PROGRAMMA
Nel 20° anniversario della morte di Luigi Granelli il Centro Studi Marcora organizza un convegno
di commemorazione che ne renda viva la testimonianza riproponendo l’attualità dei suoi valori.
I cattolici democratici oggi nell’eredità di Luigi Granelli
Milano Sabato 30 novembre 2019 ore 10,00
Comune di Milano , Palazzo Marino - Sala dell’Orologio
Ore 10,00 Saluti dell’Amministrazione Comunale di Milano
Introduzione : Gianni Mainini
Ore 10,15 Chiara Mattesini : Granelli da consigliere comunale all’impegno politico nazionale
Ore 10 ,30 Anna Scavuzzo vicesindaco di Milano : i giovani cattolici democratici nelle Istituzioni
Ore 11, 00 Filippo Coppola ,neolaureato con una tesi su “ La corrente di Base nel Milanese”
Luigi Granelli :la voce
Ore 11,30 Proiezione filmato:” L’ultimo discorso “ a cura di Francesco e Giacomo Gatti
Ore 12, 00 Pierluigi Castagnetti : il cattolicesimo democratico nella prospettiva odierna come eredità
sempre attuale di Granelli
Ore 12,30 Virginio Rognoni : Granelli ,i cattolici democratici tra passato e futuro
CRONACA DEL CONVEGNO DEL 30.11.2019
La bellissima e accogliente sala dell’orologio al primo piano di Palazzo Marino comincia a riempirsi di gente ben prima dell’inizio della cerimonia.
Alle 10,15 quando inizia il convegno per la celebrazione del 20° anniversario della morte di luigi Granelli il locale è stracolmo : 55 persone a sedere ,almeno il doppio in piedi.
Palazzo Marino è stato scelto perché Granelli esordisce come consigliere comunale e capogruppo DC dal 1965 al 1969 e quindi il luogo del suo primo esordio come rappresentante in consessi istituzionali.
Sono presenti tra gli altri
Roberto Mazzotta, Bruno Tabacci ,Piero Bassetti, Gilberto Bonalumi , Patrizia Toia ,Mariapia Garavaglia, Giuseppe Torchio ,Enrico Farinone, Emanuela Bajo, Nadir Tedeschi ,Arturo Bodini, Cesare Grampa, Alberto Fossati, Alberto Marini , Colombo Ambrogio, Mario Bassani ,Tiziano Garbo, Vittorio Arrigoni, Sandro Cantù , Vincenzo Ortolina, Mario Villa , Gianni Dincao ,Michele Pellegrino, Antonio Ballarin, Fausto Benzi, Franco Franzoni, ,Mario Mauri, Sergio Cazzaniga, Francesco Rivolta , Luciano Corradini , Alberto Varisco, Nerina Agazzi , Gianni Locatelli ,Remo Scherini, Luca,Barbara e Simone Marcora ,Giorgio Ferrario ,Paolo Rossetti, Lino Pogliaghi, Ernesto Cattaneo, Paolo Razzano , Vinicio Peluffo ,Giampiero Lecchi ,Alberto Mattioli, Giovanni Bottari , Cesare Grampa ,Adriana, Andrea e Rita Granelli ,Luisa e Alessandro Calcaterra ,Bandino Calcaterra, Carlo Calcaterra ,Francesco e Giacomo Gatti, Renato Ferrario, Fausto Binaghi ,Benito e Giuseppe Stinà, Fabrizio Carrera, Enzo Balboni ,Romy Gambirasio, Sara Bettinelli.
Relatori: Mainini ,Mattesini ,Scavuzzo, Castagnetti, Rognoni ( e Bassetti).
Gianni Mainini introduce il tema dell’incontro, spiegando il motivo della scelta del tema relativa alla presenza dei cattolici popolari nella società come eredità dell’insegnamento messaggio e della storia politica di Granelli.
In apertura legge il testo di un messaggio dell’arcivescovo di Milano mons. Mario Delpini che afferma che il dovere della memoria è anche un esercizio di politica: “sono valori validi e necessari ancora oggi l’onestà, la lucidità, il garbo ,la passione e la concentrazione con cui Luigi visse la sua testimonianza politica”
Chiara Mattesini ha ripercorso le tappe dell’impegno di Granelli in consiglio comunale ,essendo studiosa e cultrice della storia della Base e avendo anche pubblicato un fascicolo su Granelli in comune a Milano.
La vicesindaco Anna Scavuzzo, partendo dalla sua esperienza nel mondo dello scoutismo e del volontariato , ha voluto rimarcare l’importanza di motivare i giovani all’impegno politico.
Ha riferito sul ruolo di Granelli, definito plasticamente “la voce” e il suo ruolo all’interno della Base , Filippo Coppola, neolaureato con una tesi “La corrente di Base nel Milanese”.
Quindi la proiezione del filmato “l’ultimo discorso” a cura di Francesco e Giacomo Gatti, che ripercorre l’intervento di Luigi al congresso di Rimini del settembre 1999 ,quando si dimise dal Partito Popolare, inframmezzato con interventi e considerazioni di Chiarante ,De Rosa, Calcaterra, Capuani, Rognoni .
Pierluigi Castagnetti, eletto segretario del PPI nello stesso congresso, ha sottolineato con grande pathos l’eredità di Granelli in una politica che ha smarrito il senso del servizio, dell’impegno, dello studio e della coerenza di testimonianza e di vita.
Virginio Rognoni ha delineato quali potranno essere gli impegni futuri ,se non vogliono essere solo testimonianza, dei cattolici in politica prendendo ad esempio il percorso di Granelli sia nel partito, nella Base e nelle Istituzioni.
Piero Bassetti in chiusura ha fatto presente che Luigi ha avuto il coraggio di essere spesso controcorrente, isolato ,quasi un perdente agli occhi della maggioranza del partito per portare avanti le proprie idee .
TESTIMONIANZE
BASSANI
L’eredità del pensiero e dell’azione di Luigi Granelli
Luigi Granelli ha assunto la coerenza a modello di vita. Al tempo della
fuoriuscita dalla D.C. di Mario Melloni e di alcuni altri, come molti anni dopo
con le segreterie Martinazzoli e Buttiglione che l’hanno condotta allo
scioglimento, rimase sempre fedele alla sua casa politica per combattere al suo
interno la battaglia delle idee. Idee che venivano dal mondo delle ACLI nelle
quali si era formato e ove era vivo il fermento che prefigurava il tempo del
coinvolgimento del mondo operaio e delle sue rappresentanze nelle scelte
politiche del Paese. Da qui la sua azione, accompagnata dalla elaborazione
culturale di Stato Democratico e poi del Domani d’Italia, dapprima nel
consiglio comunale di Milano, e poi a livello parlamentare e nelle sedi di
partito, per il superamento di uno schema che rischiava di portare il Paese a
un immobilismo conservatore.
Ma la battaglia che più l’ha impegnato è stata per una visione laica della
politica quale era vissuta in quella parte del mondo cattolico che era più attenta
al divenire dei tempi, al punto da sollevare preoccupazioni nell’allora
Arcivescovo di Milano, il Cardinale Montini. La sua visione della presenza dei
cattolici nella vita politica si ispirava nella concezione degasperiana sul
primato delle scelte di governo nel momento storico contingente, rispetto a
posizioni e ideologie intransigenti. Per questo Granelli non aderirà a Cronache
Sociali di Dossetti pur traendo motivi di riflessione che quel movimento
ispirava.
Se Granelli fosse ancora tra noi, come vivrebbe questi momenti in cui il
modo cattolico appare disorientato? Non solo è venuto meno un partito di
riferimento, ma neppure chi vorrebbe svolgere impegnarsi in politica
troverebbe un momento di aggregazione negli attuali partiti e movimenti che
ne giustifichino l’adesione. Come nel primo dopoguerra al tempo della nascita
del Partito Popolare quando, rimosso il Non expedit e superata la timida
apertura del Patto Gentiloni, non si trattava di fondare un partito di cattolici,
ma di creare una forza fra tutti coloro che credono nei valori ai quali deve
ispirarsi l’azione politica per il perseguimento degli obiettivi che devono essere
raggiunti nell’interesse del Paese. Ed è necessario, come ci insegnava Luigi
Granelli, che la dialettica propria della democrazia sia diretta alla ricerca dei
più idonei strumenti di governo, e ispirata al principio del idem sentire de
republica. Principi ai quali si richiamava per la costruzione, realizzata prima da
De Gasperi e poi da Aldo Moro, di un cattolicesimo democratico, aperto al
dibattito e alla collaborazione con altre forze politiche, e al confronto con esse
nella ricerca e attuazione di obiettivi di governo volti alla crescita civile, morale
e economica del Paese.
Impegno che oggi non sarebbe agevole assumere, se si considerano i
mutamenti introdotti dagli strumenti di comunicazione e aggregazione, che un
tempo trovavano invece espressione nei dibattiti e nelle assise di partito, nei
consigli comunali e provinciali, nelle aule del Parlamento, nelle formazioni
sociali, e ora invece nella messaggistica e nei social, che altro non sono che
manifestazione di solitudine nel compiacimento di fare affermazioni senza
contraddittorio. Da qui la parcellizzazione della vita sociale, senza quelle
forme di partecipazione che sono alle origini della democrazia quale forma di
governo della polis.
Come Luigi Sturzo chiamava all’appello gli uomini liberi e forti, Luigi
Granelli sarebbe ancora con noi per ricreare le condizioni per la ripresa di una
vita politica volta al benessere del Paese, e non di gruppi e fazioni, secondo i
principi etici che derivano dalla cultura e dalla tradizione cristiana, condivisi
anche da altri pur in una visione laica. E anche ne indicherebbe gli strumenti.
Di questi tempi vengono invece invocati gli istituti della democrazia diretta, o
partecipata come si usa dire. Strumenti come il referendum che la nostra
Costituzione prevede, sia pure con paletti ben solidi, ma che non sembra
abbiano dato soluzioni adeguate (Brexit), o indicazioni diverse da quelle che i
promotori intendevano venissero impresse (riforma costituzionale proposta
nel 2016 e bocciata con il referendum). Granelli riprenderebbe allora l’invito di
Luigi Sturzo a farci attivi nella vita politica attraverso una organizzazione di
partito, che la nostra Costituzione all’articolo 49 individua come strumento
essenziale di partecipazione. Vi è infatti scritto che tutti i cittadini hanno diritto
di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a
determinare la politica nazionale.
Giova ricordare che Aristotele nella Costituzione degli Ateniesi scriveva
che la politica è la scienza che richiede per il suo esercizio preparazione e
attitudine in grado di individuare i problemi e scegliere i mezzi e gli strumenti
per risolverli e soddisfare i bisogni dei cittadini e, aggiungiamo noi, in un
quadro di risorse disponibili e, soprattutto, capacità di governo. E’ un monito
diretto a coloro che, ottenuto consenso elettorale, promuovono l’azione di
governo per il soddisfacimento degli interessi dei loro elettori anche se in
contrasto con gli interessi generali proprio perché non vi è più una cultura di
governo per il bene comune.
Questo Luigi Granelli insegnerebbe ancora a noi, che siamo stati suoi
allievi e amici, e a coloro che sarebbero ansiosi di far parte della sua scuola di
pensiero e di azione politica.
Mario Bassani
(03.10.2019)
23 novembre 2019 - Contributo per la commemorazione del 20° anniversario
della morte di Luigi Granelli
di Piero Bassetti
Quando ho letto la lettera di Mainini, nella quale mi diceva “…sarebbe piacevole
poter disporre della testimonianza degli amici che hanno incontrato Luigi durante la
loro attività…”, mi sono chiesto: Mainini pensa a una breve testimonianza politica o
a qualcosa di più profondo, di più vero; fatto di cuore e non solo di pseudo
ragionamenti come ormai la politica sulla sua profonda crisi, si limita a richiedere?
Nell’incertezza, l’alternativa ho pensato di scioglierla io!
Sull’onda, certo, di un sentimento, ma anche di una sicurezza: se potessi rincontrare il
Luigi non comincerei certo sfrugugliando fra rimpianti e nostalgie di tempi politici
purtroppo non più revocabili. Mi concentrerei invece – e sono sicuro con molta più
soddisfazione - sul calore della sua irripetibile personalità fatta di simpatia,
generosità, dedizione, spirito di servizio, senso dei valori. Tutta roba messa invece in
non cale dalla politica di oggi.
Perché era questo il suo lato veramente irripetibile: il suo idealismo! Un idealismo
vero e tanto più vero quanto più sofferto, se esposto alla durezza dello scontro
politicante.
A lui piaceva la politica! Quella vera e non la modestia della mera mediazione.
Questo è sempre stato per me Luigi: un donatore di idee, di valori, di giudizi. Certo
anche di rimproveri e di rimpianti, ma sempre con quella grande passione e dedizione
che ne faceva una persona unica. Unica come quella preponderante nella parte della
Base di cui era lui l’espressione più coerente.
E’ questa, secondo me, l’idea che a distanza di anni si conferma come il senso vero
della sua biografia e della sua presenza: proprio per la sua diversità da quella, più
compromessa col potere, che pure insieme inseguivamo.
Certo per chi come me era arrivato un po’ dopo il periodo politico da lui animato, era
irrinunciabile il tributo alla marcoriana esigenza di rapportarsi alla logica dei poteri
istituzionali che insieme andavamo conquistando. Ma anche in questo la fonte di
pensiero critico, e fino, alla quale era indispensabile ricaricarsi era sempre lui.
Da quando non c’è stato più lui, quanto, purtroppo, è mancato al nostro fare politica!
Che bello se questa occasione di ricordo corale riuscisse a farci ritrovare insieme,
anche per una sola mattina, nella convinzione che il clima di vera amicizia di allora
ha ancora intatto il suo senso.
BODINI
Luigi Granelli e i Popolari Intransigenti
Nel 1989 decisi ai avvicinarmi alla politica.
Da dodici anni ero preside delle scuole Cardinal Ferrari,
l’arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini aveva sollecitato i laici a impegnarsi in politica seguendo
l’insegnamento di Paolo VI che aveva a suo tempo affermato che la politica era una delle più alte forme di
carità. In quel momento il mondo della politica annaspava non riuscendo più a predisporre un percorso
consistente per il popolo Italiano. Mario Segni aveva da poco iniziato la sua battaglia per un rinnovamento
etico e culturale.
In quell’anno correvano le elezioni per il comune di Milano. Chiesi di essere candidato come indipendente
per le liste della Democrazia Cristiana e ne ebbi una risposta negativa. Mio fratello Floriano, che aveva
goduto della benevolenza del papa Paolo VI , scrisse ad Andreotti lamentandosi dell’esclusione. Dopo pochi
giorni ebbi una telefonata da Remo Scherini che mi chiedeva un atto per partecipare alla competizione
elettorale. Ebbi così l’occasione di accedere per la prima volta alla sede di via Nirone. Allora il mondo
politico e il suo divenire quotidiano erano per me del tutto sconosciuti.
Il risultato elettorale fu un insuccesso, ma poi venni chiamato a svolgere il compito quale responsabile
della cultura per la DC milanese, il cui segretario era allora Gaetano Morazzoni. In realtà era un incarico
meramente formale. La materia non interessava gran che agli attori della politica milanese. Più interessante
fu per me la partecipazione agli incontri di approfondimento che l’ onorevole Sangalli, della corrente
andreottiana, organizzava in Milano. Con questi incontri ho potuto comprendere le modalità del divenire
della politica locale.
In quel tempo accadde un fatto imprevisto e imprevedibili nelle sue conseguenze. Agli inizi del 1991 venne
arrestato in flagranza di reato Mario Chiesa. Questo fu l’avvio di quel fenomeno, noto come tangentopoli,
che avrebbe disgregato il mondo politico che aveva governato l’Italia per oltre quarant’anni.
Mi resi conto che l’azione politica elaborata dal gruppo di Sangalli, era inadeguata per ad affrontare il
disfacimento di tutta una classe politica. Chiesi a Remo Scherini di poter incontrare Luigi Granelli, che in
quel tempo, pur vice presidente del Senato, con estrema umiltà svolgeva il compito di commissario per la
DC di Monza . Un sabato mattina incontrai Granelli. Fu un colloquio di notevole intensità e compresi che il
suo essere in politica soddisfaceva pienamente gli intenti con cui mi ero avvicinato a questo mondo. Dopo
alcuni mesi mi disse: “Il tal giorno vieni dal notaio Fossati che dobbiamo prepararci per far fronte ad un
futuro denso di incognite”. Fui puntuale all’appuntamento . Entrato nello studio notarile vidi parecchie
persone, a me quasi tutte sconosciute. Granelli mi disse “Aspetta questa non è la tua riunione”. Aspettai e
nel frattempo fui informato che questo primo incontro, con tanti e autorevoli partecipanti, avevo lo scopo
di chiudere in modo ufficiale l’esperienza della corrente di base e per far si che nessuno potesse utilizzare in
seguito questo nome prestigioso. Granelli voleva evitare quanto era avvenuto con il nome della
Democrazia Cristiana e i pasticci conseguenti. Poco dopo, ci ritrovammo in sette con Luigi, oltre il notaio
Fossati, e sottoscrivemmo lo statuto dell’”Associazione Popolari Intransigenti”.
Questo atto, pensato ed elaborato da Luigi Granelli, fu uno delle poche proposte significative, da un punto
di vista logico consequenziale, espresso in questo drammatico periodo di transizione. Basterebbe ricordare
il fax con cui Mino Martinazzoli liquidò la sua gestione nel Partito Popolare, per comprendere sia la forza e
la tenacia che animavano Luigi e quanto la sua intelligenza politica lo aveva portato a vedere lontano.
Arturo Bodini
BORGHETTI
IL MIO RICORDO DI LUIGI GRANELLI
di Carlo Borghetti
Quando nel 1994, a 26 anni appena compiuti, senza nessuna esperienza politica precedente, vengo eletto
consigliere comunale della mia città, Rho, sono il solo eletto nella lista del PPI, il Partito Popolare Italiano
appena rinato dalle ceneri della DC, la cui sezione rhodense avevo poco più che conosciuto negli anni
precedenti, e di cui alcuni esponenti mi avevano chiesto di candidarmi, avendomi “pescato” nel mio
oratorio parrocchiale.
Arrivo in un mondo politico totalmente “rivoluzionato” da Tangentopoli, e ci arrivo portando con me più
che una precisa idea politica un carico ideale che traeva le sue radici dall’ideale sociale cattolico, dall’Azione
Cattolica, dagli echi a me noti di grandi punti di riferimento come Dossetti, La Pira e Moro, ma soprattutto
da Giuseppe Lazzati con la sua “Città dell’Uomo”...
È in questo contesto, che possiamo identificare con il “cattolicesimo democratico”, che nel partito trovo
subito la più grande consonanza con gli esponenti della ex corrente della Base democristiana, che pur
scomparsa la DC, e pur passati oltre quarant’anni dalla sua costituzione, rappresentava ancora un preciso
filone di pensiero e di persone ben identificato e identificabile anche in quel 1994.
Ed è in questo contesto che, oltre ad avervi trovato nel PPI locale e di zona validi punti di riferimento, sono
attirato dalla figura di Luigi Granelli, che mi viene raccontato con (giusta) enfasi come uno dei più
importanti e significativi leader nazionali cui guardare e da ascoltare, e arriva il giorno in cui posso
conoscerlo di persona: Luigi Granelli, invitato a Rho da Roberto Pravettoni, tiene una serata nell’Auditorium
comunale di via Filippo Meda, sui temi dell’attualità politica.
Non ricordo la data precisa di quell’incontro nei primi anni della mia attività da consigliere comunale, ma
ricordo bene la bella e profonda impressione che Granelli mi fece, per tanti motivi: per l’umiltà con cui si
era presentato e si atteggiava pur essendo stato accolto come si conviene a un big della politica nazionale,
già più volte Ministro; per il fascino dell’esposizione, che non solo convinceva per la coerenza e la
competenza, ma che risultava molto chiara e comprensibile, appassionata e mai noiosa; per l’onestà
intellettuale e l’intransigenza che il ragionamento mostrava, in un tempo in cui la cosiddetta “nuova
politica” post Tangentopoli con la retorica della “discesa in campo” e del “partito azienda” già assumeva i
tratti del marketing commerciale (oggi imperante)... traspariva poi un senso concreto per le cose, non
fumoso o general generico, che era uno dei tratti dei “basisti” che avevo conosciuto che più mi convinceva,
già allora preoccupato, quanto più lo sono oggi, di praticare e vedere praticata una politica orientata ai
risultati più che alle promesse e alle dichiarazioni...
Fu una serata che mi colpì e soddisfò molto, anche se ebbi l’occasione di scambiare solo non più di due
parole con Granelli.
Quando tempo dopo ci lasciò, ebbi l’onore di farne la commemorazione nella prima seduta possibile del
Consiglio comunale di Rho, raccogliendo la stima e l’apprezzamento unanime per la statura umana e
politica di Luigi Granelli da parte di tutte le forze politiche allora rappresentate nell’Aula.
Credo che del suo pensiero politico, della sua azione, e dell’area politica che aveva rappresentato, più di
tutto vada oggi tenuto vivo, come preziosa eredità, un principio tanto semplice quanto fondamentale, che
sembra banale ripetersi, ma che abbiamo un gran bisogno di ridirci tutti i giorni e soprattutto di praticare
come Granelli fece: la politica si fa innanzitutto per i più deboli.
E del suo ultimo intervento, quello al Congresso PPI di Rimini del 2 ottobre 1999, quello del suo congedo
“critico” dal partito, ricordo qui due passaggi assai utili per la nostra attualità politica, che riporto con le sue
esatte parole:
“Non è con le riorganizzazioni che si rilancia un partito, ma con le idee, con le riviste, con i centri studi”... E
ancora:
“Non siamo per i partiti unici, il Governo è una coalizione di diversi che devono rispettarsi prima di poter
procedere in una comune azione”.
Dunque due insegnamenti: la politica sia competente, e la politica sia rispettosa. Competenza e rispetto.
Grazie ancora, Luigi.
Carlo Borghetti
Vice Presidente del Consiglio regionale della Lombardia
Milano, dicembre 2019
CANTU'
Luigi Granelli: studio, cultura, politica, concretezza.
Il nome di Luigi Granelli richiama alla memoria innanzitutto il legame di una lunga e profonda
amicizia collegata alla comune militanza politica.
Dalla moltitudine di ricordi che affollano la mente vorrei citare il periodo delle elezioni politiche
del 1968.
La D.C. del vimercatese, allora egemonizzata dalla Base, puntò sui due leader della corrente:
Marcora e Granelli.
Chiese ed ottenne la candidatura di Marcora per il seggio (sicuro) del Senato e decise di tenere
fisso, nella terna di preferenze, in nome di Luigi Granelli.
Si tenga presente che la zona aveva una notevole potenzialità di esprimere preferenze grazie alla
fitta rete di militanti e al radicato insediamento territoriale.
Marcora chiese di inserire nella terna anche il nome di un validissimo (ancorché sconosciuto)
professore di Pavia. Si trattava di Virginio Rognoni. Dicemmo a Granelli che questo poteva
danneggiare la sua candidatura.
Granelli fu drastico: ascoltate Albertino, tanto io ce la faccio.
Fu così che Marcora divenne il nostro senatore per tre legislature e per altrettante legislature
Granelli fu il più votato del vimercatese.
Alla morte di Marcora fu automatico che il suo seggio senatoriale passasse a Granelli che, infatti,
fu qui eletto per altre tre legislature fino a quando decise di non ricandidarsi.
Risulta quindi evidente lo stretto collegamento tra Granelli e il vimercatese che non si esauriva nel
momento topico delle elezioni, ma che continuava costantemente e puntualmente nel tempo e
nello spazio.
Fu così che intere generazioni di militanti D.C. parteciparono a dibattiti politici, a confronti
congressuali e a convegni di studio ai quali non mancava mai la presenza e il contributo di Granelli.
Tra i tanti ebbe una notevole rilevanza un convegno sulla politica estera di Moro di cui era stato
sottosegretario proprio agli esteri. La politica estera era un suo pallino. Non si stancava di ripetere
che troppo spesso veniva sottovalutato il ruolo e l‘importanza della politica estera soprattutto per
avere la capacità di vedere lontano, per saper affrontare i problemi della globalizzazione e dei
prevedibili mutamenti epocali dei rapporti tra gli stati.
Come ricordato sull’opuscolo dell’Istituto Luigi Sturzo distribuito al recente convegno di Milano, fu
Granelli ad organizzare la prima conferenza nazionale sull' emigrazione italiana. Questo con
l'intento di sostenere gli emigrati all'estero con politiche sociali e culturali che li aiutassero a
inserirsi nei nuovi Paesi e a mantenere un legame con la madre patria. Mi sembra doveroso
ribadire e sottolineare l’importanza di quell’evento che testimonia la lungimiranza e la visione
profetica della storia di Luigi.
Ma la presenza sul territorio di Luigi si sentiva anche nella realtà sociale ed economica della zona.
Su tutte vorrei segnalare il ruolo decisivo nel favorire la nascita, lo sviluppo e la crescita delle
realtà produttive che facevano del vimercatese la “Silicon Valley Italiana”.
Tre erano le più importanti aziende che operavano sul territorio e che occupavano oltre 10.000
addetti: IBM, TELETTRA, SGS.
Tra queste l’anello debole era la SGS che, operando nel campo della microelettronica di base, non
sempre riusciva a competere con i colossi internazionali, stante la sua dimensione troppo piccola.
Granelli come ministro della ricerca scientifica e tecnologica era però ben cosciente che un paese
come l’Italia non poteva essere assente da un settore decisamente strategico e con enormi
possibilità di sviluppo.
Quindi organizzò il primo programma nazionale di ricerca sulla microelettronica coinvolgendo le
Università, gli Istituti di ricerca e le aziende del settore.
Contribuì alla internazionalizzazione della SGS (diventata nel frattempo STMicroelectronics) e
diede avvio alle attività di ricerca nel campo della submicrometrica.
La lungimiranza di Granelli trova conferma nella situazione attuale. Paradossalmente le aziende
allora forti, IBM e Telettra, non ci sono più, mentre la STMicroelectronics è diventata una azienda
competitrice a livello mondiale; sta facendo proprio in questi giorni ingenti investimenti; ha tenuto
ad Agrate la ricerca e le produzioni ad alta specializzazione e ha incrementato i livelli
occupazionali.
Ecco perché possiamo affermare che Luigi Granelli fu un ottimo ministro della Ricerca scientifica e
tecnologica.
Infine non posso non citare il suo ultimo discorso all’assemblea del PPI di Rimini quando annunciò
di “considerare irrevocabilmente conclusa la mia militanza nel PPI”.
Un intervento articolato, duro, sofferto e, come sempre, appassionato; un intervento temuto ma
non inatteso; un intervento provocatorio che ha creato sconcerto, ma che poneva temi ineludibili
e richiamava tutti, anche se stesso, alle proprie responsabilità.
Tra le motivazioni che hanno indotto Luigi a lasciare il PPI (ma non l’area culturale e politica dei
cattolici democratici) mi ha colpito la frase: “Manca al PPI una rivista di pensiero, non ci sono
centri studi, la formazione dei quadri non è più un obiettivo”.
Ci sono parole e concetti che ricorrono in modo martellante “dibattito interno”; “strumenti di
studio”;” elaborare proposte”; “partecipazione e formazione di una classe dirigente”; “ragioni
ideali dell’impegno politico”; “spazio alla ricerca e allo studio”.
Insomma, prima ancora dei programmi e delle cose da fare, Granelli poneva come base dell’azione
politica la necessità di una visione della società; invitava allo studio e alla analisi della realtà;
indicava con forza l’indispensabilità di una formazione culturale che richiede, impegno, dedizione,
sacrificio: in sintesi la classe politica deve essere preparata, non può essere improvvisata, non
deve mai smettere di imparare.
Ecco perché sono indispensabili i partiti organizzati che devono saper aggregare persone e idee
omogenee e che sappiano creare, appunto una, classe dirigente preparata e capace di guidare la
vita del paese.
Viene quindi spontaneo fare riferimento all’operaio della Italsider di Lovere che studia da
autodidatta; che dedica la sua vita alla cultura, alla ricerca storica, alla conoscenza dei movimenti
politici e che, su queste basi, decide una precisa scelta di campo che lo guiderà per tutta la vita.
Allo stesso modo penso ai tanti giovani della mia generazione che hanno partecipato per diversi
anni, durante le vacanze scolastiche, ai corsi di formazione politica e amministrativa (organizzati
dalla D.C. milanese a Porlezza) con relatori del calibro di Elia, Galloni, Menapace, Bassetti, De Mita,
Romano (solo per indicarne alcuni) e, tra loro, anche Luigi Granelli.
Viceversa diventa sconcertante e drammatico osservare la situazione di buona parte della classe
politica attuale, improvvisata, impreparata, espressa da partiti e movimenti che nascono, si
trasformano e muoiono in modo vorticoso e che sono privi di precisi riferimenti valoriali e di solide
basi culturali.
Ma bisogna avere fiducia nel futuro. Per ragioni anagrafiche possiamo dire che non tocca più a noi,
a quelli della nostra generazione.
Anzi, io penso che sia più pregnante l’espressione inglese “it isn't up to us”: Non è più su di noi,
non pesa sulle nostre spalle.
Ma il messaggio che dobbiamo trasmettere ai nostri figli e nipoti è che il futuro si crea con la
conoscenza della storia, con lo studio, con l’impegno, anche politico, in una visione solidale della
società.
La cultura e la politica cattolico democratico ha espresso in tal senso uomini di grandissimo valore:
tra tanti altri, Sturzo, De Gasperi, Moro, Fanfani.
Oltre a questi, dobbiamo proporre di conoscere anche la testimonianza, le idee e le azioni di due
lombardi che hanno contribuito a fare la storia della Lombardia, dell’Italia e dell’Europa: il
partigiano Albertino Marcora e l’operaio di Lovere Luigi Granelli.
Sandro Cantu’
CAPUTO
GRANELLI
Ricordare oggi Luigi Granelli a 20 anni dalla morte significa non solo ricordare quello che è stato ma
anche quello che ha rappresentato. Ho avuto modo di conoscere Luigi Granelli grazie ad una
straordinaria persona che mi ha onorato della sua amicizia ed a cui voglio bene: Adriana, sua moglie.
E’ stato, infatti, durante il periodo trascorso a raccogliere e riordinare i documenti, gli appunti e gli
scritti che letteralmente inondavano la loro casa e che poi sarebbero andati a costituire il Fondo
Granelli presso l’Istituto Sturzo che ho potuto conoscere la vita, l’esperienza e la grande carica ideale
di un vero politico. Dalle parole di Adriana e dalla lettura dei suoi scritti ho percepito il grande amore
di un cattolico vero verso le istituzioni e verso le persone. Il Senatore Granelli credeva nella
democrazia e nei giovani, credeva nella cultura e nell’individuo. Ricordarlo oggi significa non solo
rievocare la sua lunga permanenza nelle istituzioni ma anche riscoprire la sua esperienza di giovane
operaio impegnato ed appassionato, di relatore fine e coinvolgente, di dirigente di partito rigoroso e
coerente e di studioso curioso e prolifico. In molti lo ricordano per il suo ultimo discorso di Rimini,
io vorrei ricordarlo per il suo lavoro di consigliere comunale a Milano, con un occhio sempre attento
alla cultura, per il suo ricco contributo alla vita di numerose riviste, su tutte “Stato Democratico”, che
ha diretto in anni difficili, per la dignità con cui ha saputo combattere la sua battaglia nel 1958
cercando sempre il dialogo con la gerarchia cattolica ambrosiana, per i sui interventi ai Convegni
Cadenabbia del ‘65, così fondamentali per la nascita del Centrosinistra, e di Lucca del ‘67, così
coraggioso nello stimolare un dibattito “sui nuovi orizzonti di azione nel mondo moderno” dei
Cattolici alla luce del Concilio Vaticano II. E vorrei ricordarlo per la sua sensibile vicinanza al mondo
dei migranti, in tempi certo diversi ma così attuale. Luigi Granelli per molti versi è stato un
intellettuale. Pur avendolo ascoltato poche volte ed incontrato ancora meno mi ha sempre colpito, e
molto, la sua capacità di approfondire gli aspetti prospettici dei temi che affrontava, sempre con un
occhio rivolto al futuro, con una intrinseca voglia di sollecitare il dubbio costruttivo, la sua
convinzione cosciente della necessità che si dovesse sempre offrire una alternativa progettuale, una
scelta, il tutto sempre ispirato da una costante voglia di ricercare ciò che è giusto.
Mi ha sempre
colpito come, durante la sua esperienza di Ministro per la Ricerca scientifica sia stato capace, al tempo
stesso, di rappresentare un esempio di politico cattolico ma anche moderno, fiducioso nel futuro e nel
ruolo positivo di una scienza capace di parlare con la fede. Credeva anche nello Stato, da ministro
delle Partecipazioni Statali ha difeso il ruolo pubblico nell’economia, vedendolo come volano
indipendente di sviluppo e di emancipazione per il Paese, promotore di ricerca ed innovazione, anche
in campo energetico, e non strumento di potere per se o per la politica. Ha creduto nella Costituzione
ma ancor di più negli ideali che l’hanno ispirata, per questa ha lottato per difendere la prima e tenere
vivi i secondi, evidenziando, in tempi non sospetti, la crisi dello strumento partitico. Lo ha fatto da
potente esponente politico ed ha continuato a farlo, con cortese e lucida intransigenza da semplice
militante. Ma Luigi Granelli non è stato solo questo, è stato anche un uomo coerente capace di scelte
importanti che testimoniassero il suo pensiero; lo ha fatto nel privato, accogliendo in casa propria e
per lungo tempo un amico e la sua famiglia, perseguitati dalla dittatura di Pinochet, e lo ha fatto nella
sfera pubblica, rinunciando da giovane, ad una probabile elezione nel 1963, dopo l’infruttuosa
esperienza del 1958, per non dare l’impressione di “studiare da deputato”, affermando, però, così la
propria distanza da ogni forma di carrierismo e ancora, nel 1994, dopo sette legislatura da
Parlamentare, da Vice Presidente uscente del Senato, dichiarandosi indisponibile, per un
ricandidatura al fine di consentire il maggiore rinnovamento possibile in vista dalla “rinascita” del
PPI. Vorrei dire molto altro ma concludo con un augurio. Il mio augurio è per il nostro Paese, che
possa tornare ad essere guidato da politici, ispirati da quel senso del dovere, quella capacità di
riflessione, quella educazione civica e civile, ma anche personale, che hanno fatto di Luigi Granelli
uno dei “cavalli di razza” della sinistra di Base e della DC in generale.
Grazie Luigi.
Filippo Caputo
CARTOTTO
Luigi Granelli,
ricordo personale di un grande intellettuale politico “autodidatta”
Di Ezio Cartotto
La mia non sarà la storia del personaggio Luigi Granelli, perché ci vorrebbe ben altro
spazio rispetto a queste poche pagine che posso riservargli. Sarà, però, una
testimonianza utile agli storici presenti e futuri per inquadrare un uomo che è stato
veramente straordinario.
Io ho avuto la fortuna di conoscerlo a metà degli anni ‘60 e di frequentarlo molto fino
agli inizi degli anni ‘80.
Luigi in una fase iniziale mi colpì per la sua straordinaria capacità di parlare sull’onda
di un’intuizione tutta particolare che aveva del sentimento delle persone che gli stavano
davanti e ciò senza rinunciare mai a quella che era la sua onestà intellettuale e
personale. Non accettava compromessi per avere l’applauso degli spettatori, come
spesso accade oggi, ma sapeva attingere ad una forza interiore che riusciva a tradurre
in un’attenzione costante, capace di attirare il consenso.
La sua viva intelligenza non sfuggì a uno come me, che veniva dal mondo degli studi
classici del Liceo Parini, considerato ai quei tempi una delle scuole più severe di
Milano. Io mi ero formato in modo molto elaborato rispetto ad un uomo come Luigi
che veniva dal mondo operaio e che aveva dietro di sé un’istruzione apparentemente
non regolare. In realtà ascoltandolo, riflettendo sui suoi argomenti , sulle sue proposte,
sul suo modo di ragionare, pareva avesse fatto non solo il Parini, ma anche altre cose
molto più difficili. Me ne “innamorai” intellettualmente e fu per questo che quando nel
1968 presentò la sua candidatura per essere eletto deputato al Parlamento, con
entusiasmo accettai di partecipare alla sua campagna elettorale alla caccia di voti. Ebbi,
così, la grande soddisfazione di vederlo eletto con oltre 40.000 preferenze in un
contesto di vittorie politiche costruite da quel personaggio che possiamo definire il suo
compartecipe a livello pratico nelle vicende della vita: Giovanni Marcora.
Marcora inquadrava tutto all’interno di un processo di potere, ragionando in modo non
superficiale ed estremamente corretto sull’uso delle capacità personali di ciascuno di
noi come parte di un team, di una squadra. Posso testimoniare di aver sentito
personalmente Marcora raccontarmi di come aveva creduto che per fare la politica ci
volessero soprattutto i soldi, ma ciò fino a quando non aveva incontrato Luigi Granelli:
solo allora aveva capito che ci volevano anche le idee, i progetti e i programmi. Questo
cambiamento fu profondo e definitivo; Marcora non volle più costruire
un’organizzazione politica con delle basi puramente economiche e materiali, ma anche
dotata di un forte richiamo ideale e morale.
La sua accoppiata con Granelli era quindi naturale e per noi giovani la presenza di
entrambi era straordinaria. Da un lato c’era Marcora che aveva la capacità di aiutarci a
risolvere i problemi concreti della vita che noi provenienti per la maggior parte da
ambienti familiari non particolarmente dotati di mezzi non saremmo, da soli, stati
capaci di affrontare. Dall’altro lato c’era Granelli che ci ricordava in ogni momento
che la politica si poteva fare solo in maniera corretta e rispettando i principi stessi sia
della metodologia politica seria, ma anche della nostra coscienza cristiana.
Granelli certamente fu un cristiano critico. Per questo non fu eletto nel 1963
parlamentare: perché ebbe contro quel mondo cattolico organizzato che “gli tagliò le
gambe”. Era in contrasto con l’arcivescovo di Milano il grande Giovanni Battista
Montini, ma Granelli questi contrasti li sviluppava sul terreno della politica pratica,
ossia sostenendo fin da allora che si poteva immaginare un’alleanza con la sinistra
politica del paese, il Partito Socialista, visto che Yalta non avrebbe permesso ai
comunisti italiani di governare, ma ai socialisti sì. Quindi perché non permettere ai
socialisti italiani di allearsi con la Democrazia Cristiana per realizzare quel programma
di aiuto alla povera gente che in Italia era tanta? Come diceva giustamente Granelli
non ci potevano essere un milione di persone ricche e benestanti e il resto della
popolazione in gravi difficoltà senza che si verificasse con l’andar del tempo qualcosa
di brutto nel Paese. Lui aveva progetti non solo di sostegno statale, ma anche di aiuto
alle piccole medie imprese, sia nel settore agricolo, che in quello commerciale e
industriale.
Da questo punto di vista il richiamo ad un’ottica politica De Gasperiana, Granelli lo
faceva continuamente, perché De Gasperi definiva la DC un partito di centro che
guarda a sinistra e Granelli era un democristiano di sinistra che guardava al centro; non
mirava a rompere l’unità politica della DC ma a mantenerla senza, però, venire meno
a quei principi che facevano riferimento al cattolicesimo mondiale. Anche Piccoli
aveva fatto un particolare riferimento al ruolo della sinistra DC in un congresso
nazionale dicendo: “Noi siamo quelli che marciano con passo più lento perché
seguiamo l’opinione di gran parte dell’elettorato che non vuole correre rischi, ma è
bene che ci siano nella DC anche altre forze che mirano ad accelerare il passo perché
altrimenti rischieremmo di rimanere troppe notti all’umido e di non essere seguiti e
ascoltati dall’ opinione pubblica soprattutto giovanile che vuole le riforme e i
cambiamenti e che prima o poi si manifesterà in modo clamoroso”. Un discorso che
precedeva gli eventi che iniziarono nel 1968 in tutta Europa e in tutto il mondo e che
poi proseguirono anche in Italia, purtroppo anche attraverso filoni tragici come le
Brigate Rosse che riuscirono a sconfiggere il riformismo di sinistra con i loro crimini
efferati, spingendo, così, molta opinione pubblica sul baratro, col rischio di votare la
destra qualunquista nella migliore delle ipotesi, e quella infernale e fascista nelle
peggiori.
Luigi Granelli è stato un fortissimo caposaldo per il mondo giovanile della DC degli
anni ‘60 perché ha favorito il desiderio di rimanere all’interno dei confini del partito
senza seguire altre avventure che, in certi contesti, potevano allettare. È stato però
anche uno stimolo, una spinta continua, una spina nel fianco quasi, per quelli che
volevano dormire sonni tranquilli e che non pensavano all’avvenire se non come a un
letto di rose fatto di nomine tra consiglieri di amministrazione delle banche e
consiglieri di enti pubblici.
Ricordo che forse uno dei maggiori successi oratori di Luigi Granelli fu quando in un
congresso nazionale della DC disse: “Io son convinto che oggi noi siamo una
minoranza, ma che tutta la DC un domani lottando sarà quello che siamo noi oggi”.
Questa frase molto bella dovrebbe essere tenuta in grande considerazione da coloro che
studiano la storia della Democrazia Cristiana e del periodo in cui la DC ha governato
questo Paese. Nella DC ci sarà stato anche qualcuno che non ha rispettato i canoni etici,
ma la grande maggioranza di questo partito ha governato in modo trasparente e Luigi
Granelli ne è stato l’esempio sia ai tempi del suo ruolo come capogruppo del Consiglio
Comunale a Milano, quando dimostrò di avere le competenze in materia di enti locali,
sia come parlamentare e poi Ministro.
Mi ricordo che una volta fece un bellissimo discorso sul ruolo e i poteri della
magistratura. Granelli aveva avuto a suo tempo delle difficoltà come Presidente di un
ente pubblico e la magistratura, dopo molti anni di tormenti, lo aveva assolto. Sapeva
quindi che la magistratura non aveva ragione solo per il fatto di chiamarsi così, ma che
poteva causare gravi torti, anche pesanti. Granelli aveva una grande comprensione per
chi voleva mantenere un equilibrio tra i poteri della magistratura e quelli del
Parlamento. Quando quest’ultimo cambiò il sistema e non ci furono più le
autorizzazioni a procedere che prevenivano eventuali arresti e abusi della magistratura
certamente venne meno l’equilibrio politico nel quale Granelli aveva creduto.
Lo
ritrovò, invece, quando lo Stato mantenne molti poteri decisionali in economia che si
rivelarono giusti. Ad esempio quando abbiamo dato i soldi alla Fiat senza controlli, la
Fiat li ha presi e si è trasferita in America dove mantiene la sede italiana con grande
nonchalance e si è unita alla Chrysler e alla Peugeot facendo i propri interessi con una
marea di finanziamenti forniti a suo tempo dallo Stato italiano. Furono licenziati
milioni di italiani che scesero in piazza per protestare, ma ciò allo Stato fece comodo,
esattamente come la famosa marcia dei 40.000 quadri Fiat di Torino.
Luigi Granelli aveva, da operaio, capito sulla propria pelle la differenza tra dirigente e
dipendente operaio e di conseguenza sapeva che non erano giusti certi ragionamenti,
ma sapeva altrettanto bene che non erano corretti i tentativi goffi di prendere il potere
senza avere la capacità di esercitarlo. Questo lo aveva compreso molto bene Lenin, il
quale diceva che non si poteva essere una classe dirigente senza essere prima preparati.
Nel suo caso si trattava di governare la Russia sovietica.
Granelli che sapeva molto di politica internazionale cercava di spingere i comunisti
italiani al distacco dalla Russia sovietica, in modo che si fosse assolutamente liberi di
scegliere di poter giustificare di fronte alle alleanze militari precostituite le proprie
scelte. Ma come si sarebbe potuto dire: “noi siamo fedeli all’Alleanza Atlantica”, se il
partito di governo fosse stato un partito comunista di fede sovietica?
Ho letto molti articoli scritti da Luigi Granelli e vi ho trovato tanto da imparare sul vero
significato dell’onestà intellettuale. Voglio concludere con una sua frase risalente alle
elezioni del ‘68: “Noi non saremmo riusciti in nulla se non avessimo portato con noi
quelli più infelici nella classe sociale, quelli di cui dovevamo essere rappresentanti,
portatori delle loro stesse disgrazie e dei loro stessi problemi. Soltanto allora, in quel
momento, i politici avrebbero potuto dire: noi siamo qui perché abbiamo ancora molto
da fare”.
CHIAPPA
Ricordi di Luigi Granelli a Busto Garolfo.
Conobbi Granelli negli anni 80 partecipando con Angelo Borsani ad alcuni incontri a Milano i nella sede
della Base in Via Mercato.
Successivamente su invito della DC Locale venne in visita ad alcune feste dell’Amicizia, ricordo che una volta
venne con la moglie Adriana, Felice Calcaterra e Bruno Bossi.
Durante una occupazione di fabbrica alla Rimoldi S.P.A. azienda dove lavoravo, anche su mia iniziativa
venne a parlare in assemblea suscitando molto entusiasmo fra i lavoratori.
Nel 1995 Granelli era commissario del PPI provinciale mi convocò a Milano in Via Leopardi mi invitò ad
assumere l’incarico di commissario a Busto Garolfo per fare il tesseramento del PPI, ne fui molto
orgoglioso, il tesseramento ebbe un buon successo riuscii ad iscrivere un buon numero di aderenti, compito
non facile era il periodo della scissione PPI e CDU, un giorno trovai la serratura della sede cambiata.
Una sera nebbiosa venne a Busto Garolfo accompagnato da Remo Scherini e da un autista per convincere il
nostro parroco proprietario del locale della nostra sede che voleva sfrattarci, l’incontro non ebbe il risultato
sperato Granelli disse al parroco, “andremo sui monti come i Partigiani. Successivamente con Angelo
Borsani trovammo un’altra sede, avevamo soldi guadagnati alla Festa dell’Amicizia da poco conclusa
positivamente.
In seguito seguii Granelli anche quando fondò L’Associazione Popolari Intransigenti.
Ai Funerali di Granelli non potei partecipare con molto dispiacere, dovevo assistere mia mamma negli ultimi
giorni di vita.
Angelo Chiappa per L’Associazione Amici di Giovanni Marcora
FARINONE
Quel grande oratore
di Enrico Farinone
Ricordo benissimo la prima volta che vidi Luigi Granelli. E che lo ascoltai. Sesto San
Giovanni, piazza Petazzi. La “Piazza della Chiesa” (Santo Stefano, la principale della città) era
destinata ai comizi politici, che in quell’epoca – i primi anni Settanta – ancora sapevano radunare
tante persone.
Granelli nell’esercizio del comizio, ma anche in quello del discorso in un ambiente più
raccolto quale un teatro o anche solo un saloncino, era il migliore. Questo io quel giorno del 1972
ancora non lo sapevo, lo avrei scoperto e verificato qualche anno dopo. Ma già in quell’occasione il
suo eloquio trascinante mi impressionò per la capacità di suscitare pathos, di creare attesa durante lo
svolgersi di una parte del discorso per quanto sarebbe stato detto un po’ più avanti, di sviluppare il
ragionamento sino al climax conclusivo che inevitabilmente richiamava l’applauso perché era,
semplicemente, impossibile non applaudire. E tutto ciò accadeva più volte nel corso del medesimo
intervento, per cui alla sua conclusione tu che lo avevi ascoltato eri come caricato a mille, il che per
un militante di partito è indispensabile, e per un semplice cittadino-elettore è comunque un buon
contributo.
Gli applausi a scena aperta arrivavano ma non erano mai, dico mai, il frutto di interventi
demagogici o semplicistici o comunque finalizzati al successo di pubblico. Tutt’altro. Granelli
esplorava i problemi cercando di trovare la via giusta per risolverli con il contributo determinante
dalla Politica, quella buona, quella dedicata ad affrontarli e a superarli nell’interesse della collettività.
E spesso ammoniva anche con durezza il proprio partito, al quale era legato da sincera passione,
affinché esercitasse questo ruolo con determinazione, in quanto attore primario della politica italiana.
Quel pomeriggio io – un adolescente con in testa il calcio, più che la politica – non
immaginavo neppure lontanamente che quel grande oratore sarebbe per me divenuta una persona
molto importante. In ogni caso ero ancora in una fase di ricerca, ovviamente influenzato dal clima
che respiravo al liceo, fortemente orientato a sinistra. Due anni più tardi la mia maturazione politica
giunse a conclusione e feci una scelta, quella di iscrivermi alla DC, che era certo in controtendenza
rispetto al clima generale. Ma fu così che ebbi la possibilità di ascoltare ed incontrare più volte l’on.
Granelli, poiché a Sesto egli era invitato frequentemente dalla DC locale guidata, fortunatamente,
dalla Sinistra di Base, corrente democristiana della quale Luigi era uno dei principali esponenti.
Ascoltandolo sempre con grande attenzione e crescente entusiasmo notai presto due
caratteristiche dei suoi discorsi che si integravano perfettamente con i miei interessi cultural-politici:
da un lato la Storia, dall’altro la politica internazionale. Quest’ultimo aspetto era particolarmente
interessante perché apriva la riflessione, contestualizzava nel mondo la situazione nazionale, aiutando
così un giovane come me a comprendere l’importanza della politica estera: siamo tutti noi esseri
viventi abitatori di un unico luogo, il pianeta Terra, e di questo dovremmo essere maggiormente
consapevoli. Da qui, anche da qui, nasce il sostegno attivo alla causa della Pace, l’avversione ai
nazionalismi forieri di guerre, alla speranza federale europea, alla salvaguardia dell’ambiente,
all’impegno contro le disuguaglianze sociali fra i diversi popoli e all’interno di un medesimo popolo.
La politica estera è la Politica. Questo è un insegnamento di Luigi che ho sempre tenuto ben presente
nella mia attività politica.
E poi la passione per la Storia, senza conoscere la quale non si può interpretare il presente.
Erano quindi frequenti, immancabili, i suoi richiami al popolarismo, alla vicenda del Partito Popolare,
all’insegnamento sturziano. Ogni grande storia politica ha proprie radici dalle quali non può
prescindere, un passato sul quale riflettere e quando necessario valorizzare. Comprendevi allora che
la DC, pur così variegata e ampia nel suo ventaglio politico, aveva radici solide e profonde. Capivi
che quando De Gasperi la fotografava come un “partito di centro che guarda a sinistra” non faceva
che riprendere e rilanciare in tempi nuovi lo sturziano “o sinceramente democratici o sinceramente
conservatori” rivolto ai cattolici del suo tempo e quindi comprendevi meglio le battaglie interne
contro la destra democristiana e pure quelle esterne non solo contro la Destra liberale o addirittura
missina, ma anche quelle contro una sinistra ancora imbevuta di ideologismo e ancora incapace di
cogliere la valenza riformatrice e sociale della DC.
Con gli anni ebbi la fortuna di poter conoscere Luigi e avere con lui una interlocuzione
frequente. Per me fu realmente un Maestro, un Maestro di Politica.
Rimango col dispiacere profondo di non aver saputo o potuto – ero ancora segretario
provinciale del PPI – cogliere il suo grido di dolore pronunciato in quel drammatico discorso a Rimini,
anche se grazie a Dio ebbi la possibilità di parlargli un’ultima volta, sia pure al telefono, pochi giorni
dopo e di salutarlo con immutato affetto. Ma rimango soprattutto con un suo monito che ho cercato
– con tutti i miei limiti – di far mio, anche durante la mia esperienza parlamentare: “dire sempre
quello che si pensa, fare sempre quello che si dice”. Luigi Granelli questa coerenza l’ha testimoniata
lungo tutta la sua vita.
FOSSATI
LUIGI GRANELLI
di Alberto Fossati
Di Luigi Granelli ricordo anzitutto il nitore del linguaggio e la chiarezza piana del ragionamento; e poi la
passione che coinvolgeva. Era un uomo poliedrico e capace.
Un intellettuale non prestato, ma vocato alla politica, come servizio e come strumento di promozione della
persona. Il potere come mezzo da non demonizzare, ma neppure da idolatrare. Un intellettuale che ha
dimostrato non comuni capacità di governo. Si pensi all’esperienza al ministero della Ricerca e alla duttile e
intelligente gestione del pesante dossier delle partecipazioni statali in un momento in cui lo Stato stava
attraversando il passaggio da imprenditore a regolatore.
Un innovatore non dogmatico nell’individuazione delle soluzioni, ma intransigente nella testimonianza e
nella difesa della cultura e dell’esperienza dei cattolici democratici. Non a caso l’associazione da lui creata
dopo il "Big Bang" democristiano si chiamò “Popolari intransigenti”. Confesso che quell’idea mi lasciò
perplesso, mi sembrava che, terminata l’esperienza storica democristiana, il popolarismo, come cultura
politica dovesse, nelle mutate condizioni politiche confluire in una nuova esperienza che fosse sintesi delle
culture politiche solidaristiche. Il sostanziale fallimento di questa sintesi, plasticamente evidenziato dal
Partito Democratico che non è riuscito e non riesce a superare la gabbia delle primarie come suo principale
elemento identificativo a scapito dello sforzo di costruire una vera e propria cultura politica originale,
confermano la lungimiranza e la lucidità del pensiero di Luigi Granelli. Il popolare intransigente non era e
non doveva essere l’ultima frontiera di una nostalgia politica, bensì rappresentava il tentativo di non
spegnere una cultura politica. Quindi, Granelli aveva ragione.
Il popolarismo è stato infatti l’unica vera e propria cultura politica dei cattolici italiani. Si è trattato di una
proposta laica che non ha considerato estranea alla sfera pubblica la dimensione religiosa relegata a
semplice fattore individuale dal liberalismo, ma che poneva il tema del rapporto della religione con lo Stato
in termini di libertà, la cui tutela e promozione non può esser estranea alle finalità dello Stato democratico.
In sintesi: la laicità della politica. La valorizzazione della libertà della persona e delle formazioni sociali è
stato il fondamento del pluralismo, sia dentro la società sia nelle istituzioni e delle istituzioni, attraverso il
principio delle autonomie locali, ed è anche con riguardo all’autonomia comunale che Granelli sviluppò a
Milano un importante magistero sul piano dell’iniziativa politica con il dialogo aperto al confronto con il
Partito Socialista Italiano e al centrosinistra, che gli costò la prima candidatura parlamentare per
l’opposizione del Cardinal Montini, e sul piano amministrativo con il sostegno ad un piano regolatore
innovativo.
Altro caposaldo del popolarismo fu la funzione regolatrice dello Stato nell’economia, che non escludeva il
suo intervento diretto quale imprenditore. Granelli, come detto, ha interpretato con duttilità e intelligenza
l’applicazione di questo principio alle nuove e mutate condizioni. Lo Stato regolatore e, tuttavia, non
completamente estraneo dalla presenza con imprese proprie o partecipate di interesse strategico per la
Nazione, è andato perciò rimodellando il suo modo d’essere nell’economia anche con il contributo di
Granelli, che non mancò neppure di segnare la sua presenza e di contribuire alla politica estera del Paese e
della Democrazia Cristiana in coerenza con il principio di auto-determinazione dei popoli, contro qualsiasi
tirannia e oppressione e per l’affermazione di un’Europa come entità politica e non soltanto economica.
Passione, impegno e competenza, fedeltà non acritica ai valori della democrazia e del cattolicesimo
democratico, sono stati la costante di Luigi Granelli, che ha continuato a testimoniarli anche nel rinato
Partito Popolare. Ricordo bene appassionati dibattiti nel Consiglio Provinciale che si tenevano al Centro
Puecher che ospitava queste riunioni. Granelli non aveva per nulla l’atteggiamento del saggio che veniva a
dispensare esperienza e consigli, perché per lui quella era ancora militanza vera, attiva, vissuta, lì e negli incontri presso le residue sezioni. La questione riguardava ancora l’attualità di una presenza organizzata in
partito dei cattolici democratici (allora il Partito Popolare Italiano era passato dal 10 al 4%), pur all’interno
di un’alleanza di centrosinistra che andava evolvendosi nell’esperimento dell’Ulivo.
Riguardato oggi, quel tempo della seconda metà degli anni ’90 restituiva ancora l’idea dell’attualità non già
soltanto della cultura cattolico democratica, ma della sua presenza nella forma di un partito politico che ne
fosse esplicita proiezione. Tuttavia si faceva avanti anche l’idea, che diventò maggioritaria, che quella
cultura potesse essere patrimonio condiviso e proprio di una forma di rappresentanza politica che
prescindesse da un partito proprio. Si ritenne che i valori e gli ideali del cattolicesimo democratico
potessero continuare a essere e reiventarsi in un contenitore più ampio e pluralista, destinato ad essere nel
contempo luogo di rappresentanza dei cattolici democratici e strumento della loro evoluzione in una sintesi
politica del tutto nuova. Questa idea, sia a destra sia a sinistra, si è rivelata illusoria. A destra i cattolici si
sono rapidamente omologati alle posizioni conservatrici. A sinistra non vi è stata assimilazione per due
motivi: il primo perché il cattolicesimo democratico del popolarismo, essendo una cultura politica, ha
continuato a conservare una sua autonomia identitaria; il secondo perché non è stata prodotta nessuna
cultura nuova che fosse sintesi delle culture politiche solidaristiche post ideologiche. Ciononostante il
cattolicesimo democratico si è trovato ad essere ridotto a una dimensione di mera testimonianza,
politicamente irrilevante.
Questo pericolo e questa prospettiva erano profeticamente avvertiti da Granelli che con i Popolari
Intransigenti era irriducibile a considerare una parentesi storiografica un’esperienza politicamente
significativa (il PPI e la DC). Al posto di quell’esperienza sono subentrati partiti che hanno la loro ragione
d’essere identitaria in un mero procedimento di selezione della classe dirigente (le primarie del PD), o che si
agglutinano attorno ai personalismi di qualche leader. D’altro canto, a parte generosi tentativi di rigenerare
una presenza politica organizzata esplicitamente ispirata alla Dottrina sociale della chiesa, ma non
espressamente al popolarismo, l’esigenza di una forma partitica chiaramente ispirata al popolarismo non è
avvertita né nel pur differenziato cosiddetto mondo cattolico organizzato, né nell’indistinta platea dei
cattolici come singoli.
La funzione per così dire profetica dei Popolari intransigenti doveva servire non tanto a testimoniare un
passato, quanto una cultura politica da garantire e promuovere, secondo il metodo di Sturzo che non
costruì un partito a prescindere dal lavoro culturale e dalla presenza nella società, ma costituì un partito
che fosse la proiezione politica dell’una e dell’altra. Per l’appunto, il metodo “basista”, cioè la lettura dei
fenomeni sociali e politici non ancorata a paradigmi precostituiti e astratti, alla luce della Storia non
maestra di vita ma strumento interpretativo dei fenomeni. In questa particolare accezione il metodo
basista recuperava, storicizzandolo, il cattolicesimo democratico come lente per comprendere e base di
riferimento per proporre
La politica dello Stato democratico, del suo allargamento e del suo consolidamento in una società divisa
politicamente e sociologicamente, che fu la costante dell’azione politica della Base, e quindi
inevitabilmente di Granelli, si collocava in una corrente profonda del cammino unitario, sia pure con metodi
e finalità diverse. Nel primo dopoguerra alla politica di Giolitti, che persegue l’inserimento di socialisti e
cattolici tentando di associarli nel governo (stessa politica perseguita anche con i fascisti, ma con i risultati
che si conoscono) nell’ottica dello Stato liberale che mantiene sostanzialmente inalterate la sue fondamenta risorgimentali e liberali, si contrappone il popolarismo sturziano che porta nello Stato la rappresentanza
di un mondo cattolico variegato ma egemonizzato dal popolarismo, vera cultura riformista, che postulava
l’allargamento delle basi democratiche attraverso la riforma autonomistica del Regno e la Legge elettorale
proporzionale.
Nel secondo dopoguerra l’egemonia degasperiana con il centrismo, quella morotea del centrosinistra e
infine della solidarietà nazionale distrutta nel sangue dal terrorismo, recuperano, pur in un contesto
politico e sociale del tutto diverso, i fondamenti del popolarismo sturziano, benché proprio Don Sturzo fu
aspro e severo critico dell’azione politica della DC nei primi anni della Repubblica. L’originalità del
“basismo”, oltre al metodo per la lettura dei fenomeni storici e politici, emerse nell’attenzione al momento
istituzionale, individuato come punto di sintesi da condividere tra culture e forze politiche contrapposte per
valori e rappresentanza.
L’idea è che istituzioni condivise non sono neutre nel gioco politico, ma
interagiscono con il principio democratico, che è efficace in quanto riposi su basi comuni e accettate tra i
soggetti politici e sociali diversi e contrapposti; dunque, le istituzioni come base di reciproca legittimazione.
Infine un‘annotazione sull’attualità del popolarismo, che fondava il suo retro-terra sul diffuso sentimento
religioso della società, sia pure reinterpretato in chiave di laicità della politica. I nostri tempi non sono facili
per il sentimento religioso ed il simbolo della religione è brandito per marcare una identità, sebbene a
quell’ostensione non seguano né gesti né comportamenti e politiche coerenti. Eppure in questo momento
di difficoltà grave forse il popolarismo potrebbe essere una cultura che parla ai credenti e non credenti,
quindi una cultura profondamente umana, cioè votata al rispetto integrale della persona umana e laica.
Ancora una volta, si ripropone il tema del metodo basista, certamente in un tempo in cui non si legge più la
cronaca della politica all’ombra dell’egemonia democristiana.
Ma è proprio in questo tempo di minoranza che torna d’attualità la forza del magistero di Granelli nel
partito di minoranza che fu il Partito Popolare degli anni ’90 del secolo scorso all’ombra del declino delle
ideologie e delle culture politiche del secolo scorso.
GATTI
LUIGI GRANELLI
Di Francesco Gatti
Arrivai al Convegno di Rimini con Virginio Rognoni e Felice Calcaterra, Luigi ci aspettava da cinque minuti.
Sono stato al suo fianco per tutto il tempo. All’ingresso evitò di incontrare Martinazzoli col quale si era
scontrato sulla procedura liquidatoria della D.C. (“Sciolta via fax”). Ci sedemmo in terza fila, davanti a noi
Massimo D’Alema, con cui Luigi non scambiò una parola; ostentatamente concentrato nel prendere
appunti.
La Presidente Luisa Cassamagnago, gli concesse la parola dopo molti altri; anche dopo Pippo Baudo:
fu il suo ultimo discorso.
Ne ho tratto un documentario.
Verso la fine dell’intervento le parole gli uscirono con sofferenza, mascheravano qualcosa di non detto e
venne travolto dagli applausi.
Fuori dall’edificio incontrammo di nuovo Felice Calcaterra; scattammo delle foto. Luigi ed Adriana
ritornarono a Milano con Gianni Mainini. Al commiato Luigi mi strinse lungamente la mano - quasi a
trattenerla: “ciao Francesco ci rivedremo presto, ripartiremo dalla repubblica di Binasco col due per
cento”. Poi aggiunse: “bisogna agire contro questa svolta; creare un fronte contro questa liquidazione del
passato.”. Mi promise che avrebbe ripreso l’azione culturale. Avrebbe rinnovato i suoi interventi con gli
ascoltatori della Radio Hinterland di Binasco; e riattivato l’Associazione dei “‘Popolari Intransigenti”. Oggi, a
distanza di 20 anni, Gustavo Zagrebelsky ci invita a una “Resistenza Civile”.
Il richiamo ad una intransigenza e alla resistenza avviene in un contesto socio-politico interno frantumato,
senza quei riferimenti al mondo occidentale uscito vincente dalle guerre contro i totalitarismi. Torniamo ai
nazionalismi, alle divisioni sui dazi, e soprattutto alle armi, con milioni di migranti che attraversano
continenti. Ogni stato si rende sovrano, misurandosi nel suo ‘cortile’.
Luigi, di fronte ad un mutamento politico-sociale così esteso, volle richiamare un’esperienza non trascorsa:
quella di un piccolo Borgo, che dalla costituzione del Partito Popolare di Don Sturzo in poi, costituì un
modello della partecipazione collettiva; strutturata attraverso corpi intermedi quali le Associazioni, Unioni
Cooperative, Sindacati, cooperative di Lavoro; enti assistenziali. Dimenticare questa storia vuol dire creare
un vuoto e distruggere la base di ripartenza verso il futuro.
Un borgo ricostruito utilizzando le macerie raccolte dal 2% dei “Resistenti”; schiacciati tra i due
totalitarismi.
Quei raccoglitori di macerie seppero trovare un collante capace di riunire e far fiorire la Comunità
attraverso la Cooperazione organizzata. La prima fu “La Mandamentale Agricola”. Seguirono altre sei,
costituite e guidate da “undici nullatenenti”. In breve tempo quella Comunità conobbe la piena
occupazione. Trovarono lavoro 218 persone, su un totale di 350 famiglie. Nacquero tante associazioni (oggi
sono più di 40). Tra queste anche una Banda Musicale “Santa Cecilia”, che è attiva ancora oggi. Delle sei
Cooperative di Lavoro solo due sono in vita. La Cassa Rurale e Artigiana, oggi banca di credito cooperativo,
e “La Fabbromeccanica”.
Riporto un fatto accaduto al termine delle prove della Banda Musicale, che dà senso al richiamo di Luigi.
Giuseppe Attilio Gatti (GAG) padre di 11 figli, trovava anche il tempo per dirigere la Banda Musicale. Nel
primo sabato del mese di luglio del 1944, dopo cena, mi caricò sulle spalle e mi portò ad assistere alle prove
musicali per le manifestazioni tradizionali. Al termine mi rivestì di tutta fretta e mi ricaricò sulle spalle.
Uscimmo dalla sala prendendo per primi le scale in ripida discesa. Al piano, superato un cunicolo, ci
trovammo davanti a sette persone: tre militari della Wehrmarcht, tre militi della Compagnia Resega e il
Maresciallo dei carabinieri, amico di mio padre. All’ordine perentorio “Dove essere Giuseppe Gatti?” mio
padre rispose solo con un movimento della mano destra; con la sinistra mi teneva la gamba. Io mi
assicuravo con la mani al suo capo. Con il pollice fece un segno all’indietro. L’addetto al tamburo che ci
seguiva Angelo Bottoni, presidente della Cooperativa delle Magliaie, ad alta voce disse: “il maestro scende
sempre per ultimo, è lui che tiene le chiavi”. Superammo il controllo iniziando a contare quanto potesse
durare la nostra notte. Mio padre capì la difficile situazione; pensò che non era lui che cercavano, ma chi gli
era stato affidato, quel dottor Monti che aveva nascosto in casa di Antonio Montani, mio zio, in via De
Amicis, distante non più di duecento metri dal posto di blocco.
Il giorno successivo, sempre a tarda sera, i sette militi invasero la nostra abitazione senza trovare GAG che
si era nascosto in un pertugio conosciuto dal Maresciallo. Giunti davanti a questo il Maresciallo invitò i militi
della Resega a cercarlo nella soffitta sopra l’appartamento.
Le mie sorelle Augusta e Chiara si recavano continuamente dallo zio per consegnargli i messaggi di Augusto
De Gasperi. Nessuno ci faceva caso, dato il grado di parentela. Entrambe ricordano che durante la recita del
rosario nel giorno della morte di nonna IDA, si trovarono improvvisamente davanti a una persona
sconosciuta, sbucata da una porticina; la quale restò con loro partecipando alla recita del rosario funebre: il
dottor Monti.
Il rifugiato, durante il periodo di isolamento venne costantemente informato delle atrocità commesse dalla
Compagnia Resega e dalla Muti. In particolare delle torture inflitte al medico condotto Andrea Loriga,
effettuate nelle prigioni del Castello Visconteo e della sua morte conseguente. Seppe dell’ordine di uccidere
Francesco Gatti con un colpo alla nuca, perché responsabile della squadra di calcio: LA VIRTUS, colpevole di
troppa esuberanza e coraggio. La stessa Compagnia, comandata da Ranzani, che gettò nel Naviglio cinque
rifugiati di Pescarenico, divertendosi a colpirli col fucile d’ordinanza fino a quando non videro più segni di
vita.
Dopo il tentativo d’arresto nella sua casa, Giuseppe Attilio Gatti si mise in contatto con Alcide De Gasperi
e con suo fratello Augusto. Con Alcide aveva condiviso la fase di rinnovamento del Partito Popolare dalla
sua costituzione. Nella foto che li ritrae al Congresso del 1925 De Gasperi è in alto al centro, mentre
Giuseppe Attilio Gatti è al centro.
Il giorno dopo la visita del ‘Commando’ GAG decise di andare a trovare un cliente della Cariplo locale, di cui
era direttore: la Salumeria Magnaghi. Chiese un automezzo su cui caricò il Dottor Monti, nascondendolo
dietro due sacchi di salumi. Arrivarono a Como. Ad aspettarlo c’era Valerio con alcuni partigiani della
Brigata Garibaldi dell’Oltrepò Pavese. Enrico Mattei chiese subito notizie su Rino Pachetti. Lasciò detto di
contattarlo; doveva affidargli una missione importante. Finito il suo compito GAG salutò Enrico Mattei, (che
non rivide mai più; nessuna corrispondenza, né rapporti casuali fra i due componenti del CLNAI) risalì
sull’automezzo e ritornò a Binasco in tempo a chiudere gli uffici della Cariplo. Venne successivamente
informato che Enrico Mattei era stato catturato e incarcerato nel carcere di San Donato a Como. Durante la
carcerazione subì anche una finta fucilazione. Il commissario che aveva dato l’ordine venne regolato dai
partigiani della Valtoce.
Vero è che GAG faceva parte del C.L.N.A.I. delle province di Milano e Pavia, e che era costantemente in
contatto con tutti i rifugiati nella zona di Binasco. Per i suoi undici figli il dottor Monti era uno “sbandato”
da tutelare. Cosi come Falk, Meda, Malvestiti, Clerici, Ferrari Aggradi.
Giuseppe Attilio Gatti già agli inizi del 1942, con Augusto De Gasperi, Meda, Clerici, Malvestiti, Miglioli, Falk,
Zacchetta ed altri amici, discuteva continuamente sulla necessità di creare un nuovo movimento, in grado
di affrontare politicamente i problemi del dopo guerra. Movimento che si dette un nome: ‘Democrazia
Cristiana’, la quale si costituì nello stesso anno, lui presente, a Milano, in casa Falk.
Luigi Granelli richiamando il desiderio di un ritorno a Binasco, volle indicare che la strada politicamente
giusta andava costruita giorno per giorno e mantenuta su progetti politici/sociali, su fatti concreti come
quelli della Binasco Cooperativistica e Resistenziale. A Rimini invitò gli Amici a riprendere il dibattito
culturale, a sostenere le istituzioni: i corpi intermedi, salvaguardando il confronto democratico. La
DEMOCRAZIA e LA COOPERAZIONE ripartendo dal due per cento, come i primi partigiani.
Dopo poco tempo Luigi mi inviò il testo- fascicolato- del suo discorso, con una annotazione sul frontespizio:
“A Francesco, resta la TRILUME del Castello, con affetto”
Luigi col termine TRILUME voleva ricordare la rivista trimestrale dove i suoi articoli costituivano il tema
politico e culturale su cui tutti i lettori potevano intervenire.
Questa rivista cessò di vivere, dopo un articolo dal titolo “Binasco decadence”, il cui contenuto non era in
linea con le finalità dell’Istituto finanziatore: la banca di credito cooperativo; erede della Cassa Rurale ed
Artigiana fondata da Giuseppe Attilio Gatti nel 1921; la quale attualmente, nella graduatoria per efficienza è
classificata tra le ultime dieci; tra le trecento sopravvissute. Nel 1922 se ne contavano 3.540, in piena
salute.
(sopra) Congresso del Partito Popolare del 1925- Il segretario Alcide De Gasperi è il più in alto
,sopra la foto.. Giuseppe Attilio Gatti è al centro: il terzo a destra della foto di Don Sturzo, esule a
Londra. Ritornerà in Italia al termine della guerra.
LA PIRA
I GIOVANI della D.C. : cresciuti con il MAESTRO LUIGI GRANELLI
Durante le vacanze della Pasqua 1964 io - non ancora diciottenne, studente al liceo classico Berchet di
Milano, cresciuto a pane e politica in una famiglia di immigrati siciliani che “stravedeva” per zio Giorgio -
mi rivolsi proprio a lui a Firenze per un consiglio: come iniziare un impegno nella politica milanese.
Lo zio mi disse: “Vai a mio nome a trovare Luigi Granelli”.
Andai quindi in via dei Pellegrini 26 e, al termine di questo primo incontro, colui che sarebbe poi divenuto
Il mio Maestro, mi indirizzò in via Nirone per parlare con Sandro Bertoja. Così feci subito ingresso nella
struttura del Movimento Giovanile provinciale della D.C. milanese ( incarico per le attività culturali e
poi per gli studenti medi ).
Iniziai quindi il mio apprendistato politico al terzo piano,nelle stanze del Movimento Giovanile : presto poi
-iniziata la frequenza alla Cattolica di largo Gemelli – il mio impegno crebbe fino a diventare assiduo,
quasi quotidiano e sempre più convinto.
L’ adesione alla D.C. di quegli anni era maturata velocemente anche per le caratteristiche politiche di
quella Democrazia Cristiana così speciale : essa si distingueva per la linea della sinistra di Base guidata da
Marcora e Granelli e vi aderivano già centinaia di amministratori locali, dirigenti e semplici militanti di
molte province.
Anche il Movimento Giovanile – dopo Sandro Bertoja, Giancarlo Moretti,Salvatore Franconieri, Ezio
Cartotto – mi vide raggiungere il vertice provinciale con la collaborazione di una squadra nuova ed
Entusiasta ( Attilio Elli, SalvatoreDonato, Gianluigi Vercesi, Gianni Dincao, Antonio Ballarin, Alberto
Fossati, Enrico Farinone ,etc.) e decine di giovani leve; ragazzi che in ogni realtà della nostra provincia
fornirono un contributo decisivo al rinnovamento della classe dirigente democratico cristiana.
Per noi riferimenti fondamentali furono allora sia l’abilità politico-organizzativa di Marcora sia l’esempio
personale, la passione ideale, la cultura politica, la coerenza morale di Granelli . Eravamo entusiasti
anche della sua capacità oratoria; fu davvero il maestro di noi tutti che abbiamo avuto la fortuna di
condividere fino agli anni ‘80 la positiva esperienza dei giovani democratici cristiani.
Basterebbe oggi tornare col pensiero a tutte le molteplici occasioni – in via Nirone, in via Mercato, in
ogni congresso, ai tanti convegni sui laghi lombardi – in cui la concretezza di Albertino e la lucida
eloquenza di Luigi riscuotevano il consenso convinto dei giovani D.C. : in ogni occasione non si poteva
non applaudirli appassionatamente.
La consonanza politica e ideale con Granelli è via via cresciuta in quegli anni e si è poi sviluppata in tante
proposte ed iniziative che i giovani della D.C. hanno promosso per circa tre lustri.
Ed è con orgoglio che in questa sede mi permetto oggi di ricordare alcune felici intuizioni e le più belle
battaglie che insieme siamo riusciti a gestire come Movimento Giovanile; e poi come nuovi dirigenti di
quella Democrazia Cristiana. Sempre a fianco del nostro Maestro.
- PER LA PACE , PRIMO : CAMBIARE LA N.A.T.O. ! fu lo slogan coraggioso della grande
manifestazione di 5000 giovani che sfilarono in corteo ,per la prima volta, per le vie di Milano.
RICONOSCIMENTO GIURIDICO DELL’ OBIEZIONE DI COSCIENZA AL SERVIZIO MILITARE una lunga
ardua battaglia che ci ha visto impegnati in primo piano su moltissimi fronti. Decine di assemblee e
dibattiti nelle nostre sezioni in periferia; una “difficile” manifestazione nazionale a Roma; la elaborazione
di proposte per arrivare ad una legge in Parlamento; la pubblicazione presso l’editore Gribaudi
del nostro volume “LA COSCIENZA DICE NO!” ( 1968-aa.vv.); varie iniziative di sostegno in ogni sede alle
proposte di legge per il riconoscimento giuridico dell’obiezione di coscienza. Fino al 14 dicembre 1972
allorchè finalmente fu approvata in Parlamento la cosiddetta Legge Marcora;
- ELEZIONE DI GRANELLI ALLA CAMERA DEI DEPUTATI ( maggio 1968) massiccia mobilitazione dei giovani
D.C. milanesi per la candidatura del loro maestro; grandissima manifestazione al Palalido di Milano :
comizio di Granelli e musica dal vivo con Patty Pravo e tante band;
- STAMPA DI PARTITO assidua presenza su “Il popolo lombardo” e pubblicazione del nostro mensile
“Italiano Democratico” , oltre ad una cospicua serie di manifesti murali e opuscoli monotematici che si
distinguevano anche graficamente per il logo bianco i giovani d.c. su bordo verde;
- INIZIATIVE PUBBLICHE DI SOLIDARIETA’ 1967 : con il popolo greco ( colpo di stato dei colonnelli ); 1973 :
con il popolo cileno (colpo di stato di Pinochet) anche con la presenza di Bernardo Leighton, esule in Italia;
- FORMAZIONE POLITICA decine di corsi estivi residenziali (a Pallanza, Cannobio, Leggiuno, San Felice del
Benaco, etc.) con tanti giovani, militanti e non, che affluivano dalla Lombardia e da varie province d’Italia.
Non ci mancava mai una “lezione” del maestro Luigi: così egli contribuiva sempre alla maturazione
della nuova classe dirigente che si andava affermando nelle amministrazioni degli enti locali e fra i migliori
quadri dirigenti della D.C. in mezza Italia, nelle regioni, in Parlamento;
- REGIONE LOMBARDIA nel 1970 alla prima elezione del Consiglio Regionale ( presidente di Giunta Piero
Bassetti ) il Movimento Giovanile ha fatto eleggere l’amico Sandro Bertoja; poi nel 1975 il giovanissimo
Antonio Ballarin;
- CONGRESSI DELLA DEMOCRAZIA CRISTIANA in Lombardia e a livello nazionale, negli anni 1970 – 1985 la
presenza dei giovani ed ex–giovani ha supportato le battaglie di Marcora e Granelli per l’affermazione di
linee politiche più avanzate e per un coraggioso rinnovamento interno della D.C. a tutti i
livelli. Il sostegno ampio e convinto dei giovani ha contribuito all’ avvento della segreteria nazionale di
Benigno Zaccagnini che, dopo il tragico sacrificio di Aldo Moro, ha contrassegnato positivamente quella
difficile fase storica della D.C.;
- UNIVERSITA’ STATALE DEGLI STUDI DI MILANO nel 1974 alle elezioni studentesche per la scelta dei
rappresentanti nel Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo , i giovani D.C. - con la lista Cattolici Popolari
insieme agli studenti di Comunione e Liberazione – hanno ottenuto una prima significativa affermazione.
***
Mi permetto infine qualche breve nota privata, relativa al mio rapporto personale con Luigi
Granelli. Come dicevo all’ inizio, è stato proprio lui nel 1964 che mi ha “spedito” alla D.C. di via Nirone.
Nel settembre 1973 è venuto nel piacentino per farmi da testimone di nozze, insieme allo zio Giorgio da
Firenze. Negli anni ‘68 – ‘88 ho avuto modo di impegnarmi e di fare belle esperienze in vari
organismi milanesi (Centro di cultura Giancarlo Puecher; I.L.S.E.S./ Istituto Lombardo di Studi Economici
Sociali; I.R.E.R. / Istituto Regionale di Ricerca della Lombardia ); gli stessi ambiti nei quali Granelli aveva
già ricoperto ruoli importanti e utili per la comunità lombarda.
In sostanza per me Luigi è stato sempre un vero maestro, anzi un professore.
- Giorgio LA PIRA -
LA NUOVA SEDE DELLA D.C. di PREGNANA ( Da Il POPOLO di RHO – numero chiuso al 30 settembre 1986)
E’ STATA INAUGURATA ALLA PRESENZA DEL MINISTRO GRANELLI
Domenica 15 giugno 1986 è stata inaugurata la sede della Democrazia Cristiana di Pregnana Milanese,
intitolata al compianto sen. Albertino Marcora.
Il discorso di apertura è stato tenuto dal segretario Alfonso Gulin, il quale ha rievocato le principali tappe
dell’indimenticabile Albertino, uomo politico italiano di statura europea, dai grandi ideali morali e spirituali.
Una vita la sua tutta dedicata al supremo interesse della democrazia, nell’ accezione più ampia del termine.
Ex vice-comandante partigiano dell’Ossola nella formazione Alfredo di Dio, Marcora è stato tra i padri
fondatori della nostra Repubblica.
Il segretario DC ha concluso richiamando all’attenzione dei presenti la nuova lenea politica del partito, che
ha effettivamente e concretamente imboccato la strada del rinnovamento, anche a livello locale, grazie al
contributo di molte forze e in particolare di quelle cattoliche, che hanno saputo profondere quella sicurezza
di valori e di ideali tanto cari anche ad Albertino.
Il capogruppo consiliare Paolo Toponi ha poi avuto modo di riprendere questa ultima riflessione, ribadendo
che nella Democrazia Cristiana di Pregnana Milanese sono oggi presenti uomini che, all’indomani delle
elezioni dello scorso anno, sono stati chiamati ed espressamente indicati dagli elettori a rappresentare la
ricerca di rinnovamento del partito.
Il sen. Luigi Granelli, che ha presenziato all’inaugurazione, ha poi ribadito che la DC di Pregnana, intitolando
ad Albertino la nuova sede, ha assunto un impegno molto grande e difficile.
Il Ministro della Ricerca ha avuto modo di sottolineare anche che in nessun campo si possono acquistare
responsabilità se non si accetta il rischio, se non si dà l’esempio.
Ha chiuso la riuscita cerimonia il sindaco Maggioni che, ricordando le tappe più significative dell’amico
Granelli, ha poi consegnato al Ministro una targa, a ricordo della giornata certamente indimenticabile per
tutti i pregnanesi.
Erano presenti alla cerimonia, la sig.ra Adriana Granelli, il dr Livio Tamburi segretario DC di zona, Marazzini,
segretario di zona di Parabiago ,il sig. Bossi del Corpo Volontari della libertà Partigiani Cristiani, Felice
Calcaterra presidente dell’UPEL, il dr Giuseppe Restelli , l’assessore Chiminello e l’ing. Banfi in
rappresentanza del Comune di Rho, il sindaco di Boffalora e presidente dell’USSL di Magenta Umberto Re,
Carlo Calcaterra presidente dell’Atinom, Elio Maggioni in rappresentanza dell’Ussl 68 di Rho, l’assessore
Lombardi di Vanzago , Frassinetti Adolfo di Arese, il segretario politico di Cornovecchio Marilena Tansini
oltre ai rappresentanti dell’amministrazione comunale pregnanese al completo, gli assessori Cozzi, Arturi,
Benzi, Pizzigoni, Pisano, Chessa.
Durante la giornata proseguita presso il campo sportivo di Via Leopardi hanno poi onorato la Festa
dell’Amicizia con la loro presenza l’assessore regionale Giovanni Verga, i consiglieri regionali Patrizia Toia e
Serafino Generoso e il dirigente provinciale Spes Stefano Natalucci.
Documentazione trasmessa da Fausto Benzi
MAININI
LUIGI GRANELLI PARTIGIANO
Ho conosciuto Luigi Granelli in una settimana di aggiornamento politico, organizzata dal provinciale DC di
Milano, tenutasi al collegio arcivescovile di Porlezza nel luglio 1961.C’erano molti amici che poi ho ritrovato
nelle file della DC e della Base.
Allora era presidente dell’INAPLI e ci parlò di formazione professionale ma la sua capacità oratoria era
appassionante, di qualunque cosa parlasse; così poi il discorso non fu solo tecnico ma si allargò ovviamente
alle prospettive di riforma della scuola e dello sbocco lavorativo delle giovani generazioni.
Rimasi subito affascinato e confesso che il suo intervento fu per me uno stimolo ancor più importante di
quanto era stata la mia formazione liceale ad appassionarmi di politica, di problemi sindacali, di visioni ed
aperture nuove, di comprensione dei fenomeni sociali.
Un solo altro oratore mi piacque molto, sopra la media degli altri interventi e relazioni, fu Dino Del Bo.
Poi gli studi universitari ed il lavoro non mi permisero una frequenza assidua del partito ma tuttavia mi
ricordo di varie puntate alla Base, ancora in via Cosimo Del Fante e poi la partecipazione a qualche
convegno e l’approdo in via Mercato. Da assessore dapprima e sindaco poi di Inveruno le occasioni di
incontri e frequentazioni aumentarono: ricordo la partecipazione ad un convegno nel 1991 a Gallarate sulla
riforma delle Autonomie Locali (la famosa Bassanini), ad Assago –Milano Fiori dove Luigi concludeva spesso
le due giornate di lavori, anche quando c’era Marcora, che affidava volentieri a lui questo compito.
Nel 1968 sul giornale locale di Inveruno e del Castanese PAESE avevo fatto un profilo per la sua campagna
elettorale dal titolo “Luigi Granelli candidato al Parlamento”. Qualche anno prima per un articolo sulla
Resistenza non ortodosso Marcora mi convocò per una benevola reprimenda in via Nirone.
Da sindaco nel 1986 ho istituito il Premio Europeo Marcora per l’agricoltura, alimentazione e ambiente
:memorabile l’edizione del febbraio 1988 quando convennero al teatro Brera di Inveruno il presidente del
consiglio Giovanni Goria, i ministri Pandolfi(Agricoltura) , Galloni(Istruzione) e Granelli alle Partecipazioni
Statali ,il presidente della Regione Tabacci ,il presidente della Provincia Andreini.
Luigi fu sempre vicino alla manifestazione, il vero biglietto da visita, in Italia ed anche all’estero. Nel 1992,
commissario UE Pandolfi, ci recammo a Siviglia dove tenemmo la cerimonia del Premio nella sede dell’Expo
mondiale.
E poi credo non sia mancato mai ad una edizione fino al 1998.
Nel 1995, da commissario PPI di Milano incaricato dal segretario Bianco di rifondare il Comitato
Provinciale, su indicazione di Felice Calcaterra, vengo chiamato come segretaria amministrativo a dare una
mano alla sistemazione della situazione finanziaria ,deteriorata dopo i continui spostamenti da Via Nirone
a Via Edolo a Via Leopardi, la riduzione del personale, le cause intentate da dipendenti e fornitori.
I rapporti, le frequentazioni, anche familiari aumentano.
Nel 1996 mi stimola a presentarmi candidato per l’Ulivo nel collegio di Busto Garolfo e mi accompagna
spesso con la moglie Adriana ad alcuni incontri e confronti pubblici (m ricordo in particolare una serata al
cinema parrocchiale di Ossona, presentata da Egidio Bertani).
Al congresso provinciale nel 1966 dalle Orsoline di Viale Maino Luigi lascia la carica di segretario e viene
eletto Enrico Farinone.
In privato e nei contatti umani Luigi era molto meno serioso di quanto sembrasse, dotato di una ironia
pungente e gioviale: gli piaceva il coniglio in umido cucinato da mia moglie e celiava confrontandolo col
pollo al curry che ogni tanto gli propinava Adriana.
Dopo la morte di Marcora si prese sulle spalle la Base assieme a Felice, fino alla chiusura della stessa nel
1994. Quindi la breve esperienza dei Popolari intransigenti.
Era con lui , Gingio Rognoni e Felice Calcaterra al congresso di Rimini del settembre ‘99 ,quando si dimise
dal Partito Popolare. L’ho accompagnato nel ritorno a Milano e ci siamo fermati alla rocca di San Leo e poi
in un ristorantino di Verucchio , dove abbiamo(soprattutto lui ) passato gli ultimi momenti di serenità e di
spensieratezza che la sua malattia avanzante rendeva sempre più rari .A metà ottobre il ricovero e a inizio
dicembre la scomparsa.
Una cosa bella che voglio aggiungere alle tante biografie o ricordi che ci sono e ci saranno su Luigi è quella
poco conosciuta che ho avuto la fortuna di veder delineata riorganizzando l’archivio del Raggruppamento
Divisioni Patrioti Alfredo Di Dio di Busto Arsizio, di cui era stato fondatore Albertino Marcora per
testimoniare e continuare i valori della formazione di cui era stato vicecomandante durante la Resistenza.
In queste documentazioni risulta la sua iscrizione al Raggruppamento e la presenza a riunioni e convegni,
nonché una quantità di interventi e prese di posizioni che svelano una caratteristica poco conosciuta di un
uomo profondamento legato ai valori e al mondo della Resistenza.
Luigi era troppo giovane per poter partecipare sia alle azioni militari che al supporto logistico alla guerra
partigiana ma essendo cresciuto all’imbocco della Valle Camonica respirò l’aria di una delle più importanti e
gloriose esperienze della Resistenza, in particolare quella cattolica. A Lovere, da giovanissimo militante di
azione cattolica (alcuni dirigenti di questa organizzazione furono fucilati nel marzo 1944) con altri amici si
avvicina alle Fiamme Verdi (una delle più gloriose divisioni resistenziali in cui transitò anche Teresio Olivelli).
Fu facile incontrando e frequentando un comandante di primo piano come Marcora, vice della Alfredo Di
Dio, approfondire ed assimilarsi nell’esperienza resistenziale. Luigi divenne socio del Raggruppamento nel
quale ha dato apporto a molte iniziative. Nell’ambiente marcoriano e della Base circolavano altri illustri
personaggi che avevano vissuto la Resistenza, da Bruno Bossi a Giuseppina Marcora, a Marchetti poi
direttore della “La Base” ,a Gianangelo Mauri a Fausto Del Ponte etc .La partecipazione diretta od anche
postuma alla Resistenza fu anche un battesimo politico. La presa di coscienza della tragedia del fascismo
portò ad una qualificazione politica della propria presenza con la ricostruzione delle battaglie dei cattolici, a
cominciare da quelle di Sturzo e del Partito Popolare e per contribuire con le proprie idee alla costruzione
della DC e alla ricostruzione dell’Italia con la nascita e lo sviluppo della democrazia repubblicana.
I cattolici democratici erano fieri del loro contributo alla lotta di Liberazione: durante la liberazione di
Milano mentre i partigiani dell’Alfredo Di Dio marciavano vittoriosi insieme agli altri, un piccolo aereo lanciò
dal cielo quindicimila “fazzoletti azzurri” che erano il segnale orgoglioso di una partecipazione con le carte
in regola alla vittoria.
“Il Raggruppamento Di Dio testimonia queste scelte in sintonia con le giuste preoccupazioni del partigiano
Giuseppe Dossetti circa la difesa della Costituzione e gli ideali di convivenza pacifica che animarono la
Resistenza dei cattolici con il sacrificio della vita di molti di essi. Troppe volte il significato dell’antifascismo
cattolico e della partecipazione alla Resistenza è stato lasciato nel cassetto. I valori di quelle scelte
restarono per molti un elemento di ispirazione nella DC ma ora che nuovi pericoli si affacciano all’orizzonte
è indispensabile ritrovare la fierezza delle origini. (Aprile 1994 intervista al Popolo: Le carte in regola dei
cattolici)”.
Nel 1992 ,da vicepresidente del Senato,è stato oratore ufficiale nella cerimonia organizzata dalla
Federazione Italiana Volontari della Libertà per il conferimento di una attestazione da parte del
Raggruppamento Di Dio alla città di Busto per la sua significativa importanza nella Resistenza ,dove
commemorò tutte le figure di spicco della Resistenza cattolica dell’Italia del Nord.
In occasione della celebrazione del 25 aprile 1994 redasse un appello approvato dal direttivo del
Raggruppamento Di Dio in cui sosteneva che “la celebrazione doveva essere occasione di rilancio di una
significativa non strumentale unità popolare sui valori di libertà, democrazia e giustizia. Questi ideali
consacrati da immensi sacrifici e dalla morte di tanti innocenti sono affidati all’impegno di quanti hanno
operato per essi e alle nuove generazioni che vanno aiutate anche con un più corretto insegnamento della
storia ad assumere le loro nuove e specifiche responsabilità per evitare rischi già pagati in passato”.
Sul quotidiano “ Il Giorno” del 3 febbraio 1994 in qualità di senatore PPI e consigliere dell’Istituto nazionale
per la storia del movimento di Liberazione, dichiarava di condividere l’appello delle Associazioni dei
Combattenti contro il tentativo di cancellare la memoria della Resistenza( maldestro tentativo della Lega
poi rientrato) .” La pensata di un attacco senza precedenti al 25 Aprile, quasi per annullare con un sol colpo
la guerra di Liberazione e la Resistenza era grossolana ma esprimeva il sintomo di una campagna di
delegittimazione dell’antifascismo in atto da tempo. Il fascismo aveva smantellato una per una persino le
garanzie liberali dello statuto albertino. Don Minzoni e Matteotti furono vilmente assassinati. Il tribunale
speciale fascista ha pronunciato 29 sentenze di morte ;furono 8mila gli internati,15mila i domicili
coatti,160mila i sorvegliati speciali, decine di migliaia di anni di carcere. Non si può cancellare tutto questo
considerando il fascismo una parentesi e l’antifascismo un errore eguale e contrario. La guerra di
Liberazione ha visto la mobilitazione prima di minoranze coraggiose e poi di un popolo che ha riscattato
l’onore dell’Italia”.
Ma già in occasione delle celebrazioni del 25 Aprile 1987 a Boffalora Ticino, sindaco Umberto Re, rifletteva
che la celebrazione ci interrogava sulle caratteristiche fondamentali della nostra identità politica e
culturale. “E’ una ricorrenza che ci è cara perché riporta il ricordo di tanti amici che in quei giorni raccolsero
il frutto delle loro scelte coraggiose, primo fra tutti Albertino Marcora che con i tanti amici della Divisione Di
Dio scendeva dalle montagne per iniziare l’esperienza di vita democratica. La libertà che allora fu
conquistata è un bene che va difeso ogni giorno: dobbiamo realizzare ora, nelle mutate circostanze, i valori
della democrazia senza illuderci che le conquiste di allora possano essere considerate definitive e
inattaccabili. Ma questi ricordi legati alla data che commemoriamo furono il traguardo finale di un lungo e
drammatico cammino attraverso i campi di battaglia e tanti, troppi, furono quelli che non poterono vivere
la luminosa giornata del 25 aprile. Noi li onoriamo oggi ma il modo migliore di non tradire la loro eredità è
di saperci dedicare ai nostri doveri civili e politici anche solo con una minima parte del loro senso di
responsabilità del loro spirito di servizio, di capacità di sacrificio. E’ come se si fosse inaridita la fonte di idee
e di ricordi che fino a qualche anno fa animava i nostri dibattiti e il confronto tra le forze sociali. Le battaglie
Degasperiane per una Italia libera nella solidarietà occidentale ed europea, la tensione ideale con cui Moro
ci guidò all’ampliamento della base popolare della democrazia appartengono alla storia della nostra
democrazia ed in larga misura anche alle nostre storie personali. Per ridare slancio alla nostra iniziativa
politica non dobbiamo inventare nulla: basta che ci rifacciamo alle cose migliori della nostra storia, agli
esempi di generosità personale di cui abbiamo cara la memoria”.
Gianni Mainini
MAURI BREVE STORIA RAGIONATA E GLI ARTICOLI DI LUIGI GRANELLI
Gli anni della Resistenza (1943-45) colgono Luigi Granelli alla conclusione del suo breve periodo di studi,
con il diploma di scuola professionale che gli consente di impegnarsi in lavori di carpenteria metallica
nell'azienda artigiana familiare prima di trovare occupazione come operaio specializzato tornitore
all'Italsider. Ciò avviene a Lovere, in provincia di Bergamo, dove Granelli è nato l'1/3/29. La seria
preparazione culturale per la quale sarebbe stato noto in seguito, la capacità di esprimersi con efficacia
come oratore e scrittore, derivano da un'innata passione per lo studio della politica e dallo svolgimento, sin
da giovanissimo, di un'intensa attività pubblicistica in cui si è concretata buona parte della sua
partecipazione alla lotta politica. L'ambiente in cui Granelli matura le proprie convinzioni ed opera le prime
scelte di campo ideologiche e politiche è quello del mondo dei lavoro e della Gioventù di Azione Cattolica in
una diocesi di forte ed antica tradizione nella formazione dei fedeli e nella ispirazione della stessa
esperienza civile delle popolazioni. Dall'esperienza in fabbrica nasce il collegamento con i gruppi sindacali e
politici che considerano essenziale, tra i valori della democrazia italiana, quello della giustizia sociale e
perseguono quindi obiettivi politici di promozione del mondo del lavoro e di affermazione dei suoi diritti.
La partecipazione all'Azione Cattolica mette Granelli in contatto con le espressioni principali dei
cattolicesimo europeo che negli anni '20, '30 e '40 aveva elaborato in libertà, lontano dall'influenza del
fascismo prima e del nazismo poi, le proprie teorie sullo sviluppo della società e sui rapporti tra fede e
politica. Le letture più impegnative del giovane Granelli sono in particolare L'Umanesimo Integrale di
Jacques Maritain ed II Personalismo di Emmanuel Mounier. È in questo periodo (1947) e su questi temi che
il gruppo bergamasco cui Granelli appartiene stabilisce rapporti con la linea di Giuseppe Dossetti,
l'intellettuale cattolico che con Amintore Fanfani e Giuseppe Lazzati aveva contribuito, nei tempi del
declino del fascismo, alla fondazione delle basi etiche e culturali dell'impegno dei cattolici democratici. Il
collegamento con i dossettiani fa di Cronache sociali (1947 -1951) il periodico che maggiormente influenza
la formazione dei giovani democristiani di sinistra.
L'apertura internazionale guidata dalla lettura di Maritain si allarga alle riflessioni sui teorici occidentali
dell'intervento dello Stato in economia, Keynes e Beveridge, mentre la predicazione di La Pira sui diritti
della povera gente conferisce animazione sociale ed indica concreti obiettivi politici all'esperienza
democratico-cristiana. La polemica di Cronache sociali contro la rottura del governo di unità anti-fascista
(1947) e contro l'influenza della cultura liberale (Corbino, Einaudi, Pella) sulla politica economica, completa
l'esperienza su cui si fonderà la formazione della nuova generazione dei cattolici democratici negli anni che
precedono la svolta del 1948.
Le elezioni dello scontro tra la DC, alleata con i socialdemocratici ed i partiti di democrazia laica, ed il fronte
popolare socialcomunista segnano la vittoria della DC ed aprono una fase di accese discussioni sul ruolo del
cattolici democratici nella costruzione del nuovo Stato e sui loro rapporti con la cultura liberale da una
parte e le forze di ispirazione marxista dall'altra. Luigi Granelli è tra i sostenitori del tentativo dì Giuseppe
Dossetti (vice segretario della DC dopo il congresso del 1949) di escludere dai ministeri economici dei
governo De Gasperi gli esponenti di scuola liberale (Corbino e Pella). Il tentativo fallisce, Fanfani entra
egualmente nel governo, Dossetti fa la scelta delle dimissioni dal partito e della rinuncia al Parlamento. La
sinistra DC entra in polemica aperta con la maggioranza del partito.
La formazione popolare e progressista dei giovani cattolici democratici si va completando intanto ¬per
quanto riguarda la concezione del ruolo dei cattolici impegnati in politica - nel rapporto con il prof. Gabriele
De Rosa, storico del Partito Popolare ed interprete della tradizione sturziana. De Rosa negli anni cinquanta
offrì con i suoi libri una illuminante lezione sulla laicità dell’impegno di don
Sturzo e su un rapporto tra fede e politica in cui la prima è fonte di valori e la seconda momento di
assunzione diretta - non mediata cioè dalla gerarchia ecclesiastica - delle responsabilità personali di chi
opera nel partito e nelle istituzioni. Si tratta del coronamento di un ciclo formativo iniziato con la scoperta
di Maritain e la sua lezione su una società profana ricondotta sotto la guida dei valori cristiani senza tuttavia
riproporre la soggezione medievale del potere politico a quello religioso. Ne conseguirà, anche per Granelli
ed i suoi amici, una rivalutazione della concezione politica che De Gasperi ereditò - come impegno ad un
tempo laico e cristiano - direttamente da don Sturzo. Il complesso di queste esperienze politiche e culturali
confluì nella partecipazione di Granelli al movimento della Base, che dopo le elezioni del 1953, l'apertura
della crisi del centrismo ed inquietanti segnali di sbandamento a destra della politica italiana, nacque a
Belgirate (Novara) da un convegno di partigiani cattolici reduci dalle battaglie della formazione Fratelli Di
Dio convocato da Giovanni Marcora per mobilitare la periferia della DC sui valori della Resistenza e del
popolarismo cattolico. Alla Base Granelli, trasferitosi a Milano nel 1955, incontra - oltre a Marcora ,Giovanni
Galloni, Carlo Donat-Cattin e, tra gli altri, Ciriaco De Mita, Riccardo Misasi, Gerardo Bianco che studiavano
all'Università Cattolica. La Base lotta contro i tentativi di apertura a destra delle maggioranze parlamentari
e lancia proposte riformiste in materia economica, sociale, istituzionale.
Granelli partecipa in primo piano alla battaglia delle idee con un'intensa attività pubblicistica sul periodico
La Base, su Prospettive ed infine con la direzione di Stato Democratico. Sono anni di opposizione nel partito
e nel paese alle involuzioni moderate, alle intese parlamentari con la destra liberale, monarchica e
neofascista, alle versioni clericali dell'attività politica dei cattolici. Nel 1956 al congresso di Trento la Base
entra in Consiglio nazionale con De Mita, Granelli, Negrari, Ripamonti e Sullo. Nel 1957 la segreteria
Fanfani, dopo lunghi anni di duri contrasti, apre alla sinistra e Granelli entra per la prima volta nella
Direzione Centrale del partito (fenomeno inatteso da Granelli che si trovava - quando venne nominato - in
viaggio di nozze in Iugoslavia. Questo suo viaggio venne attaccato da II Borghese dicendo che "Granelli era
andato a prendere lezioni di comunismo da Tito"), della quale farà poi parte quasi senza interruzioni fino al
1991. Nei 1958 Granelli si presenta candidato alle elezioni politiche. E l'occasione in cui si rivela il livello di
difficoltà della battaglia per l'autonomia dei cattolici impegnati in politica rispetto alla gerarchia
ecclesiastica e per l'apertura di un dialogo a sinistra con l'obbiettivo dell'allargamento della base popolare
dei governi. L'arcivescovo di Milano card. Montini esprime la propria contrarietà all'apertura a sinistra (per
ragioni non dottrinali, precisa, ma di opportunità politica) e ricevendo personalmente Granelli avverte il
giovane candidato della relatività in cui va intesa l'autonomia dei cattolici in politica rispetto all'autorità
ecclesiastica. Dispiacque alla Curia che la notizia dell'incontro fosse comparsa sui giornali; ciò irrigidì i
rapporti ed al termine di una campagna elettorale segnata da punte di ostilità del clero e di settori del
mondo cattolico, Granelli non venne eletto. In occasione delle successive elezioni politiche egli rinunciò a
candidarsi. Diverrà per la prima volta parlamentare nel 1968.
Alla vigilia dell'elezione del card. Montini al
Pontificato i dissensi tra Granelli ed il futuro Paolo VI erano stati chiariti in un sereno colloquio dì congedo.
Luigi Granelli verrà eletto nel Consiglio Comunale di Milano (1965) e sarà per 4 anni capogruppo consigliare
della DC dopo aver contribuito alla realizzazione del centro sinistra negli Enti locali milanesi e a livello
nazionale stringendo un forte legame di collaborazione con Aldo Moro. Eletto deputato nel 1968, Granelli è
stato rieletto nel 1972 e nel 1976 a Montecitorio. Sottosegretario agli Esteri dal '73 al '76 ha organizzato a
febbraio 1975 la prima Conferenza Nazionale dell'Emigrazione (discorso di Paolo VI). Membro del
Parlamento europeo (con funzioni di capo-delegazione della DC) dal 1976 al 1979, è stato nello stesso
periodo responsabile dell'ufficio delle relazioni internazionali della DC. Eletto senatore (Collegio di Cantù)
nel 1979 è stato confermato nel collegio-di Vimercate nel 1983 e nel 1987. 11 1983 è anche l'anno
dell'entrata nel governo, con il ministero della Ricerca Scientifica. Assunto il dicastero nel I° governo Craxi,
lo conserverà nel VI° governo Fanfani; nel successivo governo Goria, del 1987-88 sarà ministro delle
Partecipazioni Statali. Dell'attività ministeriale vanno ricordati la costituzione dell'Agenzia spaziale italiana,
il decisivo aumento della spesa per la ricerca scientifica, il varo dei piani di settore fra università e industria
nei settori strategici della biotecnologia, dell'elettronica e della chimica dei nuovi materiali. Iniziative come
l'istituzione del laboratorio per le biotecnologie a Trieste e l'insediamento della macchina per la luce di
Sincrotrone affidato alla guida dei premio Nobel Rubbia promuovono una inversione di tendenza rispetto
alla "fuga di cervelli" che aveva impoverito per decenni il mondo della ricerca scientifica nazionale. Come
ministro delle Partecipazioni Statali Granelli promosse la privatizzazione di Mediobanca e della Lane Rossi;
si oppose invece all'accordo ENI-Gardini sul progetto ENIMont che si prospettava nei termini che ne
avrebbero causato la crisi e il fallimento.
Dell'attività parlamentare più recente meritano di essere ricordate le battaglie contro la legge Mammì
sull'emittenza radiotelevisiva, con particolare riguardo alla condizione di privilegio che si andava delineando
- e che ha trovato poi piena conferma nei fatti - per la posizione dominante della FININVEST nei settori della
comunicazione e dello sfruttamento delle risorse pubblicitarie. Di grande impegno anche l'iniziativa
parlamentare di Luigi Granelli contro la legge sulla droga (SO277) in collegamento con settori importanti del
mondo religioso e laico impegnati nell'assistenza e recupero dei tossicodipendenti. Nell'uno e nell'altro
caso Granelli assunse posizioni diverse rispetto a quelle ufficiali della DC, ma fece valere la propria
autonomia di giudizio e la propria obiezione di coscienza limitatamente alla fase di contributo al dibattito
per la definizione dei provvedimenti, rientrando nei limiti della disciplina di partito nelle fasi conclusive del
voto e in particolare delle votazioni sulla fiducia al Governo.
La legislatura che si è conclusa nel 1992 ha visto infine il sen. Granelli impegnato a fondo nell'accertamento
di verità importanti per il paese e per il ristabilimento della certezza del diritto in seno alla Commissione sul
terrorismo e le stragi. E stato inoltre vicepresidente del Senato nei 1992-94, rinunciando alla candidatura al
Parlamento nelle elezioni del 1994 per favorire il rinnovamento delle rappresentanze istituzionali. Pacifista
da sempre e con coerenza, si è battuto fermamente anche contro la guerra del Kosovo, Infine, anche deluso
dalla piega presa recentemente dal PPI, decide nell'ottobre 1999 durante il Congresso di Rimini, di
interrompere la sua lunga militanza nel partito e si dimette dal PPI.
Nelle diverse condizioni politiche del lungo arco di anni in cui si è sviluppato l'impegno politico di Luigi
Granelli è rilevante il fatto che egli abbia perseguito obiettivi politici ed elaborato analisi culturali
fondamentalmente coerenti con l'originaria vocazione e il processo di formazione che hanno caratterizzato
i primi anni della sua esperienza di lavoro e di militanza politica. La sua collocazione è stata costantemente
nel campo della sinistra, per quanto riguarda sia i rapporti con il partito sia le relazioni tra le forze politiche
di diverse ispirazioni. Di qui il forte impegno per le riforme destinate ad assicurare, a più alti livelli di
giustizia sociale e di equilibrio di poteri tra pubblico e privato, i rapporti di forza all'interno della Società e
delle istituzioni. Un'altra caratteristica che qualifica la personalità di Granelli è l'intensità della
partecipazione alla battaglia delle idee, la costante presenza in ogni fase dei dibattito politico, l'imponente
attività oratoria e pubblicistica. Da questo punto di vista è possibile affermare che Granelli sia una delle
personalità principali a cui si deve riferire chiunque voglia ricostruire le posizioni del cattolicesimo
democratico e della sinistra italiana nella storia della Repubblica.
Mario Mauri, dicembre 1999
MAURI MESSAGGI IN BOTTIGLIA
MARIO MAURI –
GRANELLI e i “ MESSAGGI IN BOTTIGLIA”
Luigi Granelli aveva deciso di raccogliere in volume i suoi interventi nel dibattito politico tra il 1994, l'anno
in cui aveva scelto di non ripresentare la candidatura al Senato, e la ormai imminente fine del secolo:
articoli, note di agenzia, commenti, polemiche, messaggi, testimonianze di idee e sentimenti con cui
seguiva l'evolversi della situazione politica. Aveva scelto anche il titolo del libro che ne sarebbe nato:
"Messaggi in bottiglia". Era come se volesse affidare al mare magnum del tempo futuro riflessioni che
potevano avere nuova vita e rinnovata attualità perché nate da una ispirazione culturale, non legate alle
contingenze, ma ad una concezione della vita e della battaglia politica destinata a durare oltre le
circostanze in cui si era manifestata. E' emozionante la data della conclusione di quel lavoro: 10 settembre
1999, appena in tempo. La raccolta si era limitata agli scritti del 1994. Mi aveva chiesto di preparare una
prefazione, che oggi ripropongo agli amici non solo come documento del legame di amicizia che ebbi la
fortuna di avere con Lui, ma anche come una sua biografia in qualche modo "autorizzata".
La lesse e la
commentò, anche, in una postfazione a cui affidò il suo pensiero sul secolo al tramonto. "Messaggi in
bottiglia" venne pubblicato, postumo, nel febbraio 2000, a Firenze, tra i "Saggi dell'Accademia degli Incolti",
sodalizio di antiche origini e di moderne e qualificate attenzioni agli sviluppi della società e della politica,
che a quei tempi stampava la rivista "Quarta fase" diretta da Giovanni Galloni. Della presentazione del libro
a Milano, venti anni fa, nella sala Cariplo di piazza Belgioioso, con emozionanti interventi di Mino
Martinazzoli e Nicola Mancino, è possibile ascoltare la registrazione nell'archivio di Radio Radicale.
Mario Mauri
STINA'
LA SALITA IN CIELO DELL’ONOREVOLE GRANELLI
MERCOLEDI’ 27 NOVEMBRE 2019
L’Onorevole Luigi Granelli è salito in cielo, il 1 .12.1999.Il primo dicembre è il terzo giorno della novena
all’Immacolata Concezione, e mancano solo 24 giorni per il Santo Natale, e 30 giorni, per entrare
nell’anno 2000, anno giubilare, perché si conclude il secondo millennio dell’Era Cristiana, e si entra nel
terzo millennio. Faccio queste considerazioni perché sono molto importanti. Entrare nel terzo millennio
dell’Era Cristiana, per i cristiani come noi, significa, che si sta entrando in una fase di sviluppo mentale,
capace di comprendere e mettere in pratica il messaggio di Cristo. Tutta la storia ha inizio con la nascita
di Cristo. La persecuzione dei cristiani si è protratta fino all’anno 1313, quando, l’Imperatore Costantino,
con l’Editto di Milano, proclama il Cristianesimo, religione ufficiale dell’Impero Romano. Le radici della
Democrazia Cristiana e della Base della Democrazia Cristiana son la nascita di Gesù. Gesù, poi, ci ha
donato un suo figlio prediletto Don Sturzo, che ha fondato il partito popolare Italiano patendo la
persecuzione e l’esilio, e da quel Partito Popolare Italiano, è nato anche il Partito Popolare Europeo.
Che
tutt’ora è vivo e vegeto. Donna Elena, la madre di Costantino, si reca in terra Santa, e porta molte
reliquie di Gesù, in Italia e specialmente a Roma, compresa la Scala Santa, , che i pellegrini e devoti, per
penitenza salgono in ginocchio. Si trova in piazza San Giovanni, in Laterano, (uno dei sette colli di Roma,
come pure sette sono i re di Roma, sette sono i giorni della settimana, sette sono le note musicali, con le
quali si possono comporre e suonare struggenti melodie e sette sono le Virtù Divine le tre Teologali, la
Fede, la Speranza, e la Carità, e le quattro Virtù Cardinali, la Giustizia, la Prudenza, la Fortezza e la
Temperanza). Questa è l’eredità, che ci ha lasciato, Luigi Granelli, Grazia alla nascita di Gesù. Siamo qui
riuniti il 30 novembre 2019, per commemorare la salita in cielo di Luigi Granelli, e mancano solo 25 giorni,
per il Santo Natale dell’anno 2019, sono 2019 anni, che ogni anno, Gesù nasce e rinasce nei nostri cuori.
La Commemorazione dei 20 anni della salita in cielo, dell’Onorevole Granelli, che ho avuto il raro
privilegio di conoscere personalmente facendo la sua campagna elettorale, con il compianto Antonio
Velluto, sia nell’anno 1965, quando si è presentato candidato al Comune di Milano, sia nell’anno 1968,
quando si è candidato alla Camera dei Deputati. Questa commemorazione, vuole, anche essere la mia
commemorazione, perché, nel febbraio dell’anno 1959, ho incontrato Antonio Velluto nella sede Centrale
della Democrazia Cristiana, in via Clerici, al numero cinque. A Febbraio di questo anno straordinario 2019,
sono sessant’anni, da quell’incontro. Il rapporto numerico esistente, tra me, Luigi Granelli e Antonio
Velluto è: 60: 20 = 3. Questo 3 è molto eloquente, e non ha bisogno di nessun commento.
Ho scritto
diversi libri, molto interessanti. Il libro più importante di tutti è: “Meditazioni e Riflessioni sulla presenza
di Gesù nella Storia, nell’uomo e nella Natura” PAV Edizioni. Ogni cristiano di tutto il mondo, lo dovrebbe
leggere.
Prof. Benito Stinà.