Giovanni Goria è stato un politico che grazie alle sue doti di serietà e capacità tecnica in economia si è fatto apprezzare all’interno del suo partito(DC) ,nel parlamento e nel paese rappresentando una novità per la freschezza della sua immagine e la giovane età quando arriva al vertice del Governo (primo ministro a 44 anni ,il più giovane fino ad allora della storia unitaria) .Rimane il rammarico per quello che avrebbe potuto essere e non è riuscito ad essere a causa prima della complessità e rissosità della situazione politica all’interno della DC e nelle coalizioni governative e poi per la prematura scomparsa.
Nato nel 1943, percorre la sua carriera da funzionario all’ufficio studi della Camera di Commercio dei Asti specializzandosi sui temi economici, di macroeconomia e compatibilità pubblica.
Viene eletto deputato nel 1976 e dall’inizio si occupa di problemi economici all’interno del partito e come relatore ai documenti programmatici di economia in Parlamento, dove emerge subito la sua capacità e la sua conoscenza della materia.
Il suo mentore e presidente della Cassa di Risparmio di Asti Giovanni Borello nei primi anni 70 lo presenta a Marcora.
Inizia qui la sua ascesa politica, dapprima come sottosegretario al ministero del Bilancio (1981-82) e poi come Ministro del Tesoro (dal 1982 al 1987) fino a diventare primo ministro nell’estate 1987, per un breve travagliato governo di 8 mesi.
Europarlamentare nel 1989 col secondo più alto numero di preferenze(630.000) nel collegio Nord Ovest e nel 1991 ministro dell’Agricoltura. Quindi ministro delle Finanze nel 1992 col governo Amato.La sua carriera è stata stroncata da un male incurabile cui sembra non fosse estraneo le preoccupazione per una ingiusta incriminazione per la liquidazione della Federconsorzi e presunte irregolarità nella gestione di fondi della Cassa di Risparmio di Asti, da cui comunque usci con assoluzione piena (sentenza del 17 marzo 1994).
Da un punto di vista politico le sue capacità sono state meno eclatanti di quelle tecniche economiche, non disponendo all’interno della DC di una corrente propria, anche se all’interno della Base e della sinistra era sicuramente un leader riconosciuto. Essendo meno incline ai compromessi politici necessari in una situazione interna ed esterna alla DC in grande fermento e difficoltà, riuscì compresso nella possibilità di emergere. Anche se dopo la morte di Marcora alcuni amici e collaboratori attivarono una aggregazione di “goriacei” che avrebbe potuto diventare corrente ma che non decollò.
Goria è stato sicuramente un ottimo ministro del Tesoro e presidente del Consiglio, avendo bene in testa nei periodi in cui le compatibilità pubbliche cominciavano a sgretolarsi la necessità di politiche serie, austere e non clientelari; la necessità che queste politiche non danneggiassero i ceti più deboli e la competitività dell’industria. Introdusse per primo nel 1988 la legge di Bilancio proprio per marcare in anticipo il segno sui limiti di spesa ed evitare spese fuori programmazione.
Un attento custode dei conti pubblici, preoccupato delle finanze ma con una visione sociale focalizzata sull’interesse dei più deboli e del paese piuttosto che degli interessi dei potentati e delle lobby che continuavano ad erodere ed aggredire le risorse comuni (sarebbe poi arrivato lo scandalo Mani Pulite).
Insomma, un economista eccellente, un intellettuale rigoroso, un uomo che ha messo la politica al servizio della comunità ed un politico che aveva saputo essere popolare e parlare al cuore della gente.
Più in dettaglio.
Nella sua azione politica e di uomo di governo Goria aveva incrociato già nelle prima metà degli anni ottanta tutte le questioni decisive dei due decenni successivi: l’affievolirsi del primato delle scelte politiche nazionali a vantaggio delle istituzioni tecnocratiche europee; la crescente secolarizzazione della DC ,chiamata a ripensare il ruolo della sua presenza nella società; la crisi delle Istituzioni, il fragile rapporto tra gli esecutivi e le maggioranze parlamentari; la questione settentrionale ( poi Lega) ;l’esigenza inderogabile di modernizzare il Paese.
Goria è stato un innovatore, non un demolitore:” desidero una successione e non una sostituzione della classe dirigente”. L’ultimo ministro del Tesoro ad arrivare in via XX Settembre esclusivamente da un percorso politico, l’ultimo a identificarsi con una funzione di guida della politica nei processi economici (poi i tecnici Ciampi, Carli, Dini, Tremonti).
Goria, pur aderendo giovanissimo alla corrente di Base, non era un ideologo, non possedeva la raffinatezza intellettuale di Martinazzoli, figlio semmai delle sinistra Dc solida, pragmatica, che si identificava in Giovanni Marcora ma anche nella scuola dell’AREL di Beniamino Andreatta.
Nel 1976 eletto alla Camera entra nella Commissione Finanze e Tesoro. Impara velocemente ad orientarsi tra le alchimie della contabilità pubblica e altre misteriose necessità di indirizzo economico e politico.
Incaricato di ciò, scopre che le relazioni alla Tabella del Ministero risultano identiche ogni anno a quelle dei bilanci precedenti, ma ad anni alternati. Cosi la DC si accorge delle qualità di questo giovane parlamentare. Nel 1978 dopo la fine dei governi di solidarietà nazionale la DC definì la linea del Piave quella di non accettare la partecipazione del PCI al governo. Marcora rimbrottava con lucidità la DC “anche se avessimo il 50% dei voti non potremmo gestire il paese avendo contro il PCI e le forze sociali. Il parlamento deve approvare prelievi fiscali per 500 miliardi: i fautori della linea del Piave mi devono spiegare con quale voti li faremo approvare”.
Il quadro politico italiano era in evoluzione almeno dalla morte di Moro, un evento che avrebbe dovuto portare la classe dirigente ad “affrontare con dieci anni di anticipo la situazione che si porrà in Europa e nel mondo alla fine del bipolarismo” ma la Democrazia Cristiana non seppe proporre una prospettiva nuova. Si addivenne invece, con le elezione del 1979 ad una estesa maggioranza pluripartita.
Nel primo governo Spadolini Beniamino Andreatta ottenne il Tesoro e Goria fu nominato sottosegretario al Bilancio e programmazione economica.
Marcora all’ Industria e Andreatta al Tesoro cercarono di imporre una svolta per la modernizzare l’economia e renderla competitiva con le altre maggiori economie occidentali con una nuova visione della spesa pubblica e maggior attenzione ai conti dello Stato. Goria fa parte di questo disegno, anche per i rapporti con Misasi, grande amico di entrambi. Il progetto esplicitato da Marcora nel congresso dell’EUR del maggio 1982 é di far convergere su questo disegno il mondo degli imprenditori del nord, convincendoli a sostenere un uomo del sud come De Mita.
Dal 1979 al 1981si susseguono i governi Cossiga e Forlani, poi Spadolini uno e due, e poi Fanfani (dicembre 1982 –aprile 1983). In questo ultimo esecutivo viene nominato Ministro del Tesoro Giovanni Goria, fortemente voluto da Marcora che avrebbe dovuto essere presidente del Consiglio al posto di Fanfani se la malattia non lo avesse portato via: l’idea di Marcora era che occorresse una nuova cultura di governo, da introdurre con un ricambio generazionale.
In questo frangente De Mita che era uscito segretario del partito nel Congresso del1982, lo propone a Fanfani per il Tesoro.
Nei pochi mesi (dicembre 82-agosto 83) di attività come ministro del Tesoro del governo Fanfani, Goria trasforma il controllo della finanza locale da controllo dalla spesa a controllo sul trasferimento dello Stato.
Continua la sua azione di ministro del Tesoro nel governo Craxi (83-86) e poi Fanfani (aprile 87-luglio 87). In quel periodo il paese si trova in una situazione di finanza pubblica gravissima. Sulla politica economica dei governi pesano quattro linee non necessariamente conciliabili: la socialista di Craxi, la democristiana di Goria, la repubblicana di Visentini , la socialdemocratica di Longo.
Goria propone alcune precise regole di intervento: A) il Parlamento non deve approvare nuove leggi di spesa se non coperte da entrate effettive B) fare un esame analitico delle voci di spesa, per convincere gli italiani che si fa buon uso delle risorse affidateci C) convincere i centri di spesa centrali e periferici a non crescere né in termini di competenza né di cassa D) lotta alle evasioni tributarie e contributive.
Durante la prima metà degli anni 80, il periodo in cui si esplica la sua attività ministeriale, il paese è attraversato da problemi importanti: uccisione di Carlo Alberto Dalla Chiesa, strage di Bologna, strage di Ustica, sciopero Mirafiori Torino, divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia, terremoto in Irpinia (per il quale il presidente Pertini accusò di inadempienza le Istituzioni “il modo migliore di ricordare morti è di pensare ai vivi!”) scandalo P2.
Al termine di quel quinquennio l’Italia aveva ripreso un notevole sviluppo economico ma con un forte squilibrio dei conti pubblici (causati anche dalle due crisi petrolifere del 73 e 79).
Goria introduce il “Documento di programmazione economica finanziaria per la definizione del quadro macroeconomico tendenziale e programmatico di medio periodo” e la Sessione di Bilancio parlamentare (legge 362- 88), dove si intrecciano politica monetaria, dei redditi, gestione del fabbisogno pubblico, politica industriale e fiscale, mercato del lavoro, rete di sicurezza sociali e grandi sottosistemi per massimizzare i risultati contenendone i costi politici e sociali.
Goria è uno dei primi politici italiani che comprende i rischi della situazione economica ponendosi come obiettivo il risanamento del bilancio dello stato, che grazie al suo impegno viene posto stabilmente al centro dell’azione politica, per la prima volta nella storia nazionale (dai tempi della destra storica e del risanamento del bilancio dopo l’unità d’Italia).
La soluzione dei problemi della finanza pubblica dovrà essere affrontata accollando alla comunità nazionale soltanto oneri ad essa riferibili, lasciando alle comunità locali la responsabilità delle scelte appunto locali.
Servono soprattutto interventi sul lato della spesa secondo criteri di quantità e qualità per migliorare la scarsa competitività delle imprese e la gestione errata del welfare che favorisce l’inflazione ed alimenta la spesa pubblica, che deve essere usata come stimolo per garantire uno stato sociale capace di fornire una qualità di vita insperabile anni prima: equilibrio tra l’onere per lo stato sociale e la possibilità del sistema di sostenerlo.
In questi anni Goria svolge anche una proposta politica per l’avvenire che muove dalla constatazione che la crescita del benessere, a parte gli anni del boom, aveva finito per non essere un fatto collettivo lasciando emergere la forza egoistica degli interessi privati e locali a scapito di una ordinata costruzione collettiva. Inoltre c’è una asimmetria nella rappresentanza, dove diversi soggetti istituzionali avevano perso la capacità di essere gli interpreti e interlocutori dei cittadini e delle persone. Anche i partiti non erano più identificati come canali di espressione del consenso, anzi screditati in questo ruolo. La crisi colpiva anche le organizzazioni di rappresentanza (sindacati associazioni di categoria) ormai scadute a promotrici di meri interessi corporativi. Il bilancio dello stato non è più l’espressione tecnico economica di un progetto collettivo ma il risultato di una somma di tensioni egoistiche; inoltre pesava l’incapacità di aver un ruolo di rilievo sullo scenario europeo.
L’altra questione era quella delle riforme istituzionali perché il paese era bloccato dal basso livello di efficienza delle istituzioni.
L’impianto generale proposto da Goria reggeva solo se il sistema politico nel suo complesso, partiti associazioni, cittadini fosse stato capace di mettere in campo una nuova cultura di governo.
Goria è quindi un tecnico ed un politico: non si accontenta dei dati economici, ma tenta di interpretarli ed anticiparli secondo la sensibilità politica, con una “nasometria”, che a dispetto del termine è seria e credibile. In questi anni della prima metà dell’ottanta la sua linea viene confrontata e condivisa con il governatore della Banca d’Italia Ciampi, il ministro Andreatta, il giovane Mario Draghi che lavora al ministero (assieme a Innocenza Cipolletta) Amato, Lamberto Dini, Mario Monti.
Nel 1986 nasce il secondo governo Craxi vincolato al patto della staffetta per il subentro l’anno successivo di De Mita; quando Craxi sconfessa il patto, è crisi con un nuovo incarico a Fanfani che nel 1987 tiene le elezioni. Al termine delle consultazioni il presidente Cossiga (eletto nel 1985) affida inaspettatamente al giovane Goria l’incarico di formare il governo.
Goria ha il vantaggio di essere comunicativo, di “bucare” il video in tempi in cui i politici sono invisi in televisione, di aver tenuto per oltre quattro anni il Tesoro, in due legislature e quattro governi, di essere competetene. Piace al paese: meno ai partiti, che fin dall’inizio e alla coalizione di maggioranza, lo indeboliscono.
Goria nel presentare il suo governo alle Camera propone la formula di Governo di Programma per il fatto “di non presentarsi con un programma nato da un a maggioranza, ma di aver ricercato, attraverso una proposta di programma, una maggioranza”.
Nella primavera del 1988 Goria, schiacciato dalle opposte pretese e litigi tra DC e PSI, lascia spazio ad un esecutivo a guida De Mita. Il XVIII congresso della DC, nel febbraio 1989, stabilisce la fine dell’esperienza di governo De Mita (con Andreotti al Governo e Forlani al partito) e la fine del tentativo di rinnovamento della DC avviato dal gruppo politico che Goria aveva condiviso. “Ci siamo dimenticati che la politica significa parlare alla gente, risolvere i problemi della gente non il problema del segretario”.
Nel 1989 viene candidato alle europee anche se il partito gli fa uno sgambetto, mettendo lui secondo di lista dopo Martinazzoli nonostante fosse stato presidente.
Al parlamento europeo Goria ricopre il prestigioso incarico di presidente della Commissione Politica che gli permette di approfondire ulteriormente l’interesse per il tema dell’unificazione europea.
Nel 1991 entra nella compagine del settimo governo Andreotti (dimettendosi da europarlamentare) con l’incarico di ministro dell’Agricoltura dove affronta il dissesto finanziario della Federconsorzi (grande carrozzone politico clientelare ritenuto feudo della Coldiretti). Attirandosi odi e antipatie decide per il commissariamento. Da ministro prende provvedimenti per la valorizzazione della qualità alimentare, introducendo nel settore vitivinicolo i marchi IGT (indicazione geografica tipica) e DOCG (denominazione origine controllata e garantita) ed istituisce un catasto dei vini.
Nel 91 Segni, constatata l’incapacità dei partiti di riformarsi aveva lanciato il referendum sulla preferenza unica, votato a grande maggioranza dagli elettori.
Alle elezioni politiche del 92 scendono i consensi per DC e PCI PDS e assume un ruolo nazionale la Lega col 8,7%.
Nel febbraio del 1992 viene arrestato Mario Chiesa e parte l’inchiesta di Tangentopoli Mani pulite.
Dopo le elezioni dell’aprile 1992 nasce un governo tecnico presieduto da Amato che avrebbe dovuto affrontare la difficile situazione economica in previsione dell’entrata in vigore del trattato di Maastricht firmato il 17 febbraio 1992. Al Tesoro Piero Barucci, al Bilancio Franco Reviglio, alle Finanze Goria.
Nella atmosfera di giustizialismo in atto nel paese intorno a Goria si intensificano voci di scandali e accuse di corruzione. Perciò il 19 febbraio 1993 Goria si dimette per esser e più libero di difendersi da accuse ingiuste ed infondate.
Goria era un membro del collegio sindacale della Cassa di Risparmio di Asti fino al 1976 da cui poi si dimise per candidarsi alle elezioni. Il discusso finanziere uomo d’affari Alberto Rapisarda che gestì la Cassa fino al 79 venne incriminato per reati ai danni della Cassa stessa, ma il giudice di Milano a cui erano stati passati gli atti capovolse la situazione accusando i vertici dell’Istituto di aver danneggiato la Cassa .
Goria fu messo di nuovo sotto accusa nonostante fosse stato tra coloro che avevano sollevato la questione dei debiti della società edile da cui era partita tutta la vicenda. Inoltre un deputato missino,Tomaso Staiti di Cuddia delle Chiuse, aveva costruito una campagna di accuse contro di lui arrivando fino all’aggressione fisica.
Dalla lunga serie di accuse montate dal giudice Della Lucia(censurato anche dal Consiglio superiore della magistratura) venne prosciolto. Goria venne anche accusato di presunte irregolarità nell’acquisto di Villa Blanc assieme al ministro dei Beni culturali Alberto Ronchey; ed anche per la costruzione dell’ospedale di Asti dove un costruttore aveva dichiarato che Goria gli avrebbe consigliato di rivolgersi a Roma (interpretazione secondo l’accusa di rivolgersi al tesoriere DC Citaristi), quindi accusa di corruzione.
Da tutte le accuse fu assolto nella primavera del 1994. Da quest’ultima non fece in tempo a scagionarsi perché durante il processo il tumore che lo aveva aggredito non gli lasciò scampo. Mori il 21 maggio 1994.
Governo | Durata | Goria | Note | |
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Cossiga | Aprile 79 ottobre 80 | |||
Forlani | Ottobre 80 giugno 81 | |||
Spadolini 1 | Giugno 81 agosto 82 | Sottosegr.Bilancio | Marcora Industria | |
Spadolini 2 | Agosto 82 dicembre 82 | Marcora Industria | ||
Fanfani | Dicembre 82 agosto 83 | Ministro Tesoro | ||
Craxi | Agosto 82 agosto 86 | Ministro Tesoro | ||
Craxi | Agosto 86 aprile 87 | Ministro Tesoro | ||
Fanfani | Luglio 87 aprile 88 | Presidente Consiglio | ||
Goria | Aprile 87 luglio 87 | Ministro Tesoro | ||
De Mita | Aprile 88 luglio 89 | |||
Andreotti | Luglio 89 aprile 91 | Europarlamentare | ||
Amato | Giugno 92 aprile 93 | Ministro Finanze | ||
Ciampi | Aprile 93 maggio 94 | Ministro Finanze | ||
Berlusconi | Maggio 94 gennaio 95 |