.
Giuseppe Attilio Gatti già agli inizi del 1942, con Augusto De Gasperi, Meda, Clerici, Malvestiti, Miglioli, Falk, Zacchetta ed altri amici, discuteva continuamente sulla necessità di creare un nuovo movimento, in grado di affrontare politicamente i problemi del dopo guerra. Movimento che si dette un nome: ‘Democrazia Cristiana’, la quale si costituì nello stesso anno, lui presente, a Milano, in casa Falk.
Luigi Granelli richiamando il desiderio di un ritorno a Binasco, volle indicare che la strada politicamente giusta andava costruita giorno per giorno e mantenuta su progetti politici/sociali, su fatti concreti come quelli della Binasco Cooperativistica e Resistenziale. A Rimini invitò gli Amici a riprendere il dibattito culturale, a sostenere le istituzioni: i corpi intermedi, salvaguardando il confronto democratico. La DEMOCRAZIA e LA COOPERAZIONE ripartendo dal due per cento, come i primi partigiani. Dopo poco tempo Luigi mi inviò il testo- fascicolato- del suo discorso, con una annotazione sul frontespizio: “A Francesco, resta la TRILUME del Castello, con affetto”
Luigi col termine TRILUME voleva ricordare la rivista trimestrale dove i suoi articoli costituivano il tema politico e culturale su cui tutti i lettori potevano intervenire.
Questa rivista cessò di vivere, dopo un articolo dal titolo “Binasco decadence”, il cui contenuto non era in linea con le finalità dell’Istituto finanziatore: la banca di credito cooperativo; erede della Cassa Rurale ed Artigiana fondata da Giuseppe Attilio Gatti nel 1921; la quale attualmente, nella graduatoria per efficienza è classificata tra le ultime dieci; tra le trecento sopravvissute. Nel 1922 se ne contavano 3.540, in piena salute.
(sopra) Congresso del Partito Popolare del 1925- Il segretario Alcide De Gasperi è il più in alto ,sopra la foto.. Giuseppe Attilio Gatti è al centro: il terzo a destra della foto di Don Sturzo, esule a Londra. Ritornerà in Italia al termine della guerra.

LA PIRA

I GIOVANI della D.C. : cresciuti con il MAESTRO LUIGI GRANELLI
Durante le vacanze della Pasqua 1964 io - non ancora diciottenne, studente al liceo classico Berchet di Milano, cresciuto a pane e politica in una famiglia di immigrati siciliani che “stravedeva” per zio Giorgio - mi rivolsi proprio a lui a Firenze per un consiglio: come iniziare un impegno nella politica milanese. Lo zio mi disse: “Vai a mio nome a trovare Luigi Granelli”.
Andai quindi in via dei Pellegrini 26 e, al termine di questo primo incontro, colui che sarebbe poi divenuto Il mio Maestro, mi indirizzò in via Nirone per parlare con Sandro Bertoja. Così feci subito ingresso nella struttura del Movimento Giovanile provinciale della D.C. milanese ( incarico per le attività culturali e poi per gli studenti medi ).
Iniziai quindi il mio apprendistato politico al terzo piano,nelle stanze del Movimento Giovanile : presto poi -iniziata la frequenza alla Cattolica di largo Gemelli – il mio impegno crebbe fino a diventare assiduo, quasi quotidiano e sempre più convinto.
L’ adesione alla D.C. di quegli anni era maturata velocemente anche per le caratteristiche politiche di quella Democrazia Cristiana così speciale : essa si distingueva per la linea della sinistra di Base guidata da Marcora e Granelli e vi aderivano già centinaia di amministratori locali, dirigenti e semplici militanti di molte province.
Anche il Movimento Giovanile – dopo Sandro Bertoja, Giancarlo Moretti,Salvatore Franconieri, Ezio Cartotto – mi vide raggiungere il vertice provinciale con la collaborazione di una squadra nuova ed Entusiasta ( Attilio Elli, SalvatoreDonato, Gianluigi Vercesi, Gianni Dincao, Antonio Ballarin, Alberto Fossati, Enrico Farinone ,etc.) e decine di giovani leve; ragazzi che in ogni realtà della nostra provincia fornirono un contributo decisivo al rinnovamento della classe dirigente democratico cristiana.
Per noi riferimenti fondamentali furono allora sia l’abilità politico-organizzativa di Marcora sia l’esempio personale, la passione ideale, la cultura politica, la coerenza morale di Granelli . Eravamo entusiasti anche della sua capacità oratoria; fu davvero il maestro di noi tutti che abbiamo avuto la fortuna di condividere fino agli anni ‘80 la positiva esperienza dei giovani democratici cristiani.
Basterebbe oggi tornare col pensiero a tutte le molteplici occasioni – in via Nirone, in via Mercato, in ogni congresso, ai tanti convegni sui laghi lombardi – in cui la concretezza di Albertino e la lucida eloquenza di Luigi riscuotevano il consenso convinto dei giovani D.C. : in ogni occasione non si poteva non applaudirli appassionatamente.
La consonanza politica e ideale con Granelli è via via cresciuta in quegli anni e si è poi sviluppata in tante proposte ed iniziative che i giovani della D.C. hanno promosso per circa tre lustri.
Ed è con orgoglio che in questa sede mi permetto oggi di ricordare alcune felici intuizioni e le più belle battaglie che insieme siamo riusciti a gestire come Movimento Giovanile; e poi come nuovi dirigenti di quella Democrazia Cristiana. Sempre a fianco del nostro Maestro.
- PER LA PACE , PRIMO : CAMBIARE LA N.A.T.O. ! fu lo slogan coraggioso della grande manifestazione di 5000 giovani che sfilarono in corteo ,per la prima volta, per le vie di Milano.
RICONOSCIMENTO GIURIDICO DELL’ OBIEZIONE DI COSCIENZA AL SERVIZIO MILITARE una lunga ardua battaglia che ci ha visto impegnati in primo piano su moltissimi fronti. Decine di assemblee e dibattiti nelle nostre sezioni in periferia; una “difficile” manifestazione nazionale a Roma; la elaborazione di proposte per arrivare ad una legge in Parlamento; la pubblicazione presso l’editore Gribaudi del nostro volume “LA COSCIENZA DICE NO!” ( 1968-aa.vv.); varie iniziative di sostegno in ogni sede alle proposte di legge per il riconoscimento giuridico dell’obiezione di coscienza. Fino al 14 dicembre 1972 allorchè finalmente fu approvata in Parlamento la cosiddetta Legge Marcora;
- ELEZIONE DI GRANELLI ALLA CAMERA DEI DEPUTATI ( maggio 1968) massiccia mobilitazione dei giovani D.C. milanesi per la candidatura del loro maestro; grandissima manifestazione al Palalido di Milano : comizio di Granelli e musica dal vivo con Patty Pravo e tante band;
- STAMPA DI PARTITO assidua presenza su “Il popolo lombardo” e pubblicazione del nostro mensile “Italiano Democratico” , oltre ad una cospicua serie di manifesti murali e opuscoli monotematici che si distinguevano anche graficamente per il logo bianco i giovani d.c. su bordo verde;
- INIZIATIVE PUBBLICHE DI SOLIDARIETA’ 1967 : con il popolo greco ( colpo di stato dei colonnelli ); 1973 : con il popolo cileno (colpo di stato di Pinochet) anche con la presenza di Bernardo Leighton, esule in Italia; - FORMAZIONE POLITICA decine di corsi estivi residenziali (a Pallanza, Cannobio, Leggiuno, San Felice del Benaco, etc.) con tanti giovani, militanti e non, che affluivano dalla Lombardia e da varie province d’Italia. Non ci mancava mai una “lezione” del maestro Luigi: così egli contribuiva sempre alla maturazione della nuova classe dirigente che si andava affermando nelle amministrazioni degli enti locali e fra i migliori quadri dirigenti della D.C. in mezza Italia, nelle regioni, in Parlamento; - REGIONE LOMBARDIA nel 1970 alla prima elezione del Consiglio Regionale ( presidente di Giunta Piero Bassetti ) il Movimento Giovanile ha fatto eleggere l’amico Sandro Bertoja; poi nel 1975 il giovanissimo Antonio Ballarin;
- CONGRESSI DELLA DEMOCRAZIA CRISTIANA in Lombardia e a livello nazionale, negli anni 1970 – 1985 la presenza dei giovani ed ex–giovani ha supportato le battaglie di Marcora e Granelli per l’affermazione di linee politiche più avanzate e per un coraggioso rinnovamento interno della D.C. a tutti i livelli. Il sostegno ampio e convinto dei giovani ha contribuito all’ avvento della segreteria nazionale di Benigno Zaccagnini che, dopo il tragico sacrificio di Aldo Moro, ha contrassegnato positivamente quella difficile fase storica della D.C.;
- UNIVERSITA’ STATALE DEGLI STUDI DI MILANO nel 1974 alle elezioni studentesche per la scelta dei rappresentanti nel Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo , i giovani D.C. - con la lista Cattolici Popolari insieme agli studenti di Comunione e Liberazione – hanno ottenuto una prima significativa affermazione.
*** Mi permetto infine qualche breve nota privata, relativa al mio rapporto personale con Luigi Granelli. Come dicevo all’ inizio, è stato proprio lui nel 1964 che mi ha “spedito” alla D.C. di via Nirone. Nel settembre 1973 è venuto nel piacentino per farmi da testimone di nozze, insieme allo zio Giorgio da Firenze. Negli anni ‘68 – ‘88 ho avuto modo di impegnarmi e di fare belle esperienze in vari organismi milanesi (Centro di cultura Giancarlo Puecher; I.L.S.E.S./ Istituto Lombardo di Studi Economici Sociali; I.R.E.R. / Istituto Regionale di Ricerca della Lombardia ); gli stessi ambiti nei quali Granelli aveva già ricoperto ruoli importanti e utili per la comunità lombarda.
In sostanza per me Luigi è stato sempre un vero maestro, anzi un professore.
- Giorgio LA PIRA -

LA NUOVA SEDE DELLA D.C. di PREGNANA ( Da Il POPOLO di RHO – numero chiuso al 30 settembre 1986) E’ STATA INAUGURATA ALLA PRESENZA DEL MINISTRO GRANELLI

Domenica 15 giugno 1986 è stata inaugurata la sede della Democrazia Cristiana di Pregnana Milanese, intitolata al compianto sen. Albertino Marcora.
Il discorso di apertura è stato tenuto dal segretario Alfonso Gulin, il quale ha rievocato le principali tappe dell’indimenticabile Albertino, uomo politico italiano di statura europea, dai grandi ideali morali e spirituali. Una vita la sua tutta dedicata al supremo interesse della democrazia, nell’ accezione più ampia del termine. Ex vice-comandante partigiano dell’Ossola nella formazione Alfredo di Dio, Marcora è stato tra i padri fondatori della nostra Repubblica.
Il segretario DC ha concluso richiamando all’attenzione dei presenti la nuova lenea politica del partito, che ha effettivamente e concretamente imboccato la strada del rinnovamento, anche a livello locale, grazie al contributo di molte forze e in particolare di quelle cattoliche, che hanno saputo profondere quella sicurezza di valori e di ideali tanto cari anche ad Albertino.
Il capogruppo consiliare Paolo Toponi ha poi avuto modo di riprendere questa ultima riflessione, ribadendo che nella Democrazia Cristiana di Pregnana Milanese sono oggi presenti uomini che, all’indomani delle elezioni dello scorso anno, sono stati chiamati ed espressamente indicati dagli elettori a rappresentare la ricerca di rinnovamento del partito.
Il sen. Luigi Granelli, che ha presenziato all’inaugurazione, ha poi ribadito che la DC di Pregnana, intitolando ad Albertino la nuova sede, ha assunto un impegno molto grande e difficile. Il Ministro della Ricerca ha avuto modo di sottolineare anche che in nessun campo si possono acquistare responsabilità se non si accetta il rischio, se non si dà l’esempio.
Ha chiuso la riuscita cerimonia il sindaco Maggioni che, ricordando le tappe più significative dell’amico Granelli, ha poi consegnato al Ministro una targa, a ricordo della giornata certamente indimenticabile per tutti i pregnanesi.
Erano presenti alla cerimonia, la sig.ra Adriana Granelli, il dr Livio Tamburi segretario DC di zona, Marazzini, segretario di zona di Parabiago ,il sig. Bossi del Corpo Volontari della libertà Partigiani Cristiani, Felice Calcaterra presidente dell’UPEL, il dr Giuseppe Restelli , l’assessore Chiminello e l’ing. Banfi in rappresentanza del Comune di Rho, il sindaco di Boffalora e presidente dell’USSL di Magenta Umberto Re, Carlo Calcaterra presidente dell’Atinom, Elio Maggioni in rappresentanza dell’Ussl 68 di Rho, l’assessore Lombardi di Vanzago , Frassinetti Adolfo di Arese, il segretario politico di Cornovecchio Marilena Tansini oltre ai rappresentanti dell’amministrazione comunale pregnanese al completo, gli assessori Cozzi, Arturi, Benzi, Pizzigoni, Pisano, Chessa.
Durante la giornata proseguita presso il campo sportivo di Via Leopardi hanno poi onorato la Festa dell’Amicizia con la loro presenza l’assessore regionale Giovanni Verga, i consiglieri regionali Patrizia Toia e Serafino Generoso e il dirigente provinciale Spes Stefano Natalucci.
Documentazione trasmessa da Fausto Benzi

MAININI

LUIGI GRANELLI PARTIGIANO
Ho conosciuto Luigi Granelli in una settimana di aggiornamento politico, organizzata dal provinciale DC di Milano, tenutasi al collegio arcivescovile di Porlezza nel luglio 1961.C’erano molti amici che poi ho ritrovato nelle file della DC e della Base.
Allora era presidente dell’INAPLI e ci parlò di formazione professionale ma la sua capacità oratoria era appassionante, di qualunque cosa parlasse; così poi il discorso non fu solo tecnico ma si allargò ovviamente alle prospettive di riforma della scuola e dello sbocco lavorativo delle giovani generazioni.
Rimasi subito affascinato e confesso che il suo intervento fu per me uno stimolo ancor più importante di quanto era stata la mia formazione liceale ad appassionarmi di politica, di problemi sindacali, di visioni ed aperture nuove, di comprensione dei fenomeni sociali.
Un solo altro oratore mi piacque molto, sopra la media degli altri interventi e relazioni, fu Dino Del Bo. Poi gli studi universitari ed il lavoro non mi permisero una frequenza assidua del partito ma tuttavia mi ricordo di varie puntate alla Base, ancora in via Cosimo Del Fante e poi la partecipazione a qualche convegno e l’approdo in via Mercato. Da assessore dapprima e sindaco poi di Inveruno le occasioni di incontri e frequentazioni aumentarono: ricordo la partecipazione ad un convegno nel 1991 a Gallarate sulla riforma delle Autonomie Locali (la famosa Bassanini), ad Assago –Milano Fiori dove Luigi concludeva spesso le due giornate di lavori, anche quando c’era Marcora, che affidava volentieri a lui questo compito. Nel 1968 sul giornale locale di Inveruno e del Castanese PAESE avevo fatto un profilo per la sua campagna elettorale dal titolo “Luigi Granelli candidato al Parlamento”. Qualche anno prima per un articolo sulla Resistenza non ortodosso Marcora mi convocò per una benevola reprimenda in via Nirone. Da sindaco nel 1986 ho istituito il Premio Europeo Marcora per l’agricoltura, alimentazione e ambiente :memorabile l’edizione del febbraio 1988 quando convennero al teatro Brera di Inveruno il presidente del consiglio Giovanni Goria, i ministri Pandolfi(Agricoltura) , Galloni(Istruzione) e Granelli alle Partecipazioni Statali ,il presidente della Regione Tabacci ,il presidente della Provincia Andreini. Luigi fu sempre vicino alla manifestazione, il vero biglietto da visita, in Italia ed anche all’estero. Nel 1992, commissario UE Pandolfi, ci recammo a Siviglia dove tenemmo la cerimonia del Premio nella sede dell’Expo mondiale.
E poi credo non sia mancato mai ad una edizione fino al 1998.
Nel 1995, da commissario PPI di Milano incaricato dal segretario Bianco di rifondare il Comitato Provinciale, su indicazione di Felice Calcaterra, vengo chiamato come segretaria amministrativo a dare una mano alla sistemazione della situazione finanziaria ,deteriorata dopo i continui spostamenti da Via Nirone a Via Edolo a Via Leopardi, la riduzione del personale, le cause intentate da dipendenti e fornitori. I rapporti, le frequentazioni, anche familiari aumentano.
Nel 1996 mi stimola a presentarmi candidato per l’Ulivo nel collegio di Busto Garolfo e mi accompagna spesso con la moglie Adriana ad alcuni incontri e confronti pubblici (m ricordo in particolare una serata al cinema parrocchiale di Ossona, presentata da Egidio Bertani).
Al congresso provinciale nel 1966 dalle Orsoline di Viale Maino Luigi lascia la carica di segretario e viene eletto Enrico Farinone.
In privato e nei contatti umani Luigi era molto meno serioso di quanto sembrasse, dotato di una ironia pungente e gioviale: gli piaceva il coniglio in umido cucinato da mia moglie e celiava confrontandolo col pollo al curry che ogni tanto gli propinava Adriana.
Dopo la morte di Marcora si prese sulle spalle la Base assieme a Felice, fino alla chiusura della stessa nel 1994. Quindi la breve esperienza dei Popolari intransigenti.
Era con lui , Gingio Rognoni e Felice Calcaterra al congresso di Rimini del settembre ‘99 ,quando si dimise dal Partito Popolare. L’ho accompagnato nel ritorno a Milano e ci siamo fermati alla rocca di San Leo e poi in un ristorantino di Verucchio , dove abbiamo(soprattutto lui ) passato gli ultimi momenti di serenità e di spensieratezza che la sua malattia avanzante rendeva sempre più rari .A metà ottobre il ricovero e a inizio dicembre la scomparsa.
Una cosa bella che voglio aggiungere alle tante biografie o ricordi che ci sono e ci saranno su Luigi è quella poco conosciuta che ho avuto la fortuna di veder delineata riorganizzando l’archivio del Raggruppamento Divisioni Patrioti Alfredo Di Dio di Busto Arsizio, di cui era stato fondatore Albertino Marcora per testimoniare e continuare i valori della formazione di cui era stato vicecomandante durante la Resistenza. In queste documentazioni risulta la sua iscrizione al Raggruppamento e la presenza a riunioni e convegni, nonché una quantità di interventi e prese di posizioni che svelano una caratteristica poco conosciuta di un uomo profondamento legato ai valori e al mondo della Resistenza.
Luigi era troppo giovane per poter partecipare sia alle azioni militari che al supporto logistico alla guerra partigiana ma essendo cresciuto all’imbocco della Valle Camonica respirò l’aria di una delle più importanti e gloriose esperienze della Resistenza, in particolare quella cattolica. A Lovere, da giovanissimo militante di azione cattolica (alcuni dirigenti di questa organizzazione furono fucilati nel marzo 1944) con altri amici si avvicina alle Fiamme Verdi (una delle più gloriose divisioni resistenziali in cui transitò anche Teresio Olivelli). Fu facile incontrando e frequentando un comandante di primo piano come Marcora, vice della Alfredo Di Dio, approfondire ed assimilarsi nell’esperienza resistenziale. Luigi divenne socio del Raggruppamento nel quale ha dato apporto a molte iniziative. Nell’ambiente marcoriano e della Base circolavano altri illustri personaggi che avevano vissuto la Resistenza, da Bruno Bossi a Giuseppina Marcora, a Marchetti poi direttore della “La Base” ,a Gianangelo Mauri a Fausto Del Ponte etc .La partecipazione diretta od anche postuma alla Resistenza fu anche un battesimo politico. La presa di coscienza della tragedia del fascismo portò ad una qualificazione politica della propria presenza con la ricostruzione delle battaglie dei cattolici, a cominciare da quelle di Sturzo e del Partito Popolare e per contribuire con le proprie idee alla costruzione della DC e alla ricostruzione dell’Italia con la nascita e lo sviluppo della democrazia repubblicana. I cattolici democratici erano fieri del loro contributo alla lotta di Liberazione: durante la liberazione di Milano mentre i partigiani dell’Alfredo Di Dio marciavano vittoriosi insieme agli altri, un piccolo aereo lanciò dal cielo quindicimila “fazzoletti azzurri” che erano il segnale orgoglioso di una partecipazione con le carte in regola alla vittoria.
“Il Raggruppamento Di Dio testimonia queste scelte in sintonia con le giuste preoccupazioni del partigiano Giuseppe Dossetti circa la difesa della Costituzione e gli ideali di convivenza pacifica che animarono la Resistenza dei cattolici con il sacrificio della vita di molti di essi. Troppe volte il significato dell’antifascismo cattolico e della partecipazione alla Resistenza è stato lasciato nel cassetto. I valori di quelle scelte restarono per molti un elemento di ispirazione nella DC ma ora che nuovi pericoli si affacciano all’orizzonte è indispensabile ritrovare la fierezza delle origini. (Aprile 1994 intervista al Popolo: Le carte in regola dei cattolici)”.
Nel 1992 ,da vicepresidente del Senato,è stato oratore ufficiale nella cerimonia organizzata dalla Federazione Italiana Volontari della Libertà per il conferimento di una attestazione da parte del Raggruppamento Di Dio alla città di Busto per la sua significativa importanza nella Resistenza ,dove commemorò tutte le figure di spicco della Resistenza cattolica dell’Italia del Nord.
In occasione della celebrazione del 25 aprile 1994 redasse un appello approvato dal direttivo del Raggruppamento Di Dio in cui sosteneva che “la celebrazione doveva essere occasione di rilancio di una significativa non strumentale unità popolare sui valori di libertà, democrazia e giustizia. Questi ideali consacrati da immensi sacrifici e dalla morte di tanti innocenti sono affidati all’impegno di quanti hanno operato per essi e alle nuove generazioni che vanno aiutate anche con un più corretto insegnamento della storia ad assumere le loro nuove e specifiche responsabilità per evitare rischi già pagati in passato”. Sul quotidiano “ Il Giorno” del 3 febbraio 1994 in qualità di senatore PPI e consigliere dell’Istituto nazionale per la storia del movimento di Liberazione, dichiarava di condividere l’appello delle Associazioni dei Combattenti contro il tentativo di cancellare la memoria della Resistenza( maldestro tentativo della Lega poi rientrato) .” La pensata di un attacco senza precedenti al 25 Aprile, quasi per annullare con un sol colpo la guerra di Liberazione e la Resistenza era grossolana ma esprimeva il sintomo di una campagna di delegittimazione dell’antifascismo in atto da tempo. Il fascismo aveva smantellato una per una persino le garanzie liberali dello statuto albertino. Don Minzoni e Matteotti furono vilmente assassinati. Il tribunale speciale fascista ha pronunciato 29 sentenze di morte ;furono 8mila gli internati,15mila i domicili coatti,160mila i sorvegliati speciali, decine di migliaia di anni di carcere. Non si può cancellare tutto questo considerando il fascismo una parentesi e l’antifascismo un errore eguale e contrario. La guerra di Liberazione ha visto la mobilitazione prima di minoranze coraggiose e poi di un popolo che ha riscattato l’onore dell’Italia”.
Ma già in occasione delle celebrazioni del 25 Aprile 1987 a Boffalora Ticino, sindaco Umberto Re, rifletteva che la celebrazione ci interrogava sulle caratteristiche fondamentali della nostra identità politica e culturale. “E’ una ricorrenza che ci è cara perché riporta il ricordo di tanti amici che in quei giorni raccolsero il frutto delle loro scelte coraggiose, primo fra tutti Albertino Marcora che con i tanti amici della Divisione Di Dio scendeva dalle montagne per iniziare l’esperienza di vita democratica. La libertà che allora fu conquistata è un bene che va difeso ogni giorno: dobbiamo realizzare ora, nelle mutate circostanze, i valori della democrazia senza illuderci che le conquiste di allora possano essere considerate definitive e inattaccabili. Ma questi ricordi legati alla data che commemoriamo furono il traguardo finale di un lungo e drammatico cammino attraverso i campi di battaglia e tanti, troppi, furono quelli che non poterono vivere la luminosa giornata del 25 aprile. Noi li onoriamo oggi ma il modo migliore di non tradire la loro eredità è di saperci dedicare ai nostri doveri civili e politici anche solo con una minima parte del loro senso di responsabilità del loro spirito di servizio, di capacità di sacrificio. E’ come se si fosse inaridita la fonte di idee e di ricordi che fino a qualche anno fa animava i nostri dibattiti e il confronto tra le forze sociali. Le battaglie Degasperiane per una Italia libera nella solidarietà occidentale ed europea, la tensione ideale con cui Moro ci guidò all’ampliamento della base popolare della democrazia appartengono alla storia della nostra democrazia ed in larga misura anche alle nostre storie personali. Per ridare slancio alla nostra iniziativa politica non dobbiamo inventare nulla: basta che ci rifacciamo alle cose migliori della nostra storia, agli esempi di generosità personale di cui abbiamo cara la memoria”.
Gianni Mainini

MAURI BREVE STORIA RAGIONATA E GLI ARTICOLI DI LUIGI GRANELLI

Gli anni della Resistenza (1943-45) colgono Luigi Granelli alla conclusione del suo breve periodo di studi, con il diploma di scuola professionale che gli consente di impegnarsi in lavori di carpenteria metallica nell'azienda artigiana familiare prima di trovare occupazione come operaio specializzato tornitore all'Italsider. Ciò avviene a Lovere, in provincia di Bergamo, dove Granelli è nato l'1/3/29. La seria preparazione culturale per la quale sarebbe stato noto in seguito, la capacità di esprimersi con efficacia come oratore e scrittore, derivano da un'innata passione per lo studio della politica e dallo svolgimento, sin da giovanissimo, di un'intensa attività pubblicistica in cui si è concretata buona parte della sua partecipazione alla lotta politica. L'ambiente in cui Granelli matura le proprie convinzioni ed opera le prime scelte di campo ideologiche e politiche è quello del mondo dei lavoro e della Gioventù di Azione Cattolica in una diocesi di forte ed antica tradizione nella formazione dei fedeli e nella ispirazione della stessa esperienza civile delle popolazioni. Dall'esperienza in fabbrica nasce il collegamento con i gruppi sindacali e politici che considerano essenziale, tra i valori della democrazia italiana, quello della giustizia sociale e perseguono quindi obiettivi politici di promozione del mondo del lavoro e di affermazione dei suoi diritti. La partecipazione all'Azione Cattolica mette Granelli in contatto con le espressioni principali dei cattolicesimo europeo che negli anni '20, '30 e '40 aveva elaborato in libertà, lontano dall'influenza del fascismo prima e del nazismo poi, le proprie teorie sullo sviluppo della società e sui rapporti tra fede e politica. Le letture più impegnative del giovane Granelli sono in particolare L'Umanesimo Integrale di Jacques Maritain ed II Personalismo di Emmanuel Mounier. È in questo periodo (1947) e su questi temi che il gruppo bergamasco cui Granelli appartiene stabilisce rapporti con la linea di Giuseppe Dossetti, l'intellettuale cattolico che con Amintore Fanfani e Giuseppe Lazzati aveva contribuito, nei tempi del declino del fascismo, alla fondazione delle basi etiche e culturali dell'impegno dei cattolici democratici. Il collegamento con i dossettiani fa di Cronache sociali (1947 -1951) il periodico che maggiormente influenza la formazione dei giovani democristiani di sinistra.
L'apertura internazionale guidata dalla lettura di Maritain si allarga alle riflessioni sui teorici occidentali dell'intervento dello Stato in economia, Keynes e Beveridge, mentre la predicazione di La Pira sui diritti della povera gente conferisce animazione sociale ed indica concreti obiettivi politici all'esperienza democratico-cristiana. La polemica di Cronache sociali contro la rottura del governo di unità anti-fascista (1947) e contro l'influenza della cultura liberale (Corbino, Einaudi, Pella) sulla politica economica, completa l'esperienza su cui si fonderà la formazione della nuova generazione dei cattolici democratici negli anni che precedono la svolta del 1948.
Le elezioni dello scontro tra la DC, alleata con i socialdemocratici ed i partiti di democrazia laica, ed il fronte popolare socialcomunista segnano la vittoria della DC ed aprono una fase di accese discussioni sul ruolo del cattolici democratici nella costruzione del nuovo Stato e sui loro rapporti con la cultura liberale da una parte e le forze di ispirazione marxista dall'altra. Luigi Granelli è tra i sostenitori del tentativo dì Giuseppe Dossetti (vice segretario della DC dopo il congresso del 1949) di escludere dai ministeri economici dei governo De Gasperi gli esponenti di scuola liberale (Corbino e Pella). Il tentativo fallisce, Fanfani entra egualmente nel governo, Dossetti fa la scelta delle dimissioni dal partito e della rinuncia al Parlamento. La sinistra DC entra in polemica aperta con la maggioranza del partito.
La formazione popolare e progressista dei giovani cattolici democratici si va completando intanto ¬per quanto riguarda la concezione del ruolo dei cattolici impegnati in politica - nel rapporto con il prof. Gabriele De Rosa, storico del Partito Popolare ed interprete della tradizione sturziana. De Rosa negli anni cinquanta offrì con i suoi libri una illuminante lezione sulla laicità dell’impegno di don Sturzo e su un rapporto tra fede e politica in cui la prima è fonte di valori e la seconda momento di assunzione diretta - non mediata cioè dalla gerarchia ecclesiastica - delle responsabilità personali di chi opera nel partito e nelle istituzioni. Si tratta del coronamento di un ciclo formativo iniziato con la scoperta di Maritain e la sua lezione su una società profana ricondotta sotto la guida dei valori cristiani senza tuttavia riproporre la soggezione medievale del potere politico a quello religioso. Ne conseguirà, anche per Granelli ed i suoi amici, una rivalutazione della concezione politica che De Gasperi ereditò - come impegno ad un tempo laico e cristiano - direttamente da don Sturzo. Il complesso di queste esperienze politiche e culturali confluì nella partecipazione di Granelli al movimento della Base, che dopo le elezioni del 1953, l'apertura della crisi del centrismo ed inquietanti segnali di sbandamento a destra della politica italiana, nacque a Belgirate (Novara) da un convegno di partigiani cattolici reduci dalle battaglie della formazione Fratelli Di Dio convocato da Giovanni Marcora per mobilitare la periferia della DC sui valori della Resistenza e del popolarismo cattolico. Alla Base Granelli, trasferitosi a Milano nel 1955, incontra - oltre a Marcora ,Giovanni Galloni, Carlo Donat-Cattin e, tra gli altri, Ciriaco De Mita, Riccardo Misasi, Gerardo Bianco che studiavano all'Università Cattolica. La Base lotta contro i tentativi di apertura a destra delle maggioranze parlamentari e lancia proposte riformiste in materia economica, sociale, istituzionale.
Granelli partecipa in primo piano alla battaglia delle idee con un'intensa attività pubblicistica sul periodico La Base, su Prospettive ed infine con la direzione di Stato Democratico. Sono anni di opposizione nel partito e nel paese alle involuzioni moderate, alle intese parlamentari con la destra liberale, monarchica e neofascista, alle versioni clericali dell'attività politica dei cattolici. Nel 1956 al congresso di Trento la Base entra in Consiglio nazionale con De Mita, Granelli, Negrari, Ripamonti e Sullo. Nel 1957 la segreteria Fanfani, dopo lunghi anni di duri contrasti, apre alla sinistra e Granelli entra per la prima volta nella Direzione Centrale del partito (fenomeno inatteso da Granelli che si trovava - quando venne nominato - in viaggio di nozze in Iugoslavia. Questo suo viaggio venne attaccato da II Borghese dicendo che "Granelli era andato a prendere lezioni di comunismo da Tito"), della quale farà poi parte quasi senza interruzioni fino al 1991. Nei 1958 Granelli si presenta candidato alle elezioni politiche. E l'occasione in cui si rivela il livello di difficoltà della battaglia per l'autonomia dei cattolici impegnati in politica rispetto alla gerarchia ecclesiastica e per l'apertura di un dialogo a sinistra con l'obbiettivo dell'allargamento della base popolare dei governi. L'arcivescovo di Milano card. Montini esprime la propria contrarietà all'apertura a sinistra (per ragioni non dottrinali, precisa, ma di opportunità politica) e ricevendo personalmente Granelli avverte il giovane candidato della relatività in cui va intesa l'autonomia dei cattolici in politica rispetto all'autorità ecclesiastica. Dispiacque alla Curia che la notizia dell'incontro fosse comparsa sui giornali; ciò irrigidì i rapporti ed al termine di una campagna elettorale segnata da punte di ostilità del clero e di settori del mondo cattolico, Granelli non venne eletto. In occasione delle successive elezioni politiche egli rinunciò a candidarsi. Diverrà per la prima volta parlamentare nel 1968.
Alla vigilia dell'elezione del card. Montini al Pontificato i dissensi tra Granelli ed il futuro Paolo VI erano stati chiariti in un sereno colloquio dì congedo. Luigi Granelli verrà eletto nel Consiglio Comunale di Milano (1965) e sarà per 4 anni capogruppo consigliare della DC dopo aver contribuito alla realizzazione del centro sinistra negli Enti locali milanesi e a livello nazionale stringendo un forte legame di collaborazione con Aldo Moro. Eletto deputato nel 1968, Granelli è stato rieletto nel 1972 e nel 1976 a Montecitorio. Sottosegretario agli Esteri dal '73 al '76 ha organizzato a febbraio 1975 la prima Conferenza Nazionale dell'Emigrazione (discorso di Paolo VI). Membro del Parlamento europeo (con funzioni di capo-delegazione della DC) dal 1976 al 1979, è stato nello stesso periodo responsabile dell'ufficio delle relazioni internazionali della DC. Eletto senatore (Collegio di Cantù) nel 1979 è stato confermato nel collegio-di Vimercate nel 1983 e nel 1987. 11 1983 è anche l'anno dell'entrata nel governo, con il ministero della Ricerca Scientifica. Assunto il dicastero nel I° governo Craxi, lo conserverà nel VI° governo Fanfani; nel successivo governo Goria, del 1987-88 sarà ministro delle Partecipazioni Statali. Dell'attività ministeriale vanno ricordati la costituzione dell'Agenzia spaziale italiana, il decisivo aumento della spesa per la ricerca scientifica, il varo dei piani di settore fra università e industria nei settori strategici della biotecnologia, dell'elettronica e della chimica dei nuovi materiali. Iniziative come l'istituzione del laboratorio per le biotecnologie a Trieste e l'insediamento della macchina per la luce di Sincrotrone affidato alla guida dei premio Nobel Rubbia promuovono una inversione di tendenza rispetto alla "fuga di cervelli" che aveva impoverito per decenni il mondo della ricerca scientifica nazionale. Come ministro delle Partecipazioni Statali Granelli promosse la privatizzazione di Mediobanca e della Lane Rossi; si oppose invece all'accordo ENI-Gardini sul progetto ENIMont che si prospettava nei termini che ne avrebbero causato la crisi e il fallimento.
Dell'attività parlamentare più recente meritano di essere ricordate le battaglie contro la legge Mammì sull'emittenza radiotelevisiva, con particolare riguardo alla condizione di privilegio che si andava delineando - e che ha trovato poi piena conferma nei fatti - per la posizione dominante della FININVEST nei settori della comunicazione e dello sfruttamento delle risorse pubblicitarie. Di grande impegno anche l'iniziativa parlamentare di Luigi Granelli contro la legge sulla droga (SO277) in collegamento con settori importanti del mondo religioso e laico impegnati nell'assistenza e recupero dei tossicodipendenti. Nell'uno e nell'altro caso Granelli assunse posizioni diverse rispetto a quelle ufficiali della DC, ma fece valere la propria autonomia di giudizio e la propria obiezione di coscienza limitatamente alla fase di contributo al dibattito per la definizione dei provvedimenti, rientrando nei limiti della disciplina di partito nelle fasi conclusive del voto e in particolare delle votazioni sulla fiducia al Governo.
La legislatura che si è conclusa nel 1992 ha visto infine il sen. Granelli impegnato a fondo nell'accertamento di verità importanti per il paese e per il ristabilimento della certezza del diritto in seno alla Commissione sul terrorismo e le stragi. E stato inoltre vicepresidente del Senato nei 1992-94, rinunciando alla candidatura al Parlamento nelle elezioni del 1994 per favorire il rinnovamento delle rappresentanze istituzionali. Pacifista da sempre e con coerenza, si è battuto fermamente anche contro la guerra del Kosovo, Infine, anche deluso dalla piega presa recentemente dal PPI, decide nell'ottobre 1999 durante il Congresso di Rimini, di interrompere la sua lunga militanza nel partito e si dimette dal PPI.
Nelle diverse condizioni politiche del lungo arco di anni in cui si è sviluppato l'impegno politico di Luigi Granelli è rilevante il fatto che egli abbia perseguito obiettivi politici ed elaborato analisi culturali fondamentalmente coerenti con l'originaria vocazione e il processo di formazione che hanno caratterizzato i primi anni della sua esperienza di lavoro e di militanza politica. La sua collocazione è stata costantemente nel campo della sinistra, per quanto riguarda sia i rapporti con il partito sia le relazioni tra le forze politiche di diverse ispirazioni. Di qui il forte impegno per le riforme destinate ad assicurare, a più alti livelli di giustizia sociale e di equilibrio di poteri tra pubblico e privato, i rapporti di forza all'interno della Società e delle istituzioni. Un'altra caratteristica che qualifica la personalità di Granelli è l'intensità della partecipazione alla battaglia delle idee, la costante presenza in ogni fase dei dibattito politico, l'imponente attività oratoria e pubblicistica. Da questo punto di vista è possibile affermare che Granelli sia una delle personalità principali a cui si deve riferire chiunque voglia ricostruire le posizioni del cattolicesimo democratico e della sinistra italiana nella storia della Repubblica.
Mario Mauri, dicembre 1999

MAURI MESSAGGI IN BOTTIGLIA

MARIO MAURI –
GRANELLI e i “ MESSAGGI IN BOTTIGLIA”
Luigi Granelli aveva deciso di raccogliere in volume i suoi interventi nel dibattito politico tra il 1994, l'anno in cui aveva scelto di non ripresentare la candidatura al Senato, e la ormai imminente fine del secolo: articoli, note di agenzia, commenti, polemiche, messaggi, testimonianze di idee e sentimenti con cui seguiva l'evolversi della situazione politica. Aveva scelto anche il titolo del libro che ne sarebbe nato: "Messaggi in bottiglia". Era come se volesse affidare al mare magnum del tempo futuro riflessioni che potevano avere nuova vita e rinnovata attualità perché nate da una ispirazione culturale, non legate alle contingenze, ma ad una concezione della vita e della battaglia politica destinata a durare oltre le circostanze in cui si era manifestata. E' emozionante la data della conclusione di quel lavoro: 10 settembre 1999, appena in tempo. La raccolta si era limitata agli scritti del 1994. Mi aveva chiesto di preparare una prefazione, che oggi ripropongo agli amici non solo come documento del legame di amicizia che ebbi la fortuna di avere con Lui, ma anche come una sua biografia in qualche modo "autorizzata".
La lesse e la commentò, anche, in una postfazione a cui affidò il suo pensiero sul secolo al tramonto. "Messaggi in bottiglia" venne pubblicato, postumo, nel febbraio 2000, a Firenze, tra i "Saggi dell'Accademia degli Incolti", sodalizio di antiche origini e di moderne e qualificate attenzioni agli sviluppi della società e della politica, che a quei tempi stampava la rivista "Quarta fase" diretta da Giovanni Galloni. Della presentazione del libro a Milano, venti anni fa, nella sala Cariplo di piazza Belgioioso, con emozionanti interventi di Mino Martinazzoli e Nicola Mancino, è possibile ascoltare la registrazione nell'archivio di Radio Radicale.
Mario Mauri

STINA'

LA SALITA IN CIELO DELL’ONOREVOLE GRANELLI
MERCOLEDI’ 27 NOVEMBRE 2019
L’Onorevole Luigi Granelli è salito in cielo, il 1 .12.1999.Il primo dicembre è il terzo giorno della novena all’Immacolata Concezione, e mancano solo 24 giorni per il Santo Natale, e 30 giorni, per entrare nell’anno 2000, anno giubilare, perché si conclude il secondo millennio dell’Era Cristiana, e si entra nel terzo millennio. Faccio queste considerazioni perché sono molto importanti. Entrare nel terzo millennio dell’Era Cristiana, per i cristiani come noi, significa, che si sta entrando in una fase di sviluppo mentale, capace di comprendere e mettere in pratica il messaggio di Cristo. Tutta la storia ha inizio con la nascita di Cristo. La persecuzione dei cristiani si è protratta fino all’anno 1313, quando, l’Imperatore Costantino, con l’Editto di Milano, proclama il Cristianesimo, religione ufficiale dell’Impero Romano. Le radici della Democrazia Cristiana e della Base della Democrazia Cristiana son la nascita di Gesù. Gesù, poi, ci ha donato un suo figlio prediletto Don Sturzo, che ha fondato il partito popolare Italiano patendo la persecuzione e l’esilio, e da quel Partito Popolare Italiano, è nato anche il Partito Popolare Europeo.
Che tutt’ora è vivo e vegeto. Donna Elena, la madre di Costantino, si reca in terra Santa, e porta molte reliquie di Gesù, in Italia e specialmente a Roma, compresa la Scala Santa, , che i pellegrini e devoti, per penitenza salgono in ginocchio. Si trova in piazza San Giovanni, in Laterano, (uno dei sette colli di Roma, come pure sette sono i re di Roma, sette sono i giorni della settimana, sette sono le note musicali, con le quali si possono comporre e suonare struggenti melodie e sette sono le Virtù Divine le tre Teologali, la Fede, la Speranza, e la Carità, e le quattro Virtù Cardinali, la Giustizia, la Prudenza, la Fortezza e la Temperanza). Questa è l’eredità, che ci ha lasciato, Luigi Granelli, Grazia alla nascita di Gesù. Siamo qui riuniti il 30 novembre 2019, per commemorare la salita in cielo di Luigi Granelli, e mancano solo 25 giorni, per il Santo Natale dell’anno 2019, sono 2019 anni, che ogni anno, Gesù nasce e rinasce nei nostri cuori.
La Commemorazione dei 20 anni della salita in cielo, dell’Onorevole Granelli, che ho avuto il raro privilegio di conoscere personalmente facendo la sua campagna elettorale, con il compianto Antonio Velluto, sia nell’anno 1965, quando si è presentato candidato al Comune di Milano, sia nell’anno 1968, quando si è candidato alla Camera dei Deputati. Questa commemorazione, vuole, anche essere la mia commemorazione, perché, nel febbraio dell’anno 1959, ho incontrato Antonio Velluto nella sede Centrale della Democrazia Cristiana, in via Clerici, al numero cinque. A Febbraio di questo anno straordinario 2019, sono sessant’anni, da quell’incontro. Il rapporto numerico esistente, tra me, Luigi Granelli e Antonio Velluto è: 60: 20 = 3. Questo 3 è molto eloquente, e non ha bisogno di nessun commento.
Ho scritto diversi libri, molto interessanti. Il libro più importante di tutti è: “Meditazioni e Riflessioni sulla presenza di Gesù nella Storia, nell’uomo e nella Natura” PAV Edizioni. Ogni cristiano di tutto il mondo, lo dovrebbe leggere.
Prof. Benito Stinà.

CONTRIBUTI SU LUIGI GRANELLI

LUIGI GRANELLI

Di Gianni Mainini

L'ESEMPLARE INTERPRETE DEGLI IDEALI DEMOCRATICO CRISTIANI

Ho conosciuto Luigi Granelli a Porlezza nell'estate del 1961 ad una settimana di aggiornamento organizzata dalla DC provinciale di Milano. Ne sono rimasto subito affascinato per la capacità oratoria e per la passione profonda dei discorsi: tanto lui era prorompente e trascinante, quanto un altro relatore, Dino del Bo era riservato e professionale.

Poi nonostante le comuni frequentazioni di via Nirone, non ci furono rapporti particolari se non in occasione di convegni e congressi del partito. L'ho rivisto alcune volte ad Inveruno, quando sindaco Marcora tra l'80 e l'83 si accompagnava a lui e a noi dopo le giunte comunali. Ma ho imparato ad apprezzarlo e ad amarlo in seguito, quando nel 1986, con amici come Felice Calcaterra e Saverio Stilo, decidemmo di istituire il Premio Marcora per l'agricoltura.

Luigi fu subito sostenitore dell'iniziativa e ne capì a fondo la portata e la potenzialità: fu grazie ai suoi consigli e alle sue conoscenze che potemmo ampliare l'orizzonte del premio in Europa. Ci accompagnò dovunque, tranne la penultima edizione in Svezia e nell'ultima in Portogallo: e lo scorso 30 ottobre non ha potuto essere presente a Lodi, per la sessione italiana. Nel 1988 grazie al suo impegno radunammo a Inveruno il presidente del consiglio Giovanni Goria, poi i ministri Pandolfi, Galloni, (e lui allora responsabile delle participazioni statali) il presidente della regione Tabacci, della provincia Andreini, della camera di commercio Bassetti nella sala del cinema Brera gremita dentro e fuori di oltre un migliaio di persone. Ma ciò che interessava a lui non era tanto ricordare la figura di Marcora, quanto trasporne l'insegnamento in una cornice ed una prospettiva da contingente a storica: in quanto è stato maestro insuperabile, capace di grandi ed approfondite analisi e sintetiche conclusioni che riconciliavano con la politica e i suoi valori, la sua nobiltà.

Con Marcora, i suoi rapporti sono stati incancellabili, pur tra momenti di idilio e non senza discrepanze, non aveva partecipato nel settembre del 53 al convegno di Belgirate che rappresenta la costituzione della Base, ma si unì al gruppo subito dopo, assumendo la direzione di prospettive, rappresentante della base al congrasso nazionale di Trento del 56 e subito dopo in Direzione Nazionale.

Se Marcora fu la testa l'organizzatore della Base, lui di fatto la voce, l'ispiratore, la mente critica l'idealista, scevro da ogni compromesso.Certamente ne fu la continuazione più valida, senza dubbio la la più duratura in via Mercato, con Felice Calcaterra come sempre insuperato organizzatore e tessitore di rapporti umani oltre che politici, le riunioni degli amici della sinistra della DC continuarono fino al '92/'93.

Fondò i popolari intransigenti, associazione di amici che voleva continuare a difendere gli ideali originari di sturzo, De Gasperi e Moro alla base della esperienza democristiana. Rifiuto sempre l'idea di cambiare nome alla democrazia cristiana, considerando valida la storia e l'ispirazione ideale che l'avevano costituita, e solo colpevoli quelli che ne avevano infangato il nome ma non le migliaia di sezioni, segretari, iscritti, attivisti ... che per questo partito avevano dato tutto: ricordo il suo intervento a questo proposito al congresso provinciale di Sesto San giovanni, quando fu eletto Livio Tamberi. Credo fosse sua, fin da allora e certamente nel prosieguo di tempo, la proposta di affidare lo Scudo Crociato ad una fondazione, per sottrarlo a utilizzi strumentali. Nel 1995 Gerardo bianco lo chiamò alla segreteria provinciale del partito milanese, dopo la scissione dopo la scissione coi CDU, per riorganizzare il rinato PPI fu una stagione di fervore ed impegno, nella quale mi vuole al suo fianco come tesoriere, e che portò al congresso del ottobre 1996 con l'elezione di Farinone.

Ho ammirato in quei giorni la sua capacità, lui era Ministro, Vicepresidente del Senato, membro della direzione Nazionale, di adoperarsi con umiltà negli impegni più semplici, disponibile a tutti i livelli dove il partito, la direzione e la periferia lo chiamavano, con tanto con tanta modestia. Aveva rifiutato di candidarsi alle elezioni politiche del 1996 quando lo aspettava una probabile Presidenza del Senato,volendo lasciare spazio al rinnovamento. L'ultimo intervento pubblico al Congresso di Rimini è materia di cronaca: la sua posizione critica verso le scelte del partito era quella non di un censore, ma di un padre preoccupato per la salute della sua creatura.

È stato il suo canto del cigno, il suo ultimo sforzo e l'impegno pubblico; poi siamo tornati assieme: abbiamo visitato la domenica mattina il paese e la Rocca di San Leo; abbiamo pranzato in un delizioso ristorante a Verucchio e siamo tornati a Milano nel tardo pomeriggio. Sensazioni, sentimenti, atmosfere, luoghi, che ricorderò a lungo. Luigi era sereno anche se affaticato. L’ho canzonato un po’ perché nella salita della alla chiesa romanica di San Leo si attardava. Di rimando e con una punta di celata tristezza, mi diceva:”E tu pensa che io scalavo le montagne senza fermarmi, da ragazzo ho fatto il tornitore all’ Italsider di Lovere e di arrivavo d’inverno gelato in bicicletta senza patire e ansimare e adesso …”

Mi dispiace infine che io abbia potuto vedere la rettifica apparsa ieri su La Repubblica, a pubblicità della sentenza di condanna per diffamazione contro i giornale per un articolo pubblicato l’uno novembre 1995 the Nigra Torio nel suoi confronti ci teneva tanto! Concludo piangendo un amico oltre che un maestro, con le parole preparate per la sua commemorazione come partito provinciale: ricordo nella sua limpida figura le esemplare interprete del’l ideale Democratico cristiano, animatore della vita politica Nazionale e Lombarda, segretario provinciale del rinato PPI Milanese, parlamentare Nazionale europeo, ministro della Repubblica, dirigente Nazionale della democrazia cristiana e testimone appassionato dei valori del cattolicesimo Democratico. mancherà ai popolari tutti la sua guida sicura, la capacità di analisi, l'esemplare rigore morale .

LUIGI GRANELLI COMMEMORATO ALL’ISTITUTO STURZO NEL VENTESIMO ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA

Il Circolo Marcora di Milano , da quindici anni luogo di incontro, riflessione, dibattito tra quanti hanno fatto l'esperienza della sinistra democristiana di Base, saluta il completamento della pubblicazione digitale ( http://www.luigigranelli.it/ ) dei discorsi e degli scritti di Luigi Granelli un avvenimento culturale di grande importanza.
La presenza del Capo dello Stato al convegno di presentazione del grande lavoro compiuto dall'Istituto Sturzo rappresenta inoltre un adeguato riconoscimento dei meriti personali e politici dell'amico che ci manca ormai da vent'anni e che, anche grazie alla nuova e moderna fonte di accesso al suo pensiero e alla conoscenza delle battaglie da Lui combattute, non solo è parte della storia del Paese, ma anche fonte accessibile e diffusa di ispirazione per una iniziativa politica che si proponga il recupero e la realizzazione dei valori che hanno animato la presenza della sinistra politica di ispirazione cristiana nella seconda parte del Novecento.
Il Circolo Marcora partecipa all'avvenimento con la consapevolezza di quanti hanno vissuto nella propria esperienza di vita, nella varietà dei ruoli di dirigenti o semplici militanti, i fatti, le scelte, le emozioni, gli entusiasmi, le delusioni, le ansie, le speranze che Luigi Granelli con la straordinaria efficacia della sua oratoria e la lucida, limpida prosa dei suoi innumerevoli interventi seppe raccontare e valutare. Di tale consapevolezza, nel momento in cui partecipiamo personalmente o idealmente all'avvenimento romano in attesa di riproporne il significato nel ricordo del ventesimo anniversario della morte di Luigi, fa parte la constatazione che il riconoscimento dei meriti personali di tanti amici del nostro passato va di pari passo con la constatazione del tramonto o dell'oscuramento delle forme organizzate di presenza nel paese del sistema di valori e degli ideali politici di cui essi sono stati fondatori, sostenitori e interpreti.
Certo: in parte la sopravvenuta irrilevanza della presenza cattolico democratica nella cultura politica italiana è dovuta alle profonde modificazioni intervenute a seguito della modificazione dei rapporti di forza e di relazioni interculturali a livello internazionale, a seguito della accentuata secolarizzazione della società italiana e della maturazione di nuovi equilibri tra mondo cattolico e società italiana, a seguito, ancora, della trasformazione tecnologica dei processi di informazione e comunicazione, della moltiplicazione delle fonti di diffusione delle notizie e, conseguentemente, dei giudizi sulla loro attendibilità e coincidenza con i propri interessi. Ma l'abbandono, rapido e massiccio, delle proposte politiche che furono nostre da parte di interi settori territoriali o d'opinione del Paese è verosimilmente, anche se solo in parte, connesso con la realtà socio economica e istituzionale gestita nel Paese rispetto a quella che speranze e impegni avevano fatto sperare: le classi dirigenti pur complessivamente responsabili e efficienti espresse dal partito di ispirazione cristiana gestirono uno stato diverso da quello immaginato dalla cultura cattolico democratica.
Si pensi alle aspirazioni deluse verso una realizzata giustizia sociale o al ridimensionamento delle regioni da autentiche sedi di autonomie locali ad articolazione periferica dello stato centralista. E' questo uno dei nodi del ragionamento sul troppo rapido tramonto della capacità rappresentativa a livello popolare delle politiche democristiane. La pubblicistica di Luigi Granelli fu, su questo punto, della coerenza tra programmi politici e impegno ideale, pur nella avversione a ogni tipo di integralismo, piena di richiami.
E' forse su questo punto che può essere attuale l'invito a rileggere scritti e discorsi di chi molti di noi hanno considerato e oggi rimpiangono, "il maestro".
Mario Mauri

RICORDO DI LUIGI GRANELLI

Trascrizione, con gli aggiustamenti necessari per il testo scritto di Virginio Rognoni, del discorso pronunciato a Binasco il 1 dicembre 2001 nel secondo anniversario della morte, dopo le parole introduttive di Mariolino Mauri e Pierluigi Castagnetti.

Luigi ci manca molto, manca il suo giudizio, manca il suo gesto; ricordarlo a voi che l'avete seguito, apprezzato, che l'avete amato, che giusto ne sentite amaramente la mancanza sembra inutile. Ma, di questi tempi, urgente è il bisogno della memoria collettiva, del ricor¬do di quanti sono stati testimoni di esemplare storia civile e politica. Far vivere, dunque, e organizzare la memoria collettiva. Ma ricordi personali urgono in ciascuno di noi e io ne ho moltissimi.
C'è stato un momento in cui Luigi ed io, a Roma, dividevamo due stanze in Via dei Coronari - dal '74 al '76 - così piccole che quando arrivava Adriana bisognava fare un po' di ginnastica per consentirle il passaggio. Ricordi struggenti che si riassumono, alla fine, in quelle tre giornate forti che abbiamo vissuto insieme a Rimini. Anche qui con Adriana, con il sindaco di Inveruno Mainini. Già si vedeva l'amico di¬strutto; c'era il taxi che ci aspettava per andare al Congresso, Luigi che non scendeva dalla camera e da lì a poco eccolo nella hall dell'alber¬go; e quello sguardo di Adriana che diceva tutto e non diceva nulla; Luigi, con la sua forza, con la discrezione e il pudore della sua malattia. Tutte cose che, per tanti versi, abbiamo conosciuto dopo. Nella vasta sala del Congresso eravamo vicini; ascoltava e prendeva appunti, come era solito fare, rileggeva il discorso che avrebbe tenuto.
Un Congresso difficile, quello di Rimini; c'era stato un Consiglio Nazionale in luglio e lì, non molti per la verità - ed io e Luigi erava¬mo tra questi - pensavano di arrivare subito ad una serie di cambia¬menti duri, dopo una vicenda elettorale - quella regionale - addirittura disastrosa. Molti si domandavano se Martinazzoli sarebbe venuto o se avrebbe continuato il suo corrucciato Aventino; curiosità legitti¬ma, ma anche irritante e futile rispetto alle cose severissime che da lì a poco il Congresso avrebbe sentito da Granelli. Non a caso le prime parole del mio intervento, poco dopo quello di Luigi, furono pressap¬poco queste: "Non l'assenza di Martinazzoli darà il segno a questo Congresso, ma il discorso di Granelli che tutti abbiamo ascoltato".
Grande oratore, Luigi; analista rigoroso, sapeva essere però an¬che appassionato tribuno: tribuno quanto era giusto esserlo in qual¬siasi assemblea. Come non ricordare quando ci si chiedeva: "Luigi ha già parlato? Deve ancora parlare?" Nessuno voleva mai perdere il suo intervento. Ma era un politico esigente e rigoroso anche verso se stesso, informatissimo. Io sono stato al Governo con lui per poco - dal giugno '86 al giugno '87 -. Lui era ministro della Ricerca Scien¬tifica; arrivava al Consiglio con alle spalle una lettura attenta dei dossier; non soltanto dei dossier del suo Ministero, ma anche di tutti quelli che stavano all'ordine del giorno. Così era Luigi. A Rimini esplo¬de ancora una volta innanzitutto la sua forza morale; alza la frusta sul Congresso e lo sferza, impietoso. Lui, e non altri o più di altri, poteva dare una frustata del genere; la sua dirittura e consistenza morale gli riconoscevano questo diritto.
Io l'ho conosciuto nei primi anni '50 quando mi arrivava a Pavia un giornaletto, "La Base", da Milano, da via Cosimo del Fante. "Chi sono questi amici che dicono cose che con meno pigrizia potrei scrivere io? Chi sono? Io mi riconosco in questa cultura, in queste cose che dicono". Nasce così l'amicizia con Luigi, con Marcora e con tanti altri che vedo qui in sala.
L'incontro con "La Base" avviene in questo modo. A proposito della "Base": sono d'accordo con Castagnetti. "La Base" è stata importante nella storia della Democrazia Cristiana. Il partito Popolare di Sturzo, nel primo dopoguerra, era molto più laico di quanto non sia stata la Democrazia Cristiana nel secondo e per una serie di ragioni che sarebbe troppo lungo qui ricordare. Ma fra tutte le correnti interne alla Dc - ecco il rilievo di Castagnetti su cui sono del tutto d'accordo - la "Base" è stata certamente quella che più si è spesa per la laicità della politica; una laicità da guadagnarsi giorno dopo giorno, in mezzo a tutte quelle difficoltà che la dura contrapposizione con il Pci continuamente poneva nel mondo cattolico. E con la laicità la "Base" - non a caso - fu la corrente più incline al dialogo con gli altri partiti, la corrente meno esposta alla tentazione dell'integralismo.
Nel conflitto De Gasperi-Dossetti nel '48 circa l'interpretazione e l'utilizzo del voto del 18 aprile la Base stava con De Gasperi. "Abbiamo la maggioranza assoluta, facciamo da soli; proponiamo e realizziamo il nostro programma": così, per rapidissimi riferimenti, Dossetti. "No, c'è una questione democratica aperta che impone, per il consolidamento della Repubblica, la collaborazione con i partiti di democrazia laica; attraverso questa collaborazione, potrebbe, tra l'altro, trovare definitiva soluzione, dopo la parentesi fascista, la stessa "questione cattolica", retaggio di una particolare storia civile e politica dei cattolici italiani": così De Gasperi, sempre per rapidissimi cenni. E noi, che, più tardi, ci saremmo riconosciuti nella "Base", eravamo con De Gasperi. In ogni caso il giudizio della "Base" su quel passaggio delicatissimo è stato certamente a favore della scelta degasperiana. Tuttavia (ecco il "tuttavia" di Castagnetti e un altro suo rilievo importante che condivido) negli ultimi anni Luigi ha una particolare attenzione per Dossetti; una attenzione che nasce in particolare quando Dossetti pone il problema della difesa della Costituzione e Granelli ha già costituito l'Associazione dei "popolari intransigenti".
Ricordo bene Dossetti, con quel saio straordinario e bellissimo, a Milano; ancora una volta io ero vicino a Luigi e insieme lo ascoltavamo mentre rovesciava la sua indignazione nei confronti del tentativo, tutt'altro che immaginario, di "rovinare" la prima parte della Costituzione. Era il famoso discorso della "Sentinella quanto rimane della notte?'' Sarà anche per questa ostinata difesa della Costituzione; sarà anche per gli eventi di guerra ancora in molte parti del mondo. C'era stata la guerra del Golfo e poi c'erano i fatti tragici nella ex Jugosla¬via e tutti ricordiamo la profonda riflessione di Dossetti sul secondo conflitto mondiale come "un evento enorme del quale nessun uomo che oggi viva o solo nasca oggi, può o potrà attenuare le dimensioni, qualunque idea se ne faccia e con qualunque animo lo scruti". Sarà anche per questa dossettiana esecrazione della guerra ed esaltazio¬ne della pace - posti come valori di fondo della stessa Costituzione - che Luigi si sente subito in sintonia con il "grande monaco", il vecchio combattente di "Cronache sociali". Dei resto abbiamo anco¬ra ben presenti le riserve e la denuncia rigorosa di Luigi sul contrad¬dittorio impiego della forza per interventi c.d. umanitari, soprattutto quando l'intervento dello strumento militare non abbia la copertura dell'ONU, purtroppo metafora sbiadita dei " governo" del mondo.
Grandissima è stata la passione politica di Luigi; lo sappiamo tutti. Egli e non sono affatto retorico - è un po' la cifra - del movimento dei cattolici democratici come oggi lo si può ripensare dentro l'arco del secolo che appena si è chiuso.
È davvero straordinario l'intrec¬cio della sua cultura e del suo impegno con la storia del movimento dei cattolici democratici; non saprei proprio vedere Granelli in un contesto diverso, tanto si è immedesimato in quella storia. Il lungo e travagliato processo di unificazione del Paese, e all'interno di questo processo, il rifiuto e, via via, l'adesione dei cattolici e così l'Opera dei Congressi, gli intransigenti, Romolo Murri, lo straordinario lavoro di Sturzo, il partito Popolare, l'antifascismo, la Resistenza, la "questione comunista" come "questione democratica" da risolversi attraverso la pratica della libertà e il progressivo allargamento della base demo¬cratica del Paese. Luigi, con tutta la sua passione e la sua intelligenza, è dentro questa storia. L'ha vissuta quasi fosse contemporaneo di tutti gli eventi che si sono succeduti. Ed è per questo che da lui è venuta e viene una lezione per tutti, anche di metodo. Se fosse qui ci spingerebbe in avanti o farebbe di tutto per trattenerci da errori e mediocrità; soprattutto ci direbbe: "rifletti in tutta libertà sul tuo impegno politico e poi fa quello che ti senti di fare"; questo ci direb¬be Luigi.
Io ho riflettuto a lungo quando ho saputo della "Associazione dei popolari intransigenti" e mi sono domandato la ragione di quell'aggettivo. Ricordo una riunione a San Giuliano Milanese; perché intransigenti? Mi sembrava un improvviso salto all'indietro, ma, alla fine, mi era facile rimuovere la perplessità che ancora oggi possono esserci pensando, come ci ha detto Castagnettí, che intransigente era proprio lui, Luigi; intransigente verso se stesso prima ancora che verso gli altri, in un momento in cui ogni cosa sembra essere regola¬ta dalla compromissione e dal relativismo. Ma l'intransigenza di Luigi verso se stesso è intrigante e coinvolgente verso ognuno di noi.
Oggi il momento sembra difficile perché pare che una storia si concluda. Voi sapete come me che i partiti nascono come nascono, stilla voglia di libertà, sulla spinta di indignazioni profonde, di inte¬ressi particolari; per volontà di uomini forti. La storia dei cattolici nel nostro Paese sarebbe completamente diversa se non ci fosse stato il pensiero e l'azione di Sturzo. Mia i partiti politici possono anche de¬perire, dissipare ii loro patrimonio e morire. Gli elettori possono chiudere anche stagioni esaltanti. Non dobbiamo chiudere gli occhi, arrestarci di fronte a questa realtà, amarissima fin che si vuole, però una realtà che è nelle cose. Pensiamo, per esempio, per quanto riguarda il nostro Paese, a cosa è stato il partito d'Azione per la cultura politica italiana; il partito d'Azione che affondava le sue origini nelle vicende risorgimentali, che aveva come custodi e promotori uomini di grande temperamento come -Calamandrei e tanti altri; il partito d'Azione è un po' il partito delle mie emozioni giovanili e non solo. A questo proposito permettetemi il ricordo di una mia "battuta", assolutamente disinvolta, in risposta ad un giudizio di Forlani sul partito d'Azione: "almeno la Dc potesse essere una sorta di partito d'Azione di massa!" E, in verità, c'era una borghesia italiana non cat¬tolica, non credente, laica, un ceto intellettuale, di operatori nel cam¬po delle professioni che stava nel partito d'Azione come nel partito Repubblicano alla quale guardava anche De Gasperi con grande in¬tuizione e intelligenza politica, sulla base di un comune convinci¬mento di anticomunismo democratico. Ma questo partito, nonostan¬te tutto, muore, scompare e la sua classe dirigente si disperde: chi va nel partito Socialista: De Martino, Riccardo Lombardi, chi nel partito Repubblicano: Parri, La Malfa, Valiani. Un partito, insomma, nasce ma può anche morire e la storia va avanti e il Paese e la democrazia hanno sempre bisogno di partecipazione e di cure.
Oggi noi viviamo un momento di grande difficoltà. Una stagione - lo ripeto - sembra chiudersi e così l'organizzazione, se non pro¬prio il significato, di una lunga esperienza. Ci viene proposto, con la nascita della Margherita e lo scioglimento del PPI un balzo in avanti che, per alcuni, è un salto nel buio e per altri addirittura un salto all'indietro.
Ad apertura di ogni scritto più recente di Luigi, ad apertura del suo ultimo discorso - quello di Rimini, per esempio - e in una qual¬siasi pagina di questo preziosissimo volumetto, "Messaggi in botti-glia", noi vediamo la preoccupazione di Luigi.
"Non possiamo svendere le nostre buone ragioni", egli ci ammoniva; le ragioni della Dc perché la Dc è una cosa seria. Volevo dire partito Popolare; mi è sfuggito il nome della Dc e allora consentitemi, per inciso, di ricor¬dare la battaglia che Granelli ha fatto per la difesa del nome e del simbolo; una battaglia straordinaria. Io ho condiviso l'opinione pre-valente che si dovesse cambiare il nome, che fosse opportuno fare così e non capivo l'ostinazione e la caparbietà di Luigi nel difendere il nome. Tuttavia oggi gli darei ragione e non so come sarebbe andata la storia di questo Paese, se fosse prevalsa la sua opinione. Forse avremmo dovuto, mentre si segnava una sottolineata discontinuità rispetto a un certo passato, organizzare meglio ciò che doveva essere assolutamente conservato, di fronte ad una svolta della politica che faceva scomparire addirittura la storia. Forse il mantenimento del nome avrebbe aiutato questa doverosa conservazione. Errore di uomini, certamente, condizionamenti, anche, ma le cose sono anda¬te come sappiamo.
La preoccupazione di Luigi era molto forte. "Le nostre buone ragioni": un monito pesante con il quale ognuno si doveva e si deve misurare.
Io dirò francamente la mia opinione, che è poi l'unico modo serio per onorare la sua memoria.
La laicità dell'impegno politico di Granelli è sempre stata fuori discussione e così l'apertura al dialogo con le altre forze politiche. Ma oggi, con la scelta che abbiamo di fronte (Ulivo, Margherita, PPI), dobbiamo fare decisamente un passo in avanti. Torna, qui, la rifles¬sione su quella fase del movimento cattolico caratterizzata - siamo agli inizi del secolo - come il periodo della "intransigenza". Bene, l'intransigenza - vado per brevissimi cenni - è servita ai cattolici, sostanzialmente estranei al processo di unità del Paese e dispersi (per dirla con lo stesso Granelli) "in mille rivoli", perché comincias¬sero ad avere coscienza di sé e visibilità in campo sociale e civile. I cattolici entro un loro "movimento", articolato fin che si vuole, ma ricco di tensioni unitarie, cominciano ad essere una realtà. C'era la questione romana, c'era in non expedit, c'era la fedeltà alla Chiesa, ma, progressivamente, si affacciavano anche sentimenti di lealtà e di adesione allo Stato. Cominciava a proporsi, quantomeno in campo sociale, il "mondo cattolico", nelle sue coerenze e nella sua identità.
Sturzo utilizza questo "contenitore" come strumento e veicolo della sua battaglia civile e, in prospettiva, decisamente politica. Il popolarismo come filosofia, come metodo e pratica politica, centra¬to sulla libertà e autonomia della persona, trova un formidabile sup¬porto nella fitta trama delle organizzazioni sociali a cui i cattolici, per via del non expedit si erano proficuamente dedicati. Sturzo pone, se così si può dire, questo suo "popolarismo" sulle spalle dei cattolici ai quali offre, alla fine, a seguito di un lento processo di avvicinamen¬to, un partito: il partito Popolare. Non solo il popolarismo, ma anche il partito Popolare sono scenario e strumento per tutti gli italiani: ma, di fatto, sono i cattolici, i cattolici democratici che se ne impa¬droniscono anche per la dichiarata ispirazione religiosa che sta alla base del movimento e, per contro, a causa del "laicismo imperante" che caratterizza le formazioni liberali dell'epoca e i loro gruppi dirigenti. Anche se laico e aconfessionale, l'ispirazione religiosa del par¬tito chiama a raccolta i cattolici (e, infatti, si è parlato non di un partito dei cattolici, ma di un partito di cattolici). Essi trovano nel partito sia uno strumento dì difesa contro quello che ho chiamato il "laicismo imperante" dei gruppi dirigenti dell'epoca, sia lo strumen¬to per un progressivo dialogo, a pari dignità, con gli stessi gruppi e con tutte le forze politiche presenti nello scenario del Paese.
Non solo, il partito per i cattolici che rispondono all'appello di Sturzo è anche, se non soprattutto, strumento di riscatto di una loro condizione periferica rispetto alla vicenda nazionale. È il definitivo superamento della filosofia del "patto Gentiloni". Non in politica a supporto di altri, ma in politica con la propria identità, la propria storia e le proprie idee. In molte pagine di Sturzo c'è questo richia-mo al ruolo del partito come strumento di "riscatto” dei cattolici: il popolarismo, da un lato, cioè la proposta politica, e il partito Popola¬re come veicolo di questa politica e garante della lealtà e della pre¬senza autonoma dei cattolici nella vita dello Stato. Se questo, per tratti rapidissimi, è il quadro di un passato non tanto remoto, per tanti aspetti continuato fino a ieri a causa della "guerra fredda" e della contrapposizione fra Dc e Pci, occorre domandarci se le cose, che sono decisamente cambiate - come tutti riconoscono - non abbiano anche cambiato il "mondo cattolico" e la sua proiezione politica. La domanda è addirittura retorica tanto è persuasiva e netta, per tutti, la risposta affermativa. L'unità politica dei cattolici - che per vero mai è stata una “obbligazione", ma piuttosto una naturale convergenza ed espressione del "mondo cattolico" dopo la scomparsa della Dc non esiste più. Cattolici come tali o nella loro versione di ex democristiani sono un po' dovunque e sono un po' dovunque perché il "mondo cattolico", nello scenario del Paese, non è più, come una volta, un "giacimento" politico unitario o quasi, non ci sono più le condizioni per una naturale e consensuale convergenza. Ma nella diaspora dei democristiani, noi cattolici popolari siamo gli eredi più attendibili di Sturzo, De Gasperi e Moro: non c'è dubbio. Ed è per questo che lo scioglimento del PPI e la sua confluenza nella Margherita (pur con tutte le possibili iniziative idonee a non disperdere le nostre radici) ha posto dei problemi come non poteva non accadere per chi ha sulle spalle un patrimonio e una tradizione di grande significato e valore. Sappiamo quale è la questione di fondo ed è inutile a questo punto cercare di sottrarvisi: la Margherita come federazione di partiti all'interno della coalizione dell'Ulivo o, sempre all'interno della coalizione, la Margherita come soggetto politico unico? Conosciamo le opinioni di Luigi anche se al Congresso di Rimini, dove egli fece il suo ultimo intervento, la questione non era così netta, anche se lo era in prospettiva. Luigi, a Rimini, ci ammoniva: "abbandonate la tentazione di dissolvere il partito in eterogenee e opportunistiche federazioni di centro"; "non serve - diceva - nascondersi in un partito unico o in un blocco elettorale senza rispetto delle diversità". Qui io dissentivo da lui. "Il popolarismo dissi dalla stessa tribuna di Rimini - è una politica, il partito Popolare uno strumento; il popolarismo va oltre il partito Popolare; le diversità non necessariamente richiamano altrettanti partiti; specie in regime elettorale maggioritario le diversità possono comporsi e proficuamente "con taminarsi" nella stessa formazione politica. In un momento nel quale i suoi principi, i suoi obiettivi e i suoi metodi sono condivisi ben oltre l'area dei cattolici democratici è un errore rinchiudere il popolarismo nel partito Popolare, che storicamente è visto e perce¬pito come espressione di questa area esclusiva".
Come si vede, i temi e le questioni che sono dentro il dibattito che oggi c'è nel partito, alla vigilia del suo Congresso e di quello della Margherita, c'erano già, in qualche modo, nel dibattito congressuale di due anni fa. Certo il processo verso una aggregazio¬ne delle forze riformiste cattoliche, liberaldemocratiche e ambientaliste a cui dare una soggettività politica unitaria si è accele-rato. Ci sono ancora, però, resistenze, alcune delle quali mi pare di poterle ricondurre alla riluttanza di accettare, nella prospettiva di un partito unico, quadri dirigenti che non abbiano alle spalle gli stes-si percorsi tipici e tradizionali del "mondo cattolico". È questa rilut¬tanza segno di un confessionalismo residuale? Forse; ecco perché dicevo che occorre fare un passo in avanti e superare definitivamente, anche nei comportamenti e nei gesti, come dire, la "categoria catto¬lica" in politica.
Nessuno si nasconde le difficoltà e le incertezze del momento; certamente non se le nascondeva Granelli. Rispetto al processo co¬stituente verso un nuovo soggetto politico, Luigi è stato addirittura sferzante al Congresso di Rimini.
La sua resistenza a questo processo non era certamente una sorta di "egoismo ideologico di partito", ma piuttosto il rifiuto di accettare una decisione e un "salto" che, per tanti aspetti, egli vedeva come un risultato che veniva da lontano; il risultato di una serie di errori, di mediocrità, di occasioni mancate, di lassismo; per di più una serie di fatti su cui sempre aveva esercitato una critica severissima, molte volte inascoltata e considerata addirit¬tura fastidiosa. Egli non accettava che si dovesse, d'ora in poi, agire politicamente con uno strumento partito) diverso da quello che si era praticamente consumato, a suo giudizio, per debolezza ed igna¬via di una classe dirigente. Un rifiuto di grande nobiltà, anche dram¬matico per la scelta da lui maturata, e manifestata al Congresso, dì considerare irrevocabilmente conclusa la sua militanza nel PPI. L'uomo politico intrecciato in mille modi con uomini, cose, vicende di partito che si fa solitario per meglio difendere, nella situazione data, come egli disse," i valori del cattolicesimo democratico, le conquiste della Costituzione, una visione di grande respiro dei rapporti a sinistra". E non manca, anche qui, la battuta ironica che gli era consueta: "già una volta Martinazzoli ha sciolto senza alcun Congresso la Dc cui avevo aderito e mi sono trovato, dopo le speranze sturziane dell'inizio, con Bottiglione segretario". Ecco Luigi; quasi il segno delle cose virtuose che dovevano accadere e che, contro di lui, non sono accadute.
Ci manca e ci mancherà molto, ma, oltre ai ricordi, numerosissimi sono gli scritti che ci ha lasciato sui quali possiamo tornare a pensare e riflettere. Il patrimonio dei suoi scritti, dei suoi appunti, delle sue riflessioni è veramente straordinario. Ha lavorato fino all'ultimo con impegno e grandissima generosità; come abbia fatto non lo so.
Ha ragione suo figlio. L'anno scorso, nel primo anniversario della sua scomparsa, Andrea, richiesto di dare una testimonianza, ha detto cose bellissime, ed era naturale perché bellissimo è stato il clima, il quadro della famiglia, il rapporto fra genitori e figlio che Andrea aveva vissuto e sentiva dentro cli sé. Ha parlato del padre lontano per i suoi impegni, ma insieme vicinissimo; del padre che egli, Andrea, scopre sempre di più con il passare del tempo. Ha ricordato l'episodio dell'aereo dirottato e lui, uomo di governo, offertosi come ostaggio.
Andrea non aveva capito quel gesto; più tardi l'avrebbe compreso come gesto esemplare, fuori da ogni retorica. "Io da ragazzo vedevo mio padre sempre con i giornali in mano". Così la testimonianza di Andrea, schegge di ricordi della sua infanzia e della sua giovinezza. Certo Luigi non ha sprecato un momento della sua vita, sorretto sempre da una vivacissima curiosità. E proprio per questo, alla sua intelligenza naturale, si è accompagnata una solida cultura.
Granelli ministro della Ricerca Scientifica. Io sono testimone di una confidenza che mi fece una volta Arturo Falaschi, uno scienziato di primissimo ordine a livello internazionale: "Luigi è stato il miglior ministro della Ricerca Scientifica che abbia mal avuto questo Paese; i suoi anni al Ministero sono stati anni di grande lavoro e di grandi iniziative". L'estate dell'83, la ricordo bene. Io lascio il governo e in quello nuovo - gabinetto Craxi - entrano, tra gli altri, Granelli e Martinazzoli. Credevo che Luigi aspirasse al Ministero del Lavoro o a qualche ministero economico e invece: ministro della Ricerca Scien¬tifica, il più grande ministro della Ricerca Scientifica; straordinario. E badate, come ministro della Ricerca Scientifica, Luigi ha detto alcu¬ne cose sul rapporto fra cattolici e laici, sulla posizione che i cattoli¬ci devono avere nei confronti della ricerca scientifica di notevole rilevanza. Già allora c'era un'inquietudine nel mondo della scienza che Luigi ha subito sottolineato con grande sensibilità. Un'inquietu¬dine tra gli uomini di scienza che impone molta umiltà in tutti e, così, la ricerca, senza pregiudiziali ideologiche, diventa ricerca co¬n-lune fra laici e cattolici anche nel delicatissimo campo della bioetica. Anche qui gli steccati non contano più.
Così era fatto Luigi. Le sue curiosità intellettuali sono state diver¬sissime e sorprendenti. I suoi “Messaggi in bottiglia" (la raccolta di alcuni suoi interventi del '94) hanno una postfazione, forse il suo ultimo scritto. Bene, quelle poche pagine così intense e forti, quasi un dialogo a distanza con il filosofo Mario Tronti, sono lo specchio di Luigi; uomo colto, intelligente, umanissimo.