EUROPA L’ IMPEGNO DEI CATTOLICI

Tracce e testimonianze a cura di Patrizia Toia

Agosto Settembre 2021

Introduzione
PATRIZIA TOIA

Il libro è una lettura consigliata a tutti, credenti e non credenti, europeisti ed euroscettici. Prende vita di fronte ai nostri occhi la grandezza di un progetto di pace e di civiltà come quello dell’Unione europea, di cui troppo spesso dimentichiamo la portata.
Lettura utile in questo momento storico in cui dopo una serie ininterrotta di crisi globali l’Europa ha finalmente trovato lo slancio per guardare al futuro rimettendo al centro il principio della solidarietà, che è il principio alla base del Ricovera Fund.
Ringraziamenti vanno a Lorenzo Gaiani per l’dea e Gianni Borsa per i preziosi consigli.


Prima Parte
Dopo la seconda guerra mondiale: contesto storico e risvolti politici

Dopo le seconda guerra mondiale negli sforzi dei diversi Governi per la ricostruzione economica occorreva dare una veste politica al processo di integrazione che eliminasse per sempre ogni rischio di ripresa della via bellica.
Tale visione, favorita anche dalle comuni radici, accumunava uomini come De Gasperi, Schumann, Adenauer che iniziarono con l’istituzione della CECA (Comunità Europea del Carbone e Acciaio) nel 1951 mentre non riuscì a decollare il progetto della CED (Comunità Europea Difesa) di difesa comune. Sotto il profilo economico si mirava a contemperare gli elementi di liberismo capitalista con la creazione di nuove forme di provvidenza sociale.
Su questa sintonia si trovavano particolarmente i partiti democratici cristiani più impegnati nel processo di integrazione: la costituzione del Partito Popolare Europeo nel 1976 anticipò di tre anni la elezione diretta del Parlamento europeo, mentre il Partito Socialista Europeo si costituì solo nel 1992.
Il processo di secolarizzazione avanzato in Europa fece sì che ci fosse sempre meno interesse per una proposta politica cristianamente impegnata. Inoltre a partire dal Concilio Vaticano II (1962-65) si è affermata la laicità degli strumenti della politica.
Oggigiorno in particolare con la crisi della pandemia da Covid 19 l’Europa deve indicare la via d’uscita da questa fragilità per approdare ad una nuova vitalità.
L’attenzione dei politici di ispirazione cristiana da un lato e del Magistero si sono progressivamente spostate dall’esigenza di tutela della pace all’esigenza di difendere le libertà civili, compresa quella religiosa e promuovere il benessere della persona umana in armonia col creato.
La Democrazia ha sofferto tre crisi in Europa.
La prima dopo la Grande Guerra con l’irruzione delle masse sulla scena politica; la seconda, dopo il secondo conflitto mondiale, col definitivo impulso alla creazione dello Stato sociale: la terza (collegata alla caduta del muro di Berlino) col trionfo del sistema capitalistico in tutto il mondo che ha travolto gli errori del socialismo reale, che ha allargato le disuguaglianze e ha messo agli ultimi posti dell’agenda politica temi importanti come l’occupazione, la tutela della salute trascurando la disgregazione sociale . (In realtà una quarta crisi è sotto gli occhi di tutti, quella portata dalla globalizzazione).
Le forze democratiche e socialiste devono creare le fondamenta per una vera ricostruzione,

Seconda parte
Una prospettiva storica e politica

Fondatori

ROBERT SCHUMAN
Dichiarazione a favore dell’istituzione della CEE ,9 maggio 1950

L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto. La proposta di istituire la CECA, mettendo in comune le produzioni di base e istituendo una nuova Alta Autorità le cui decisioni saranno vincolanti per Francia e Germania e i paesi che vi aderiranno costituirà il primo nucleo concreto di una Federazione europea.


DE GASPERI
Discorso alla Conferenza parlamentare europea ,21 aprile 1954

Sono felice di salutare i parlamentari di una Europa formata in maggior parte dei paesi che si improntano alla sua civiltà e alla sua storia. Ci riuniamo in piena fiducia per adoperarci all’unione dei nostri popoli.
La vera e solida garanzia della nostra unione consiste in una idea architettonica che sappia armonizzar le tendenze in una comunanza di vita pacifica ed evolutiva.
Questa idea dominante non può esser rappresentata dal solo concetto liberale, né l’idea della solidarietà della classe operaia ma solo dalla coscienza della funzione eminente dell’uomo e della persona umana. Non bisogna però dimenticare il contributo all’umanesimo che si trova alla base del movimento socialista.
Io affermo che all’origine di questa civiltà europea si trova il cristianesimo, senza introdurre alcun criterio confessionale esclusivo ma solo parlando del retaggio comune.
Dunque le varie tendenze devono contribuire a creare una idea dominante della vitalità delle nuova Europa per riuscire ad alimentare il libero sviluppo.

KONRAD ADENAUER
Discorso alla firma dei trattati che istituiscono la Comunità Economica Europea e la Comunità Europea dell’Energia Atomica
25 marzo 1957

Qui a Roma ringrazio il Governo Italiano e la città di Roma e soprattutto l’uomo che presenta questi trattati alla nostra firma, voglio dire il presidente Paul Henry Spaak. Con la sua smisurata capacità di lavoro l’uomo ha ben meritato dall’Europa.
Con questa firma nasce una vera fusione europea che va a completare la semplice collaborazione e porta in se stessa la garanzia della durata.
I nostri piani non sono egoisti ma destinati a promuovere il benessere di tutto il mondo. Tutti gli Stati europei sono liberi di aderirvi: se una Stato non si sente in grado di aderirvi integralmente abbiamo previsto la possibilità di attuare una diversa collaborazione mediante la creazione di una zona di libero scambio.
Unendosi oggi l’Europa non serve soltanto i propri interessi e quelli degli Stati che sono in essa compresi, ma serve anche il mondo intero.

Uomini di Stato

ALDO MORO
Un ‘Europa due velocitò in “Il Giorno” 24 dicembre 1977

La decisione britannica di un rinvio delle elezioni del Parlamento Europeo (a suffragio diretto) rappresenta una battuta di arresto. Noi abbiamo fatto dell’unità europea un cardine della nostra politica E forse questa nostra determinazione esprime la consapevolezza che se pur costa qualcosa far avanzare l’unità europea, se ne è poi ripagati per la possibilità di affrontare su un più solido terreno quei problemi di schieramento e di rapporti sociali che hanno agitato la scena europea.
Anche se il presidente De Gaulle affermava pacatamente che la Gran Bretagna non era omogenea con l ’Europa esistente mi pare difficile immaginare che atri paesi vadano per la loro strada. Ragion interne ed internazionali sconsigliano l’ipotesi di una Europa a due velocità. E pero l’iniziativa dei paesi o più pronti all’integrazione è davvero realizzabile?
Bisognerà perseguire ancora una volta con inesauribile pazienza il cammino verso obiettivi di graduale attuazione di una unità che a taluni pare in anticipo ma che rischiai in realtà di essere in ritardo sui tempi.

BENIAMINO ANDREATTA
Intervento alla Camera dei deputati sul progetto istitutivo dell’Unione Europea, 6 giugno 1984

Il 14 febbraio scorso il Parlamento di Strasburgo votava la risoluzione relativa al Trattato per l’Unione. Al Parlamento Italiano si presenta un disegno di legge di ratifica.
Sono state fatte dal presidente del Consiglio (Craxi) delle prime battute di reazioni quasi gelose di fronte a questa iniziativa (ristretta in origine), ma la storia degli avanzamenti della comunità è collegata all’iniziativa franco-tedesca. Spetta poi ad altri europeizzare questa iniziativa.
Cosa significa ora porre a fondamento della riunione dei capi di governo e di stato il Trattato per l’Unione?
Al di là di alcuni limiti (la collaborazione in politica estera è stata ridotta a collaborazione per atti di politica estera),la creazione di uno spazio europeo e di una cittadinanza europea con cui inizia il trattato ci sembra un elemento importante.
Ma importante ci sembra soprattutto la definizione di competenze in campo tributario: un Parlamento che non avesse sovranità tributaria non sarebbe una entità politica. Ci sembra che un diritto di veto, che crea l’attuale procedura del Trattato di Roma costituisca un ostacolo insormontabile al funzionamento delle Istituzioni. Nella discussione in tutti i paesi è emersa la necessità di un rafforzamento dell’esecutivo.
Siamo d’accordo sulla visione della Comunità economica che mantiene le ragion del trattato di Roma. E’ una Comunità che si basa soprattutto sulle liberalizzazioni dei mercati (degli uomini, delle merci, dei capitali e dei servizi). E inimmaginabile una Europa monetaria che non si basi su una libertà di movimento dei capitali ma avremmo preferito che vi fosse una assunzione europea in materia di IVA in modo che si realizzasse entro un certo tempo la unificazione delle aliquote in modo da tagliare alle radici le ragioni tecniche ce impongono la esistenza di controlli fisici alle frontiere.
In questi testo si stabilisce che la Banca Europea avrà come suo compito la difesa della stabilità monetaria.
Importante è l’accenno ad evitare discriminazioni tra imprese pubbliche e private.
L’Italia è disponibile, pur con talune preoccupazioni su taluni nodi e meccanismi di questo trattato a votarlo così com’è e a diventare il primo paese che lo ratifica. E’ importante anche avanzare delle proposte sul problema del bilancio (che sono sorti anche in passato anche per l’Italia e se non fosse stato per la capacità di negoziazione di Giovanni Marcora questo problema lo avremmo ancora tra noi – problemi per le discussioni tra il progetto di bilancio dell’Assemblea di Strasburgo e quello approvato in Consiglio dei Ministri; ndr).
Il gruppo della Democrazia Cristiana condivide col Governo l’opportunità che l’Italia scelga una presenza diplomatica attiva, che europeizzi una iniziativa che rischia di essere dei due maggiori paesi continentali dell’Europa.
Bisogna stare attenti perché le occasioni possono anche sfuggire, come nell’agosto del 1954, quando una coalizione di nazionalisti conservatori, comunisti e metà socialisti (francesi) bloccò la ratifica del tratta della CED .
E’ certo che le occasioni perdute non ritornano: ma anche le accelerazioni indebite hanno determinato la caduta di atmosfere favorevoli a fare passi avanti.

Leader di Istituzioni europee

JAQUES DELORS
Conferenza all’ Istituto per la ricerca e sviluppo dell’organizzazione professionale 1993
Religione fattore di unita e diversità dell’Europa.

Il fattore religioso riveste un duplice interesse: in primo luogo perché è stato una potente leva per l’unificazione dei popoli europei, ma anche perché non costituiva un blocco e la diversità era prima di tutto religiosa.
I cronisti hanno cominciato a parlare di Europa all‘indomani dell’arresto dell’espansione dell’islam a Poitiers nel 732.
Già con Carlo Magno un vero spazio culturale europeo si stava formando attraverso due canali essenziali: monasteri e università.
L’ordine dei cistercensi due secoli dopo la fondazione nel 1098 si estende dal Portogallo a Cipro, dall’ Irlanda alle sponde orientali del Baltico superando quindi il cristianesimo latino. E le università medioevali sono il crogiolo della formazione europea.
Ovviamente l’’Europa religiosa non è una sola realtà: c ‘è oltre al cristianesimo latino l’ortodossia nell’Europa orientale.
C’è il giudaismo. C’è un Europa musulmana con bosniaci, albanesi, bulgari (in parte).E naturalmente il protestantesimo.
Inoltre qualsiasi immagine religiosa dell’Europa deve tener conto del gruppo dei non credenti che rappresentano un bon terzo della popolazione della Comunità.
Pertanto in Europa ci sono diverse sensibilità: la cattolica caratterizzata da un senso intuitivo di legittimità, l’aspettativa di un intervento dello Stato in arbitrato sociale, la sfiducia in un mercato non controllato.
La riforma protestante è diversa: chiese profondamente legate al territorio e a culture particolari; l’indipendenza dell’individuo ma anche delle regioni da qualsiasi autorità esterna.
Quindi le differenze di sensibile religiose sono parte integrante della realtà europea a prescindere dal fatto che lo desideriamo o meno.
A esempio il concetto di sussidiarietà che deve permeare la ripartizione delle competenze è di ispirazione calvinista
Gli ortodossi si sentono ambasciatori della mentalità e cultura orientali che in un progetto europeo considerano troppo occidentale e quindi insufficientemente universale.
L’Europa è quella della tolleranza e della pluralità e la religione può essere un modo fantastico per forgiare il senso di appartenenza. Ma quando è strumentalizzata dal potere politico la religione diventa fanatismo, intolleranza e guerra.
Per di più bisogna prendere atto di un movimento di desecolarizzazione del mondo con un rinnovato fondamentalismo di tutte le religioni, che si dividono secondo alcune civiltà principali: occidentale, confuciana, giapponese, islamica, indù, ortodossa, latino americano, africana.
Ritengo che il santificare una contro le altre civiltà debba essere evitato: la nostra unica possibilità di sopravvivenza a lungo termine è l’apertura all’ altro e l’interdipendenza.
Una Europa in cui le vecchie frontiere religiose non sono frontiere conflittuali può essere solo una Europa laica. Laica non significa atea: ma che evita contrapposizione tra le Chiese.
Le religioni apportano la differenza e quindi l’identità. Ciò è ancor più vero oggi quando i rapidi cambiamenti del nostro ambiente cambiano la nostra visione del mondo.

JAQUES DELORS
Intervista rilasciata ad “Avvenire” il 28 marzo 2007

E’ il compromesso dinamico tra un continente in costruzione e le sue anime nazionali che non ho mai smesso di sognare.
Ricordo che quando è stato progettato il Trattato costituzionale ho protestato perché non si menzionava da dove proviene l’Europa.
E avevo proposto di fare riferimento alla Democrazia greca, al Diritto romano, al Giudeo-cristianesimo, al Rinascimento, alla Riforma, all’Illuminismo e la Rivoluzione dei Diritti dell’Uomo. Questa formula non è stata accettata e mi spiace perché i popoli che non hanno memoria non possono avere futuro.

 

ROMANO PRODI
Un ‘Europa gande e unita un attore globale; sfide e opportunità nel secolo che si apre
Bruges 12 novembre 2001 College d’Europe

Gli attacchi terroristici che la mattina dell’11 settembre hanno colpito gli Stati Uniti d’America hanno proiettato il mondo intero in una dimensione nuova. Quella mattina è iniziato il XXI secolo ed abbiamo capito che erano stati attaccati tutti i valori del mondo libero. Nessuno stato, nessun popolo per quanto grande e potente potrà garantire in solitudine benessere sicurezza e pace. Ma noi abbiamo i mezzi per fare dell’Europa un attore globale. Abbiamo una ricetta di una integrazione al tempo stesso sovranazionale e rispettosa delle nazioni che la compongono: il metodo comunitario. Solo questo metodo, basato su istituzioni comuni, permette ai paesi membri, grandi o piccoli di contribuire su un piano di parità alla realizzazione di obiettivi comuni
La determinazione con la quale lavoriamo per l’allargamento non ci rende né ciechi né sordi di fronte ai timori che accompagnano questo processo.
L’allargamento pone all’ Unione Europea il problema del controllo delle proprie frontiere esterne.
L’Europa non vuol essere e non si considera una fortezza assediata, né vuole erigere nuovi muri. Non è la frontiera, ma l’adesione ai principi comuni che garantisce allo stesso tempo l’unità e le diversità nazionali, regionali o locali.
Nel 1957 i trattati di Roma riconobbero agli europei quattro libertà fondamentali: libertà di movimento delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali. Partendo da questa base gli Europei hanno costruito un’area di benessere, di sviluppo, di stabilità, di giustizia sociale e hanno infine realizzato l’Unione economica e monetaria. Dimostrando quanto l’economia europea sia integrata nell’economia mondiale con un patto di stabilità e crescita che ha dato e dà solidità e credibilità alla nostra azione.
Ci vuole un codice di condotta che rassicuri i cittadini e i mercati: accanto al controllo della moneta assicurato dalla Banca Centrale Europea, occorre un efficace sistema di governo dell’economia.
L’Europa può svolgere un ruolo determinante sul piano internazionale.
La principale sfida del secolo appena iniziato sarà il rapporto tra Nord e Sud del mondo: le relazioni tra Nord –Sud portano con sé ricche prospettive di collaborazione ma anche germi di potenziale conflitti: nella gestione delle sistemi commerciali e finanziari, delle risorse energetiche e dell’ambiente l’Europa deve dare il proprio contributo di stabilità.
Oltre ai rapporti tra Nord e Sud è sui rapporti col mondo islamico che si gioca la sfida, non solo per la collaborazione contro il terrorismo. Ed anche i rapporti col Medio Oriente.
E’ venuto il momento di aprire una nuova fase per l’intera area del Mediterraneo e rilanciare il partenariato euro mediterraneo. Questo come parte di una più ampia politica rivolta a tutti i nostri vicini, un arco che va dalla Russia-Ucraina a tutti i paesi del mediterraneo instaurando con questi paesi una relazione speciale.
Ma l’Europa non riuscirà a contribuire alla pace e alla stabilità del mondo se non agirà unita.
La soluzione migliore e definitiva si avrà solo quando l’intera politica estera e di sicurezza dell’Unione sarà portata, con i necessari aggiustamenti, nell’area comunitaria.
Non posso sottacere il tema delle riforme istituzionali.
Tra poco il Consiglio europeo di Laeken prenderà la decisione di lanciare una Convenzione che nel corso dei mesi successivi riunirà rappresentanti dei governi e parlamenti nazionali, il Parlamento Europeo e la Commissione per preparare una riforma dei Trattati dell’Unione.
La prima cosa da fare è partire da un progetto per l’Europa. Quale è l’obiettivo per il quale siamo uniti? Cosa volgiamo fare insieme?
Poi dobbiamo essere coscienti dell’originalità dell’Unione, che siamo tenuti a conservare. Fondato sul triangolo istituzionale Consiglio-Parlamento-Commissione (e Corte di Giustizia). Un sistema equilibrato in cui ogni istituzione svolge ruolo specifico e decisivo. Nessuna riforma delle istituzioni potrà prescindere dal riconsiderare ruoli e funzioni dei parlamenti nazionali. E’ essenziale trovare il modo di associarli alle decisioni europee più importanti.
Nella grande Europa creata dall’allargamento non ci può essere spazio, se non in casi speciali e chiaramente definiti, per il diritto di veto. Non possiamo permetterci che l’allargamento coincida con la paralisi dell’Europa,
Pertanto allargamento, riforme istituzionali, politiche di sviluppo e di coesione sociale sono le mie priorità che ho indicato al momento dell’insediamento al Parlamento.

ROMANO PRODI
Conversazioni sul libro “La mia visione dei fatti” Milano 20 novembre 2010

Il XIX secolo è stato il secolo dell’Europa, il XX secolo è stato il secolo dell’America. Probabilmente il XXI sarà quello dell’Asia.
Nel 1950 gli Usa avevano un PIL di circa la metà del mondo; oggi il loro prodotto è tra il 20 e il 22%. Le previsioni ci dicono che a metà del secolo la Cina avrà il 40% del Pil mondiale, gli Usa il 14%, l’Europa il 5%.
Secondo la Cina “voi non avete capito che è in corso una grande sfida e voi con i vostri sistemi democratici ci accorgiamo che il vostro pensiero politico si accorcia sempre più: le elezioni comunali, provinciali, regionali nazionali ed europee. Con 27 paesi siete sempre sotto elezioni. I vostri politici pensano alle elezioni del giorno dopo, noi pensiamo a costruire un mondo futuro”.
E a livello globale siamo passati dal G8 al G20. Il G8 non era in grado di prendere decisioni perché non c’era un grande interlocutore attorno al tavolo. E’ cambiato il mondo e di fronte a questo l’Europa in teoria è un gigante, in pratica è un misto tra laboratorio e museo.
Quando vado in medio Oriente mi sento dire: siete i più grandi esportatori, siete anche i più grossi conoscitori politici della nostra zona ma non esistete.
Allo steso modo Obama, che è il politico più amato dagli europei, nei suoi primi trenta discorsi non ha mai nominato l’Europa, non ha mai preso contatto con le istituzioni europee.
Per fortuna nella crisi internazionale riflettiamo su cosa sarebbe l’Europa senza l’euro. Esso è diventato il nostro punto di difesa un’ancora per la futura Europa.
E chiaro che l’Europa non può andare avanti se continua nelle grandi decisioni a richiedere l’unanimità: il diritto di veto è una cosa che rende gigante anche un nano.
Ciò che sta succedendo nel mondo è ciò che successe nel Rinascimento italiano. I nostri stati davvero dominavano il mondo: Milano, Firenze, Genova, Venezia. E’ successa allora la prima globalizzazione: la scoperta dell’America, ma non ci si è adattati al nuovo mondo. Secondo me gli Stati Europei sono in questa identica situazione.
La crescita asiatica, in primo luogo della Cina, ha portato alla necessità del reperimento di materie, energie, cibo e acqua: una popolazione di 1 miliardo e cinquecento milioni ha aperto nuove frontiere, a cominciare dall’Africa.
La Francia ha una politica africana con i paesi francofoni; la Gran Bretagna col Commonwealth .. ma l’Europa?
Si aprono enormi opportunità che esigono il senso dell’unità e del futuro. Non sarà possibile che gli Stati Uniti continuino a sostenere il 50% delle spese militari del mondo che contempla un deficit del 10% nel loro bilancio.
Ecco allora che è il momento di un rafforzamento delle Nazioni Unite. E in questo senso il passaggio dal G8 al G20 (includendo la Cina) è stato ovviamente importante. Ma non basta.
L’articolazione nuova del mondo sta sconvolgendo tutti i parametri politici del nostro pianeta.

JEAN LUC DEHAENE
Intervista ad Europolitcs 10 marzo 2010

L’istituzione dell’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri è un compromesso tra due visioni dell’Europa abbastanza diverse. La prima che vuole attribuire la responsabilità ad un vero presidente dell’UE che sarebbe il presidente del Consiglio europeo, la seconda che vuole sottolineare il ruolo della Commissione.


DAVID SASSOLI
Discorso all’Istituto Jacques Delors 29 novembre 2019

Durante i suoi dieci anni alla guida della Commissione Europea (1985-1995) Jacques Delors ha saputo reiventare l’Europa. Ha avuto la lungimiranza di condurre le prime discussioni sull’allargamento (poi condotto dalla Commissione Prodi) e sula modifica delle istituzioni.
L’Europa da allora è cambiata tuttavia noi leader dobbiamo trovare la visione, il coraggio e l’ambizione di Jacques Delors
L’Europa è un’oasi di pace che esercita una forte attrattiva nei confronti dei suoi vicini, ma pur riuscendo a garantire la protezione dei più deboli le disuguaglianze sono in crescita e il nostro modello sociale è fragile.
Anche durante il rinnovo recente della Commissione il Parlamento si è dimostrato di essere una istituzione realmente comunitaria e matura. E’ al centro della democrazia europea e dà l’impulso politico.
Diversi mondi si sviluppano in parallelo in Europa: tra il centro e la periferia, le città e le campagne, coloro che hanno accesso all’istruzione e gli altri. Dobbiamo ripensare l’inclusione. Perciò l’Unione Europea si doterà di un Fondo per una transizione giusta.
I giovani dei nostri paesi ci ricordano l’emergenza climatica, che il nostro modello di sviluppo deve essere adeguato.
L’Europa deve trasformare tale sfida in opportunità.
L’Europa non è una entità astratta, è fatta dai suoi cittadini, gli europei. Occorre contrastare la convinzione, in parte diffusa, che l’Europa sia stata costruita contro di essi. Ma anche accantonare l’idea di una Europa trincerata nella sua fortezza di Bruxelles.
L’Europa è potente solo quando non si chiude in se stessa ma funge da modello per il mondo.

Parlamentari italiani

GIOVANNI BIANCHI
Dilemmi d’Europa ebook 2015

Intorno alla paternità e alla radici dell’Europa si è combattuta un’aspra battaglia.SI è alla fine optato per una scelta che evocasse la spiritualità senza un riferimento esplicito ad una religione. Tutti gli uomini son stati creati uguali dal momento che il Creatore ha fatto l’uomo adorno di determinati diritti inalienabili, che questi sono la vita, la libertà il perseguimento della felicità.
Siccome l’America ha rappresentato il sogno giovane del Vecchio Continente non è pensabile che il sogno una volta realizzato possa anche rimbalzare e far ritorno alla vecchia casa? Gli europei continuano a pensarsi come gli eredi della grande e classica democrazia greca, mentre in effetti appaiono al mondo come gli epigoni della decadenza e della frammentazione.
Quella che viviamo è una Europa messa in angolo dalla turbo globalizzazione dove l ‘eurocentrismo degrada nell’ossessione delle piccole patrie.
Non a caso la politica estera appare evidentemente frammentata e ininfluente. Come mai il destino del Vecchio Continente appare così avulso e lontano dall’evoluzione democratica del Mediterraneo?
Occorre apprestare degli strumenti per smontare e rimontare la realtà, senza rinunciare ad una speranza unitaria per il futuro attuando nuove strategie.

MARIA LUISA CASSANMAGNAGO
Intervento “La Democrazia cristiana per l’Europa Comunitaria”, Roma 12 maggio 1988

Siamo di fronte ad una serie di liberalizzazioni a livello comunitario che dovrebbero compiersi entro il 1992.Il mercato unico europeo comporterà mutamenti sostanziali nei prossimi anni. La CEE si è data con l’adozione dell’Atto Unico la scadenza del 1992 ed il programma del Libro bianco contiene quasi trecento leggi per compiere lo smantellamento delle barriere interne. Il 1992 si colloca come una opportunità per far avanzare l’Europa in efficienza, mobilità e coesione La conversione in leggi nazionali delle direttive comunitarie richiede un imponente lavoro legislativo.
Si rendono necessarie nuove forme di collaborazione fra istituzioni specializzate della Comunità la loro trasformazione in organismi più dinamici. Il principio del libero scambio deve costituire un presupposto per il progresso economico.

MARIO CERUTI
“l’Europa una e molteplice” 2020

Il progetto dell’Unione Europea nell’Europa occidentale ha reinterpretato la natura delle zone di frontiera; i confini sono diventati poli di attrazione per cooperazioni.
La prima fase di questo cambiamento ha avuto luogo tra il 1945 ed il 1989 ed ha avuto come epicentro l’Europa occidentale con risultati lusinghieri: condivisione dei servizi, pari opportunità culturali ecc. Altri hanno assunto un valore simbolico come la collocazione a Strasburgo della sede del Parlamento Europeo.
La seconda fase di sdrammatizzazione dei confini è quella conseguente al 1989 e interessa oggi molte aree del continente europeo: hanno trovato compimento gli accordi istituzionali grazie ai quali hanno aderito all’Unione Europea molti paesi dell’Est Polonia, Repubblica Ceca, Slovenia ecc-
Inoltre si stanno disegnando reti stabili tra le coste settentrionali e le coste meridionali del Mediterraneo. Gli accordi di Schengen son un evento importante. Anche la politica linguistica in questa prospettiva trova un senso profondo. Tutte le lingue ufficiali degli stati membri sono messe formalmente sullo stesso piano: tutti i documenti comunitari devono essere redatti in ognuna di queste lingue, anche se i continui allargamenti dell’Unione potrebbero rendere opportuna l’adozione in taluni contesti di poche lingue di lavoro. Questa politica linguistica incardina la possibilità di concepire l’Europa come una unica comunità politica multiculturale.
Una riconciliazione dell’Europa con la varietà delle proprie radici è la condizione perché l’Europa possa dare il suo più decisivo contributo al valore della varietà delle esperienze umane su scala globale.
Noi europei ricordiamo soltanto la persistente inimicizia tra serbi e albanesi a proposito del Kosovo; la condizione dei russi in Ucraina in Moldova nei paesi baltici; la divisone tra baschi fra Spagna e Francia; la situazione delle Crimea contesa fra russi e ucraini; la divisone del Caucaso.
I primi cinquecento anni dell’età planetaria (1492 ad oggi) son stati caratterizzati dal dilagare dell’Europa nel mondo e dal tentativo di esportare i propri modelli di stato assoluto e sovrano.
Ora invece la frontiere cambiano: le frontiere esterne ed il ruolo dell’Europa sono due aspetti della medesima questione. Nuovi attori globali, Stati Uniti, Russia, Cina, India e altri giocano a tutto campo e tessono una complessa rete di co-opetion (conflittualità collaborativa) Proprio per questo l’Europa deve cercare di diventare un attore globale e superare il particolarismo delle singole prospettive nazionali. L’Unione Europea ha continuato a definirsi come un progetto e non come un territorio, come entità politica e non geografica. L’Europa è diventata una provincia del mondo sempre meno importante per peso demografico, forza militare, risorse energetiche e minerali.
Da provincia globale l’Europa può essere un laboratorio di innovazione istituzionale e culturale: governare i disordinati processi di globalizzazione, prospettare modalità di integrazione dinamica tra pubblico e privato, sviluppare la qualità della vita degli individui e della comunità attraverso riforme ed estensioni del welfare state; concepire relazioni sostenibili tra gli ecosistemi e la specie umana; intervenire sul riscaldamento globale-…

SILVIA COSTA
“Un’Europa popolare e non populista”
Intervista realizzata da Fabio Cuccutelli per la rivista Bene Comune,31 gennaio 2019

Sturzo rivolge il suo appello agli uomini, non ai cattolici, agli uomini moralmente liberi.
E’ già evidente nel suo pensiero un ‘idea, un progetto europeo di stati che si mettono insieme pe garantire la pace e lo sviluppo. Quali sono le idee contenute in questo appello, che eredità lascia il popolarismo sturziano all’’Europa?
Sturzo non ha mai voluto fondare un partito cattolico ma composto anche da cattolici, di natura aconfessionale e con una sua autonomia.
Nell’appello di Sturzo alla Società delle Nazioni emerge la paura che le frustrazioni dei paesi usciti dalla grande guerra si trasformassero in nazionalismi. Di qui alcune importantissime richieste che egli fa alle nazioni. Sturzo sottolinea la necessità nei rapporti internazionali di promuovere la legislazione sociale, la libertà religiosa e l’uguaglianza nel lavoro, una democrazia internazionale, dove è importante la dimensione dei diritti umani e della legalità.
Sturzo è stato il primo a parlare di Europa unita. Già in un testo del 1918 fa riferimento a questo tema.
Quando si dice Europa distinguiamo. I governi oggi sono in maggioranza euroscettici: ma il Palamento è sempre stato avanti. I cittadini si debbono riaffezionare ad una Europa non più matrigna ma che pensa a rafforzare la cittadinanza.
Abbiamo bisogno di una grande consapevolezza che il ruolo dei cattolici è quello di riportare il senso di una speranza e verità nella concezione dell’Europa da intendere come comunità di destini. I cattolici hanno una cultura politica del limite e della sussidiarietà, una logica non omologante.
Attualmente manca una visione di insieme che leghi politiche della previdenza del lavoro e del welfare.
Il federalismo sturziano potrebbe aiutare in nostro paese, in particolare il Mezzogiorno, a trovare una sua dinamica di sviluppo, soluzione che non può venire nell’arco di pochi anni ma che è una opera lunga di solida cooperazione.
Il 2018 è stato l’anno europeo del patrimonio culturale; la cultura europea può aiutare i cittadini ad esser più consapevoli della loro identità europea. Monet uno dei padri fondatori, ebbe a dire che se avesse dovuto ricominciare la costruzione del progetto europeo lo avrebbe fatto ripartendo dalla cultura, dalla costruzione di cittadinanza dal basso sulla quale fare il più importante e duraturo investimento. Risvegliare nella coscienza degli europei la consapevolezza che c’è una storia che appartiene a tutti e che deve essere il patrimonio comune non di un singolo paese.

ENRICO FARINONE
La riemersione nazionalista e la possibile risposta unionista, 2018 testo tratto dal suo libri “Europa al bivio” Iacobelli editore

L’insieme degli avvenienti degli ultimi due lustri ha prodotto un potente ritorno degli spiriti nazionalistici in quasi tutti i paesi europei (vedi i casi di Catalogna, Scozia, spaccatura tra Fiandre e Vallonia, Brexit) .Complice la perdurante stagnazione economica accentuata dagli effetti della pandemi e dal crescente timore di una invasione ad opera di islamici e centrafricani , l’Europa ha visto tramontare le proprie certezze piccolo-borghesi, assieme ad un periodo prolungato di progressivo arretramento economico.
Questa nuova situazione ha colpito i partiti politici tradizionali: quelli socialisti incalzati a sinistra da formazioni più radicali; quelli di tradizione moderata popolare attaccati da unna destra violenta nel linguaggio e nell’approccio ai problemi che la politica continentale deve affrontare. Il rischio è che i partiti europei stiano rinunciando ad individuare una trama programmatica comune.
Ai più e alla gente comune appare evidente quanto sia divenuto lontano l’obiettivo federalista. A Bruxelles hanno comandato i capi di governo, non i Commissari Europei: I primi rispondono ai propri connazionali, non ai cittadini europei. Quali finalità potranno manifestarsi per tenere insieme il tessuto sfilacciato dell’Unione? Non è neppure immaginabile che alla lunga sia solo la BCE a impedire una infelice conclusione della vicenda europea. Le grandi avventure della Storia è sempre e solo la Politica a crearle, svilupparle e chiuderle. E’ venuta a mancare la leggibilità del sistema istituzionale europeo e del funzionamento delle istituzioni.
Vi è anche una crisi di leadership politica. Latitano i leader carismatici, quelli cha fano volare alto e sognare riuscendo a mobilitare coscienze ed intelligenze. La sola cancelliera Merkel ha cercato di diventare una statista europea e non solo tedesca.
Fatto è che l’Unione Europea ha cessato di esercitare fascino e rappresentare una idea di futuro.
Ma dalla crisi economica e pandemica gravissima può nascere una opportunità.
I prossimi mesi saranno decisivi per il futuro dell’Unione.
Una efficiente campagna vaccinale a livello continentale, un successo del programma Next Generation UE potrà radicare nell’opinione pubblica più ampia condivisone degli obiettivi e le risorse fungere da traino per lo sviluppo di tutti e non solo delle nazioni più ricche e potenti.

Terza parte
Grandi messaggi sull’Europa

PIO XII discorso ai delegati al II Congresso per la costituzione dell’Unione federale europea 11 novembre 1948

Che il ristabilimento di una Unione europea presenti serie difficoltà nessuno lo ignora. Ma è ormai tempo che si faccia.
Bisogna evitare l’abuso della superiorità politica per eliminare la concorrenza Le grandi nazioni devono allinearsi su una politica economica superiore. E lo faranno tanto più volentieri in quanto in quanto non si costringeranno ad una uguaglianza forzata rispetto ai caratteri culturali di ciascuno dei popoli.
Una Europa unita ha bisogno di una base culturale incrollabile: l ‘anima di questa unità è la religione che impegna a fondo tutta la società di fede cristiana.
Una volta allontanata la cultura dalla religione, l’unità si è disgregata.

PAOLO VI Discorso ai partecipanti al Congresso nazionale del Centro “Giovane Europa” 8 settembre 1965

Considerando la situazione generale, dopo i passi compiuti considerevoli ed i felici risultati ottenuti assistiamo ora a un regresso rispetto alla tensione ideale del dopoguerra, ma abbiamo la persuasione che la causa della unificazione europea avrà ragione di tutte le difficoltà. E la conferma ci viene proprio da voi giovani e dall’impegno con cui tanti altri fratelli sono uniti in questo sforzo. La formazione di una coscienza europea deve sorgere come espressione proveniente dai singoli popoli, come frutto di persuasione e di amore, non come risultato tecnico delle forze economiche. Improntata ad un vivo senso di giustizia, di rispetto e specialmente di amore fraterno. Per il raggiungimento di questi scopi troverete un aiuto di incomparabile valore nella dottrina e nell’azione della Chiesa, la cui alta e universale concezione della convivenza umana è stata fattore di unità tra i popoli diversi. Si profila così il dovere proprio di questo momento storico per tutti i figli della Chiesa di favorire con ogni mezzo la causa della pacifica unione dell’Europa. Una Europa finalmente pacificamente unita, alla quale gli altri Continenti possono guardare.

GIOVANNI PAOLO II Discorso al Parlamento Europeo 11 ottobre 1988

Il nostro incontro si colloca in un momento previlegiato con le tappe decisive per l’entrata in vigore dell’” Atto Unico Europeo” il processo di integrazione portato avanti negli ultimi decenni.
Come potrebbe la Chiesa disinteressarsi della costruzione europea, lei che è radicata da secoli nei popoli che la compongono?
Il mercato unico entrerà in vigore nel 1992 ma i popoli europei uniti sosterranno il diritto uguale per tutti di arricchire gli altri delle loro diversità. Il mio voto è che l’Europa dandosi sovranamente libere istituzioni possa un giorno estendersi alle dimensioni che le sono state date dalla geografia e più ancora dalla storia.
Il messaggio della Chiesa riguarda Dio ed il destino ultimo dell’uomo: come possiamo concepire l’Europa privata di questa dimensione trascendente? L’atteggiamento conseguente è l’accettazione delle norme e dei principi che derivano dell’autorità della Parola di Dio.
Un altro atteggiamento è quello che avendo soppresso ogni subordinazione della creatura a Dio si considera l’uomo come principio e fine di tutte le cose.
Mi sembra importante ricordare il principio delle distinzione fra ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio.La vita pubblica, il buon ordine dello Stato riposano sulle virtù dei cittadini che invita a subordinare gli interessi individuali al bene comune. Dall’altra parte l’integralismo religioso senza distinzione tra la sfera della fede e quella della vita civile appare incompatibile con lo spirito dell’Europa.
Concludendo enuncerò tre campi in cui l’Europa di domani dovrebbe riprendere un ruolo di faro nella civilizzazione mondiale: riconciliare l’uomo con la creazione, vegliando sulla preservazione dell’integrità della natura; riconciliare l’uomo coi suoi simili, accettandosi gli uni gli altri quali cittadini europei di diverse tradizioni; riconciliare l’uomo con se stesso lavorando per la ricostruzione di una visione integrale e completa dell’uomo e del mondo, in cui scienza capacità tecnica non escludono ma suscitano la fese in Dio.


FRANCESCO Discorso al Parlamento europeo 23 novembre 2014

La mia visita avviene dopo un quarto di secolo da quella compiuta da Papa Giovanni Paolo II. Molto è cambiato in Europa e in tutto il mondo, un mondo più complesso e fortemente in movimento.I padri fondatori dell ‘Unione europea desideravano un futuro basato sulla capacità di lavorare insieme e la fiducia nell’uomo in quanto dotato di dignità trascendente. La promozione dei diritti umani occupa un ruolo centrale nell’impegno dell’Unione Europea in ordine a favorire la dignità della persona. Ma vi è anche una tendenza alla rivendicazione sempre più ampia dei diritti individuali, al cui concetto non sembra associato quello di dovere. Occorre legare la dimensione individuale a quella del bene comune.
Da più parti si ricava una impressione generale di invecchiamento e di stanchezza, di una Europa nonna e non più fertile. e vivace.
Si constata il prevalere delle questioni tecniche ed e economiche scapito di un orientamento antropologico. E’ un equivoco quando si confondono i fini con i mezzi. Risultato inevitabile la cultura dello scarto e del consumismo esasperato.
Uno dei più celebri affreschi di Raffaello che si trovano in Vaticano raffigura la cosiddetta scuola di Atene.Al suo centro vi sono Platone e Aristotele: il primo con il dito che punta verso l’alto verso il mondo delle idee; il secondo tende la mano in avanti verso la terra, la realtà concreta. Mi sembra una immagine che descrive bene l’Europa fatta dal continuo incontro tra cielo e terra, dove il cielo indica l’apertura al trascendente, a Dio, che ha sempre contraddistinto l’uomo europeo, e la terra rappresenta la sua capacità pratica di affrontare i problemi.
Il motto dell’Unione europea è UNITI NELLA DIVERSITA’ (IN VARIETATE CONCORDIA) perciò l’Europa è una famiglia di popoli i quali potranno sentire vicine le Istituzioni se esse sapranno coniugare l’ideale dell’unità alla diversità propria di ognuno.
Occorre ricordare l’architettura propria dell’Unione Europea basata sui principi di solidarietà e sussidiarietà, che prevalga l’aiuto vicendevole e si possa camminare uniti da reciproca fiducia.
Dare speranza all’Europa non significa solo riconoscere la centralità della persona umana ma investire negli ambiti in cui i suoi talenti portano frutto. Il primo ambito è quello dell’educazione a partire dalla famiglia con le istituzioni educative, scuole e università.
Vi è poi l’impegno a favore dell’ecologia, in cui l’Europa è sempre stata in prima linea. Questa nostra terra ha infatti bisogno di continue cure e attenzioni. Siamo custodi e non padroni della natura.
Ambito importante è quello del lavoro: è tempo di favorire adeguate politiche di occupazione ma soprattutto dare dignità al lavoro.
Infine è necessario affrontare insieme la questione migratoria. Non si può tollerare che il mare Mediterraneo diventi un grande cimitero; occorre garantire l’accoglienza ai migranti, ma anche agire sulle cause e non sugli effetti.
Infine vi esorto ad operare perché l’Europa riscopra la sua anima buona. Un anonimo autore del II secolo scrisse che “i cristiani rappresentano nel mondo ciò che l’anima è nel corpo”. Infatti una storia bimillenaria lega l’Europa al cristianesimo. Questa storia in gran parte è ancora da scrivere. Essa è il nostro presente ed il nostro futuro, la nostra identità, secondo lo spirito dei suoi padri fondatori.

FRANCESCO Discorso al Rethinking Europe 28 ottobre 2017

Il dialogo di questi giorni ha fornito l’opportunità di riflettere in modo ampio sul futuro dell’Europa.
Parlare di contributo cristiano al futuro del continente significa anzitutto interrogarsi sul nostro compito, in queste terre plasmate nel corso dei secoli dalla fede. L’uomo non è più semplicemente un civis, un cittadino dotato di previlegi da consumarsi nell’ozio; non è più un miles, servitore di un potere di turno; soprattutto non è più un servus, merce di scambio priva della libertà. Uno dei valori fondamentali portati dal cristianesimo è il senso della persona, costruita ad immagine di dio; Il primo contributo che i cristiani possono dare all’Europa è di ricordare che essa non è fata da numeri e istituzioni, ma da persone,
L’essere persone ci lega agli altri, ci fa essere comunità, Occorre riscoprire il senso di appartenenza ad una comunità: la comunità è il più grande antidoto all’individualismo che cartterizzano il nostro tempo.
La famiglia, come comunità, costituisce il primo luogo di tale scoperta, coesione armonica delle differenze. Persona e comunità sono dunque le fondamenta dell’Europa. Che si deve presentare come luogo di dialogo, politico etnico e religioso. Ricordo il contributo del dialogo interreligioso nel favorire la conoscenza reciproca tra cristiani e musulmani.
Responsabilità comune dei leader è favorire una Europa che sia una comunità inclusiva, valorizzando le differenze. In questa prospettiva i migranti sono una risorsa più che un peso. Gesù: “ero straniero e mi avete accolto”. Occorre gestire la questione migratoria con la virtù propria del governante. Che deve tener conto sia della necessità da avere un cuore aperto quanto alla possibilità di integrare pienamente coloro che giungono.
Adoperarsi per la comunità inclusiva significa edificare uno spazio di solidarietà. Significa avere premura per i più deboli, per i più poveri, per quanti sono scartati dai sistemi economici, a partire dagli anziani e dai disoccupati con una collaborazione tra le generazioni. Nel consegnare alle nuove generazioni gli ideali che hanno fatto grande l’Europa si può dire iperbolicamente che alla tradizione si è preferito il tradimento Tanti giovani sono smarriti davanti all’’assenza di prospettive, si sentono
sradicati: grave è l’onere di educare. L’educare è un compito comune tra genitori, scuola, istituzioni religiose, società civile.
Per l’Europa che si riscopre comunità è indispensabile il lavoro. Fattore essenziale per la dignità e maturazione della persona. Con opportunità di impiego a condizioni degne, il miglior antidoto agli scompensi provocati da una globalizzazione senz’anima. Spetta ai governi predisporre le condizioni economiche che favoriscano una sana imprenditoria a livelli adeguati di impiego.
Infine l’impegno dei cristiani in Europa deve costituire una promessa di pace. Significa farsi promotori di una cultura della pace: amore per la verità ricerca di giustizia.
La pace esige pure creatività. L’Unione Europea manterrà fede al suo impegno di pace nella misura in cui saprà rinnovarsi per rispondere alle necessità dei propri cittadini.

CARLO MARIA MARTINI Per la festività di sant’Ambrogio 6 dicembre 1991

I vescovi europei sono riuniti in questi giorni in Sinodo per riflettere sui comuni doveri verso l’unità europea che si sta profilando all’orizzonte. Stiamo davvero andando verso una unione europea. Riflettiamo su questi temi in occasione della festività di sant’Ambrogio, patrono della città e per l’ampiezza della sua cultura e della sua storia vero uomo europeo.
Richiamo brevemente i fatti dell’Europa che hanno avviato il processo storico in cui ci troviamo.
Dominante è il crollo repentino del sistema comunista nei paesi dell’est, di una ideologia che riduceva l ‘uomo alla solo dimensione economica negando ogni dimensione trascendente. Questi paesi vivono uno stato di profonda delusione. Sono delusi dal socialismo ma sono anche delusi dalle prime esperienze della democrazia e dell’economia di mercato, delusi dall’insufficiente aiuto dell’occidente. Al contrario le chiese hanno accumulato un capitale positivo di fiducia della gente per la loro resistenza al comunismo, mentre le chiese dell’occidente hanno sperimentato cosa significhi cercare di costruire autentiche società cristiane in una società secolare. Sarà dunque loro compito trasmettere le loro esperienze alle Chiese del centro e dell’est europeo.
La comunità europea dei dodici si appresta a realizzare il Mercato unico europeo: c’è il rischio di comportamenti che mettono in primo piano la soddisfazione dei propri interessi immediati e la difesa dei privilegi di gruppo, in una visione solo economicistica. L’Europa rischia ancora di essere separata in due tronconi quella con economia forte e quella con economia in fase di sviluppo. Soltanto uno sforzo di grande portata farà progredire una tale situazione verso una Europa veramente unita. Anche la chiesa deve dedicarsi ad una “nuova evangelizzazione”: la chiesa del XX e XXI secolo vuole rendersi più idonea a servire l’uomo d’oggi nello spirito del Vangelo, secondo la sua missione di sempre, fondata sul primato della persona ed una concezione alta del destino della vita umana.
Gli avvenimenti accaduti ci dicono che la libertà politico-sociale ed economica è condizione indispensabile per un cammino verso l’unità europea. Nel considerare la storia europea non si può prescindere dalla carica di idealità e di riforma immessa dal marxsismo e dei suoi ulteriori sviluppi nella nostra cultura e nella nostra prassi.
Dalle riflessioni emerge un altro aspetto importante dell’attuale cammino delle Chiese in Europa: la dimensione ecumenica, intesa nel senso più largo. L’amore per le chiese sorelle dell’ortodossia, i fratelli e sorelle delle diverse confessioni evangeliche, il costante affetto verso i nostri fratelli maggiori ebrei e infine l’attenzione per i seguaci di altre religioni, a cominciare dall’Islam, oggi sempre più numerosi in Europa.
Quali doveri di solidarietà mondiale incombono oggi su una Europa che cammina verso l’unità? Occorre una maggior apertura dell’Europa verso gli alti continenti e una maggiore assunzione di responsabilità, a partire dalla capacità di aprirsi all’immigrazione. Una politica più equa sul debito internazionale, il sostegno a programmi e iniziative di sviluppo sociale e culturale. Le Chiesa dell’Europa sono chiamate a fare coscienza critica nei loro paesi.
Perciò il ripensamento delle comuni radici cristiane e la riattivazione dei profondi legami spirituali sono tra i più rilevanti impegni che il momento presente dischiude davanti ai credenti di tutto il continente.